buonasera, vi racconto la mia storia.
erano i tempi in cui, quando accendevi la televisione, facendo zapping, potevi trovare quel canale, e su quel canale, si, proprio lui, VideoMusic, dove proiettavano video non stop, si poteva gustare anche tanto buon rock, anche quello più duro!
propio così, e tra i tanti video che passavano in quel periodo fine 1990, c’era anche nella playlist quotidiana di quell’epoca, quel bellissimo brano degli AC/DC, primo singolo estratto dall’album The Razors Edge, sto parlando ovviamente di Thunderstruck.
io, folgorato da quel riff, e dalle immagini di quel diavoletto di nome Angus, di cui i suoi movimenti ipnotici mi facevano rimanere incollato davanti allo schermo ed io per imitarlo prendevo in mano una scopa facendo l’Air Guitar scimmiottando le sue mosse,
allorché, mia madre, vedendo quelle scene, pensò, o sta diventando matto, o forse è il caso di regalargli qualcosa, così, da li a breve, per il Natale che ormai era alle porte, decise di comprarmi una chitarra.
sapeva che io volevo una elettrica, ma su un consiglio di un parente che era nel mondo della musica, non a livelli pro, ma comunque faceva serate come pianobar, optò per comprarmi una chitarra acustica, giustamente, perché per l’altra ci voleva pure un amplificatore, e vista la spesa, ma soprattutto visto che non si sapeva se fosse stato solo un fuoco di paglia, pensarono che per iniziare bastò quella.
non si poteva certo dargli torto, ma come potete immaginare per me fu un dramma, non era quello che desideravo, la chitarra acustica, ai tempi, la vedevo come lo strumento da oratorio o da parrocchia, io volevo sentirmi un duro con una chitarra elettrica tra le mani, sentire un suono cupo e distorto che mi colmasse di gioia ad ogni pennata, però ormai la frittata era fatta!
nel frattempo, sempre in quel periodo, un amico amante del rock duro come me, ricevette pure lui come regalo una chitarra, però, lui a differenza mia, si ritrovò con amplificatore e chitarra elettrica!
l’invidia dentro di me fu tanta, ma sapevo dentro di me, che se volevo ambire anche io a quella tipologia di strumento, avrei dovuto rimboccarmi le maniche ed aspettare di fare qualche lavoretto per potermi da solo accaparrarmi l’oggetto dei desideri.
ci volle circa un annetto, e così, nell’ottobre del 1991, con i soldi rimasti dopo le vacanze estive, guadagnati lavorando qualche mese, riuscii a compiere quell’azione che colmò di gioia il mio cuore, per cui, caso volle, che da una Eko folk che mi fu regalata nel dicembre 1990, arrivai alla conquista di un altra Eko, purtroppo, dico Eko, perché i soldi rimasti dal lavoretto estivo, erano 300000lire, nonostante lo sgorbio di chitarra presa, perché diciamocelo, non è che ste chitarre che giravano a quei tempi con quel prezzo fossero strumenti suonabili, però l’entusiasmo era tanto, finalmente andai a casa con la mia prima chitarra elettrica.
mancava l’ampli però, come potevo rimediare visto che il gruzzolo messo da parte era finito?
qui capisci quanto gli amici e la loro bontà sono un valore inestimabile, infatti, un caro amico, non chitarrista, aveva accantonato 2 casse da hi—fi con il suo ampli e un mixer, ovviamente mi prestò il tutto senza problemi, collegato il tutto metto mixer e ampli da hi—fi a palla, raggiungo una distorsione da picco che non c’entra nulla con quella di un ampli da chitarra, ma suonare Smoke On The Water per la prima volta con una chitarra elettrica dentro la tua cuccia, beh, non ha prezzo.
naturalmente, mia madre non era contenta che io in camera avessi tutto quell’armamentario ingombrante, ed iofurbo, visto che sapevo che ormai si avvicinava il 25 dicembre, avevo già pronto l’ampli come lista regalo, naturalmente mia madre, santa donna, non mi chiese cosa volessi per Natale, ma visto che lei era un amante dell’ordine e non sopportando l’idea di vedere tutti quegli accrocchi sparsi per la mia camera un giorno mi chiese:
“ma per suonare una chitarra elettrica c’è bisogno di tutta quella attrezzatura?”
ed io, no mamma, basta un solo arnese che si chiama amplificatore, e lei, “ma quanto costa?”
io le dissi, ma, si parte da 300000 lire, lei mi rispose, “io al massimo te ne dò 200000, poi ti arrangi.
raccimolati le 300000 lire, aiutato anche dai consigli del mio parente musicista, pace all’anima sua perché deceduto nel 2010, mi trova un ampli usato a valvole della Roland, di cui l’ex proprietario era un chitarrista che suonò con lui, oltretutto un professionista con le palle che ha suonato anche in tv da Crozza, mi fidai ovviamente, tanto pensai che per iniziare andava benissimo, e così, finalmente, avevo raggiunto l’obiettivo, ero in possesso di chitarra elettrica e amplificatore, ma non finì li, infatti se da cosa nasce cosa, ecco che l’amico che mi prestò quegli arnesi, decise anche lui di comprare uno strumento, e si prese una tastiera, poi sempre lui, nell’ambiente in cui lavorava, conosceva un collega batterista, si aggiunse l’altro amico che citai all’inizio che aveva chitarra e amplificatore, eravamo in 4 a ballare gli alligalli, ma si sa, nella compagnia del muretto, quando si sparse la voce che avevamo strumenti veri per fare musica non ci volle molto che subito qualcuno con voglia e intonazione discreta si improvvisò come cantante.
così, tra fine 1991 e inizio 1992, iniziò la mia prima esperienza di gruppo, e battezammo Metanolo Band come nome da dare a questi.
nell’aprile 1992 arrivò anche la mia prima chitarra seria, da me nominata come “Fiammetta”, una Gibson SG standard nuova di pacca, mentre per il primo ampli serio, dovetti aspettare l’anno seguente, nel quale acquistai un Marshall JCM900, un combo 100W, ecco, siamo nel 1993, è qui che succede qualcosa che farà si che tutto non sarà più come prima.
infatti, come in ogni bella storia o favola che si rispetti, non può essere tutto rose e fiori, così come il destino o quel che più vi pare a voi volle, a fine 1993 mi diagnosticano una malattia degenerativa alla retina, e da quelle parole uscite dalla bocca di quello specialista, capii subito che non era una cosa da poco, e che da li in poi la mia vista sarebbe solo peggiorata, presi una bella botta, visto considerato che avevo solo 19 anni.
ecco, ora non voglio annoiarvi parlando dell’evoluzione della patologia, o con quante altre band ho suonato, però voglio raccontarvi il ruolo importante e cosa hanno fatto per me la chitarra e la musica.
avevo capito che la chitarra e la musica mi sarebbero state d’aiuto, come le persone care che mi volevano e mi vogliono bene, per cui la fiamma e la passione e la voglia di migliorare ogni giorno che passava era sempre di più, ma non volevo dimostrare di suonare la chitarra come un Dio, volevo far vedere a tanti, che anche se ormai non ci vedevo quasi più, ero comunque in grado di fare qualcosa e di farlo al meglio delle mie capacità.
non mi bastava solo far vedere che anche con una malattia degenerativa alla retina si poteva lavorare in una fabbrica, io vi ho lavorato fino al 2010, volevo dimostrare che non ero diverso da chi ci vedeva, e che potevo continuare a fare qualcosa che facevo anche prima della patologia.
la musica e la chitarra sono stati anche un pretesto per non emarginarmi, soprattutto aver suonato con delle band, tutto questo mi ha aiutato a non rimanere solo, suonare significava stare in mezzo alla gente, frequentare persone, e tutto questo mi faceva stare bene.
nel 2005 accadde un altro evento importante, ricordo che ormai ero stufo della malattia che continuava ad aggravare la mia situazione visiva,
ormai ero al limite anche sul posto di lavoro,
una sera parlando con un vecchio e caro amico bassista, gli spiegai la mia situazione dicendogli che avevo voglia di licenziarmi, smettere di suonare, mollare il gruppo, per poi intraprendere un nuovo percorso che mi permettesse di trovare un lavoro adatto al mio problema, ma quando gli dissi che per fare ciò me ne sarei andato anche dalla città in cui vivevo, lui ci rimase male e l’indomani fece una cosa bellissima che ancora oggi lo ringrazio per quel gesto.
così mi fece una sorpresa, voleva farmi capire che comunque anche con un handicap visivo si potevano intraprendere percorsi per avere nuovi stimoli, e perché no, anche con la musica.
lui così chiamò a mia insaputa un accademia di musica, spiegando loro il mio problema visivo, e se loro potevano dare lezioni anche a un ipovedente,
loro risposero che avevano già avuto allievi con queste problematiche, e che non vi erano problemi, poi io già suonavo da 15 anni, per cui non partivo impreparato.
così, iscritto presso l’accademia di musica di Modena nel 2005, terminai tutti i 3 livelli nel 2009, basando tutti gli studi sul campo uditivo e non visivo.
studiare musica in una scuola con dei veri insegnanti seri, non è stato per me solo istruttivo, ma si dimostrò ancora una volta che stare in mezzo alla gente era di fondamentale importanza per sentirmi bene.
ricordo ancora delle parole che un caro amico chitarrista mi disse anni fa, un giorno tra una birra e una chiacchiera mi guarda e mi dice:
“Sanny, a te la musica ti ha salvato la vita, se non avessi iniziato a suonare la chitarra non so che fine avresti fatto, sono sicuro inoltre, che se non avessi perso la vista, non saresti mai arrivato fino a qui con la chitarra, avresti sicuramente smesso prima”.
io, ho avuto sicuramente le mie crisi, ci mancherebbe, non è che basta suonare e tutto passa, però credo che le parole del mio amico GianLuca non furono poi così sbagliate, in fin dei conti mi sono avvicinato sempre più allo strumento proprio nei momenti più difficili, mi rendo conto che ad un certo punto non era la passione che mi faceva avvicinare a lei, ma la voglia di continuare a combattere e non mollare, e questo modo di reagire, ha fatto si, che negli anni, arrivarono nuove esperienze che in un certo senso mi hanno tenuto vivo e fatto stare bene.
sono passati 30 anni da quel dicembre 1990, e da quella chitarra regalata da mia madre, adesso non ho più una band, non ho più voglia di dimostrare a qualcuno che una menomazione visiva ha provato ad abbattermi ma io sono rimasto in piedi, e non sento più il bisogno di suonare per dimostrare di non essere inferiore ai normodotati, prendo in mano la chitarra quando sento che ho qualcosa dentro, un idea, un arrangiamento, un mio nuovo pezzo, oggi non penso più come 30 anni fa che la chitarra acustica è uno strumento da parrocchia, anzi, oggi suono e compongo di più con la chitarra acustica che non con l’elettrica, oggi ho anche una compagna che mi ha dato un figlio, una casa comprata con i nostri sacrifici, e un lavoro onesto, e le mie chitarre appese al muro che se potessero parlare mi direbbero:
“noi ci siamo state e ci saremo sempre, ma hai un figlio e una compagna meravigliosi, dedica il tuo tempo a loro”.
mi chiamo Stefano, e questa che vi ho raccontato è la mia storia. |