di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 20 gennaio 2020 ore 07:30
Tempo di esperimenti: quanti suoni iconici si possono ottenere con una sola chitarra, un overdrive e un amplificatore? Lo abbiamo provato sul campo.
Due humbucker fissati nel mogano pieno, una plexi imballata e una 4x12 sono gli ingredienti di ogni suono rock che si rispetti, ma tra Angus Young e il Clapton dei Cream, come tra gli ZZ Top e i Led Zeppelin, c’è un vero oceano di sonorità.
Dallo Schaffer degli ACDC al Bender di Jimmy Page ognuno ha i propri assi nella manica. Ci sarebbe bisogno di una collezione intera di strumenti, effetti e amplificatori e di un fonico di quelli bravi anche solo per avvicinarsi a ognuno dei suoni che hanno fatto la storia della chitarra distorta.
Noi ci siamo voluti lanciare una sfida all’esatto contrario: cercare di ammiccare il più possibile ad alcuni dei classici rock più distanti tra loro affidandoci a una singola strumentazione di riferimento e lavorando solo di “trucchi da studio” per limare gli spigoli.
Il rig adottato è costituito da soli prodotti di fascia media, accessibili per chiunque al fine di creare condizioni pienamente replicabili.
La chitarra è una Gretsch Jet G5220, single-cut della serie Electromatic capace di coniugare il timbro dolce e profondo tipico della tradizione Gretsch con l’aggressività e la compattezza sonora di cui si ha bisogno nel rock più spinto. Ha dalla sua un attacco distinto e sustain da vendere, con una gamma media vocale e un output degno di nota. Su Accordo, la chitarra è già stata protagonista di una recensione approfondita a questo link.
Per una situazione il più malleabile possibile, l’amplificatore fa da base neutra. Si tratta di un Gwynnett Twiggy, un valvolare single ended di estrazione britannica che ci spiana un po’ la strada, ma senza connotare eccessivamente il suono finale.
Le principali regolazioni avvengono sul pavimento, dove poggia un Formula B Super Plexi, un overdrive disegnato per ricostruire le sonorità tipiche del mondo Marshall d’annata.
Nel rispetto della tradizione plexi, è dotato di un gain mordente ma non esagerato. In compenso, la presenza di un booster addizionale con footswitch dedicato e con la possibilità di essere posizionato a monte o a valle della saturazione rende possibile spingersi in territori piuttosto violenti.
Il tutto finisce in un Two Notes Torpedo Captor, carico reattivo efficace e dal costo contenuto ideale per interfacciare l’uscita cassa di un amplificatore direttamente con un computer dal quale richiamare poi cabinet virtuali sfruttando il software incluso Wall Of Sound.
In tutti gli esempi sonori è stato doveroso usare casse 4x12. A cambiare sono i coni, la microfonazione virtuale e le caratteristiche dell’immancabile equalizzazione finale, necessaria nel tentativo di avvicinare il suono della chitarra a quello di un disco finito.
Ditecelo voi se l’esito dell’esperimento può ritenersi positivo, raccontate cosa avreste scelto al posto nostro come banco di prova e condividete i vostri risultati di maniaci del tono!