Jackson SL3X alla mano, una selezione di amplificatori riferimento per la categoria e una buona collezione di Impulse Response per i cabinet, abbiamo esplorato le basi del suono hi-gain.
Il timbro giusto e un riff ben congegnato però possono non bastare per dare vita al muro di suono che trasforma un brano metal in una “sinfonia della distruzione”. In studio, arrivano in soccorso alcuni espedienti giusti per rendere le chitarre ancora più cattive, ingombranti, violente.
Ecco tre spunti classici per dare un tocco originale alle proprie chitarre metal.
Duplicare la traccia
Ottimo nel rock e nel metal, ma adattabile pressoché a qualsiasi contesto musicale, sdoppiare una traccia è un sistema efficace e immediato per accrescere l’impatto e la profondità della parte.
Sulle note di “Annihilator”, della band omonima, abbiamo sperimentato il raddoppio a partire da una singola traccia.
Abbiamo suonato il riff una sola volta. Poi abbiamo duplicato la traccia e abbiamo diviso le due parti sul panorama stereo: una a sinistra, una a destra. Infine, abbiamo applicato due equalizzazioni diverse e per certi versi complementari. In una abbiamo applicato una tipica EQ a V, nell’altra invece abbiamo effettuato una leggera gobba sui medi, a compensare il divario di frequenze.
Il risultato è una doppia chitarra che ingrossa l’intero spettro in un panorama stereofonico, un vero muro di suono che dà il meglio, appunto, quando ascoltato con due casse stereo o in cuffia.
Doppiare la traccia
Ciò che siamo andati a emulare è la presenza di due chitarre. La precisione chirurgica delle due tracce, però, tradisce la natura “virtuale” del raddoppio.
Abbiamo quindi chiamato in causa i Megadeth con “Symphony Of Destruction” e abbiamo suonato il riff due volte.
La prima volta lo abbiamo eseguito con un suono convincente, scavato sui medi, violento. La seconda, con un timbro più incisivo, privilegiando i medio-alti e l’attacco delle note.
Sommando le due tracce, il risultato è una variante di quanto visto nel primo esempio, con una dimensione spaziale maggiore data dalle leggere differenze di intonazione, intenzione e timing tra le due take.
Armonizzare
Non si può pensare all’armonizzazione di più chitarre senza tirare in causa gli Iron Maiden.
Suoniamo Fear Of The Dark: il timbro della band britannica richiede un’impostazione tipicamente solista, con medi non troppo arretrati e con acuti più smussati per non venire fuori eccessivamente frizzanti.
Rispetto all’utilizzo di un harmonizer elettronico, usare due chitarre vere permette di guadagnare la profondità di due take differenti come accaduto nell’esempio precedente.
Sul piano melodico, permette di abbellire i brani con un piccolo virtuosismo d’orchestrazione.
Sul versante pratico, differenzia i ruoli delle due chitarre per evitare ridondanze nell’arrangiamento.
Sul livello sonoro, ingrossa sensibilmente le melodie per farle primeggiare su qualsiasi mix.
Tutto insieme
Quelli affrontati sono solo alcuni esempi delle innumerevoli vie con cui rendere più interessante un mix metal. Anche sommarli tra loro può essere un’idea per esplorare nuove sfumature.
Nell’esempio finale, “Raining Blood” degli Slayer, abbiamo sommato quanto fatto finora dando vita a un passaggio a tre chitarre: due ritmiche e una d’armonizzazione.
Il riff è stato suonato una sola volta, ma sdoppiato sullo spettro stereo e differenziato sui due canali attraverso l’equalizzazione. Abbiamo preferito non suonare realmente le due tracce perché, con così tante chitarre in ballo, il rischio di risultare in una ritmica troppo ingombrante, slabbrata e poco incisiva sarebbe stato eccessivo.
La terza chitarra armonizza la melodia ma, come nella versione originale del brano, doppia all’unisono il palm mute. Così facendo, la percussività è assicurata e tre chitarre colpiscono come un martello sulle note stoppate per poi aprirsi in frequenze e armonie sulle parti melodiche del riff.
|