di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 26 gennaio 2018 ore 10:30
Accordo è al NAMM. Il primo giorno è passato in un lampo, più veloce di una delle migliaia di mitragliate di note che oggi ci hanno squassato. Note di basso, di batteria, di synth, di chitarra, violino, marimba, tromba e ogni altro strumento immaginabile. Alcune considerazioni sulla marea di strumenti e novità che oggi ci ha travolto.
La più grande fiera di strumenti musicali al mondo è uno status simbol per musicisti e produttori di strumenti. Esserci significa essere sulla cresta dell'onda, sul pezzo, allineati con l'evoluzione del mercato, capaci di assecodare se non addirittura condizionare e anticipare i trend musicali.
Invece, per gli osservatori esterni, è la possibilità preziosa di vedere il mondo della musica che continua a evolvere, migliorarsi, perfezionarsi, rendersi sempre più tecnologico. Proprio nell'ambito dell'elettronica, della produzione musicale si vedono le cose più raffinate e stupefacenti. Chitarre, bassi e batterie ci sono sempre ma l'impianto su cui si innestano per trasformarsi in musica pare sempre di più quello digitale.
E quello dei dj e dei produttori sembra il filone più vivace, dinamico, ricco di sperimentazione e soprattutto, capace di contaminarsi e farsi sempre più colto ed esigente in fatto di ricerca e cura sonora. Il rock, l'hard rock, il blues sembrano, invece, cristallizzati in una formula che non fa che celebrare quanto è successo e si è sentito nei decenni passati e le novità che interessano gli strumenti votati a questi generi non sono che tributi o riedizioni delle icone a cui si rifanno.
Diverso il discorso per quanto riguarda i filoni più estremi e derivativi del rock: metal e fusion sono confluiti in un progressive modernissimo, fresco, suonato con la perizia tecnica che ha sempre contraddistinto questi generi ma prodotto con il piglio innovativo della musica elettronica e pignolo di quella pop. Il risultato è che gli strumenti nati in questa evoluzione musicale sono bassi e chitarre elegantissimi e molto sofisticati, in cui - per la maggior parte dei casi - quattro e sei corde sembrano non bastare più. Strumenti in cui la ricerca della cura costruttiva, massima resa di definizione e versatilità sonora vanno a braccetto con comodità esecutiva assoluta.
Pochi gli amplificatori. Testate e casse che una volta, nelle fiere musicali, svettavano come gratacieli ora sembrano dinasauri sopravvissuti all'estinzione. Forse gli amplificatori non sono più un bene primario dei chitarristi e sembrano la scelta consapevole ed eslusiva di chi non vuole rinunciare ad una certa tipologia - e filosofia - di suono e utilizzo a scapito di soluzioni più pratiche e snelle. Nel loro diventare feticci, totem del rock, piuttosto che osare in soluzioni particolari, si fanno sembre più monolitici, solidi e concreti. E alcuni tra quelli che abbiamo sentito ruggire restano spaventosamente affascinanti. Di certo, insostituibili.