di TidalRace [user #16055] - pubblicato il 11 gennaio 2022 ore 11:00
L'audiocassetta fu una piccola rivoluzione per l'ascolto della musica, soprattutto in portabilità. Ma numerosi supporti meno conosciuti gravitavano intorno alla mitica cassetta da Walkman. Lo racconta un nostro lettore.
Nel 1962 l’ingegnere olandese Lou Ottens sviluppò un sistema di registrazione domestica su nastro magnetico, come riduzione delle grandi bobine audio, che fu brevettato da Philips l’anno successivo con il nome di Compact Cassette. In Italia divenne nota come audiocassetta se vuota, o come musicassetta se venduta già registrata dei relativi brani di un’artista, a volte non necessariamente gli stessi che si trovavano su LP. Queste divennero uno dei principali sistemi di copia di un album su nastro anche per la riproduzione in auto, tanto da andare a incidere anche sulle vendite degli stessi.
La qualità non era la stessa ma la trasportabilità, la compattezza e la robustezza del sistema vennero molto apprezzate, anche per la riproduzione a batterie con un semplice registratore portatile. Inoltre era possibile utilizzare queste cassette anche per registrare un’intervista tramite un apparecchio portatile dotato di un microfono e furono utilizzate anche nelle prime segreterie telefoniche.
Il primo registratore a cassette entrato in casa mia fu lo storico Philips EL-3302 degli anni ‘60 e ‘70. Con questo mio padre registrò le nostri voci, mentre mio fratello cantava le canzoni dell’epoca e io recitavo poesie e monologhi. Aveva a disposizione due connettori multipolari e un’uscita per auricolare mono, due controlli rotativi per il volume e il livello di registrazione e andava solo a batterie. Il tasto rosso permetteva la registrazione e andava premuto mentre si spingeva in avanti il comando centrale che lo accendeva anche per l’ascolto. Lo stesso comando spostato a sinistra o a destra permetteva l’arretramento o l’avanzamento del nastro. L’indicatore a destra dava una visualizzazione dello stato delle batterie e anche del livello di registrazione. Un microfono e un piccolo altoparlante erano già inseriti all’interno. In seguito i prodotti più moderni inserirono tasti singoli per le varie funzioni e possibilità d’alimentazione dalla rete elettrica.
Il primo produttore di nastro magnetico fu BASF, mentre i primi registratori monofonici disponevano di sole due tracce, una per il lato “A” e una per il lato “B”. In seguito apparvero i registratori stereofonici con quattro tracce totali.
In un contenitore plastico di piccole dimensioni, erano racchiuse le due bobine con altezza di 1/8 di pollice, metà di quello delle bobine e velocità pari a 4,76 cm/sec. Da un lato la struttura era aperta per permettere ai rulli di far scorrere il nastro, ben teso, e spostarlo dalla bobina di sinistra a quella di destra dopo essere passato per le due testine, una per la cancellazione e una per la doppia funzione di registrazione e riproduzione. Tale accorgimento ha permesso di ridurre il numero di componenti e lo spazio richiesto, pur rinunciando ad avere l’ottimizzazione di entrambe le funzioni. Al termine dello scorrimento del lato “A”, occorreva espellere la cassetta, girarla dal lato “B” e reinserirla per utilizzarne la seconda metà.
L’audiocassetta ebbe grande utilizzo soprattutto dagli anni ‘70 fino alla fine degli anni ‘90, quando si cominciò a registrare musica sui CD vergini tramite un masterizzatore per computer.
Per lungo tempo quindi vinili a 33 e 45 giri per il solo ascolto e le audiocassette per la registrazione e l’ascolto dominarono il mercato consumer, rafforzato dall’uscita del Sony Walkman nel 1979, un sistema portatile di piccole dimensioni e a batterie per l’ascolto tramite cuffie, da molti poi copiato.
Anche dopo l’uscita dei primi masterizzatori per CD installati sugli home computer, l’audiocassetta continuò a riscuotere grande successo, sia per le migliorate caratteristiche dei nastri, sia per il progresso dei registratori audio. Era ancora l’unico mezzo casalingo per la registrazione in tempo reale che poteva essere riutilizzato più volte, mentre il CD doveva avere tutti i dati caricati su hard-disk e permetteva una sola registrazione. Un piccolo errore e il CD era da buttare.
Dopo l’audiocassetta furono inventati altri sistemi a nastro come lo Stereo-8 del 1964 che aveva un nastro in loop internamente e quindi una riproduzione continua, senza interruzioni e senza capovolgimenti della cassetta. Per qualche tempo fu utilizzato per ascoltare musica in auto e spesso era venduto negli autogrill, poi cadde in disuso. Normalmente le cassette si compravano già registrate di brani musicali ed erano facilmente soggette a inceppamenti e rotture del nastro. Scomparve agli inizi degli anni ‘80.
Negli anni furono introdotti altri di tipi cassetta come la microcassetta della Olympus del 1969 adatta al solo parlato, di dimensioni ridotte rispetto a un’audiocassetta ma dal funzionamento identico. Per un breve periodo comparve la picocassetta, grande la metà di una “micro”.
Dal 1976 al 1980 fu commercializzata la Elcaset, simili per dimensioni a una videocassetta, ma con un meccanismo simile all’audiocassetta, riprendeva il formato della cartuccia RCA degli anni ‘50 e ‘60, era molto costosa e con una qualità non molto superiore alle migliori audiocassette dell’epoca.
Le audiocassette si potevano trovare in vari formati come le C46, C60, C90 e C120 che ne indicava la durata in minuti, metà su un lato e metà sull’altro. Altri formati intermedi erano meno disponibili sul mercato ma presenti.
A partire dalla C90 il nastro era più sottile e quindi più delicato, mentre la C120 spesso non era consigliata. Furono perfezionate anche varie formule di deposito ferromagnetico che furono divise in quattro tipi.
Il primo chiamato IEC-I o Normal era formato da ossido di ferro (Fe2O3), era il più economico ed era limitato nelle alte frequenze. Il secondo tipo, IEC-II o Chrome, era formato da biossido di cromo (CrO2) e fu disponibile dal 1970 al 1975 per poi lasciare spazio alla versione cobalto-ossidi di ferro, più costoso ma un po’ più carente nello spettro delle basse frequenze. Il terzo tipo IEC-III che riuniva i vantaggi dei primi due tipi da ferro-cromo (FeCr) fu prodotto dai primi anni ‘70 ai primi anni ‘80. Il quarto tipo IEC-IV, spesso conosciuto come Metal, era formato da ferro puro (Fe), venduto dal 1979 agli anni ‘90. Era anche il più costoso e performante ma richiedeva apparecchi compatibili.
Anche qui, come per i registratori a bobine era presente il segnale di Bias per ottimizzarne il funzionamento, o fisso per tipo di nastro o tramite auto-regolazione. Furono inserite sul bordo superiore delle audiocassette anche delle tacche per il rilevamento automatico del tipo di nastro ed era possibile impedirne la cancellazione rimuovendo due piccole parti in plastica.
Come per le bobine, i marchi migliori e comunemente venduti si chiamavano Agfa, Basf, Maxell, Philips, Scotch, Sony e TDK.
Furono realizzate cassette anche della durata di appena dieci minuti, o anche meno e a ciclo continuo per riprodurre spot pubblicitari, ma anche nel formato C180 che però dovettero essere ritirate presto dal mercato per la loro scarsa affidabilità.
Il difetto principale dell’audiocassetta era il suo caratteristico rumore bianco di fondo, dovuto alla bassa velocità del sistema ma non solo, che fu in parte risolto ricorrendo ai sistemi di riduzione del rumore come il Dolby-B e il Dolby-C o come il DBX.
Il Dolby-B si basa su un sistema a frequenza variabile: se il segnale contiene frequenze alte di livello elevato il segnale non viene modificato perché il rumore sarebbe coperto dal segnale ma, se lo stesso non presenta frequenze elevate, il sistema taglia il segnale fino al limite dei 1.500 Hz. Il Dolby-C, che ne rappresenta l’evoluzione, si basa invece su un sistema più complesso di filtri passa-basso a frequenza variabile e compressori di dinamica. Si poteva ottenere una riduzione di circa 10 dB passando da circa 50 dB di rapporto segnale/rumore senza Dolby a circa 60 dB. Il DBX funziona in maniera diversa lavorando maggiormente sulla dinamica del segnale. Altri sistemi per la riduzione del rumore sono il Dolby-S e il DNL. Furono sviluppati anche sistemi per aumentare la dinamica come l’HX Pro, il DYNEQ, l’ADRES e l’HIGH COM).
Verso la metà degli anni ‘70 mio padre, grande appassionato in quegli anni di fotografie, riprese video e audio, portò a casa un registratore stereo a cassette in sostituzione di un registratore a bobine che aveva preso poco tempo prima. Era il modello Akai GXC-310D a sviluppo orizzontale che divenne il mio giocattolo preferito, per registrare i nostri strumenti e i dischi dei miei amici. Tra le particolarità della piastra vi era il limiter per i picchi di segnale oltre al solo Dolby-B, il selettore del nastro manuale per i primi tre tipi (le cassette Metal non erano ancora disponibili) e i due ingressi jack per microfoni, il tutto racchiuso in un elegante struttura in legno e alluminio.
Purtroppo ascoltando cassette registrate su altre piastre e anche acquistate originali, ci accorgemmo che il suono non andava bene, essendo chiuso sugli alti, ma scoprimmo una piccola vite vicino alla testina che, ruotata, ci permetteva di ottimizzarne il risultato. Agendo sull’altezza della testina questa vite andava a posizionarsi come la piastra con cui era stata registrata, ma a forza di girarla la vite inevitabilmente si rovinò creando alcuni problemi. Le nostre prime registrazioni del gruppo furono fatte con questa piastra nei primi anni ‘80, anche collegandola a un piccolo mixer che avevo realizzato io, per connettere quattro microfoni ai due canali della stessa con discreti risultati.
Fu utilizzata anche per riprese di concerti di musica classica per solo pianoforte, per parti corali con due microfoni panoramici e per riprese teatrali, oltre che per le prime esibizioni del nostro gruppo. Dopo essere stata restaurata nel sistema di trascinamento del nastro, fu utilizzata anche nelle nostre prime esibizioni in duo per piano-bar dei primi anni ‘90 e per realizzare provini da far ascoltare ai gestori dei locali.