A questo, poi si aggiunge la convinzione radicata che le cose vecchie siano sempre quelle prodotte meglio: con più cura, attenzione, qualità e materiali superiori. Vale per le chitarre, per i vestiti, le macchine, le cose che mangi al ristorante. Non voglio entrare nel merito se sia vero o meno. Quello che è certo, è che se sei nell'età in cui puoi permetterti una chitarra vintage, sei anche nell'età in cui - probabilmente - tutte le cose "di una volta" ti paione le migliori.
Quindi, riassumendo: gli strumenti vintage sono nel rock il tramite diretto con il suono del mito e incarnano l'espressione costruttiva più alta ed ispirata della loro produzione.
La grande domanda, per me, resta però, cosa ci si debba fare con uno strumento vintage per sfruttarlo, capirlo e suonarlo al meglio. Ovviamente, scarto - perchè non conosco e comprendo - le tematiche e ragioni del collezionismo; queste vivono e si alimentano di suggestioni lontanissime da quelle del musicista.
Pensandoci ho elaborato due ragioni che per me giustificano la scelta di uno strumento vintage.
La prima riguarda l'ispirazione, la motivazione. Impugnare un oggetto che ci piace, che abbiamo desiderato e ammirato tra video, palchi e vinili leggendari, ci galvanizza, da sicurezza e ci sprona a suonare con un piglio più fiero ed ispirato.
Vi faccio un esempio: in queste settimane sto preparando una pedaliera che mi porterò in tour quest'estate. Considerati gli spostamenti, la cura per gli ingombri, il peso, i voli, beh, ogni singolo pedale da includere o meno nella pedaliera è un parto decisionale. Eppure il mio vecchio Whammy Pedal Digitech rosso - nonostante sia il più ingombrante, pesante e vetusto - è quello che non ho, nemmeno per un istante, contemplato di lasciare a casa. Magari vi state chiedendo se questa decisione sia frutto di un confronto chirurgico con il Whammy integrato del Kemper, risultato polverizzato da quello originale? No, non li ho nemmeno paragonati. Semplicemente quella macchia rossa nella pedaliera, uguale a quella che vedevo in quelle di Tom Morello, Steve Vai, Vernon Reid mi esalta a tal punto che suono più attizzato. Non credo nessuno si accorgerà che quando strapazzo due ottave in alto qualche bending, ci sia la pasta sonora del Digitech piuttosto che quella del Kemper. Sicuramente, però, in quei bending ci sarà una foga e una passione diversa, animata da un oggetto per me così pieno di fascino e storia.
L'altra ragione che mi piace pensare infiammi chi utilizza strumenti vintage è - quasi paradossalmente - il piacere della sperimentazione, dell'innovazione. Il fatto di calare in un contesto nuovo e contemporaneo (ultra digitale e accurato) strumenti analogici di un'epoca antica. Lasciandosi sorprendere dal mix stupefacente di sonorità inedite che ne possono scaturire. Una maniera per scaldare, rendere più appassionata e umana, un'estetica attuale sonora sempre più precisa e asettica. Una maniera per usare suoni retrò senza sentire per forza la puzza di revival o - peggio - l'odore stantio di un museo decrepito.
Chi, invece, non mi ha mai convinto tra gli utilizzatori del vintage è chi crede che in questo risieda lo spirito innovativo di chi, con quegli strumenti al collo, ha cambiato la storia del rock.
Quella, per me, è evidentemente una contraddizione in termine. Fare un disco che abbia velleità di innovazione come quelle che hanno portato Led Zeppelin, Hendrix, Sex Pistols, Van Halen, Police clonandone la strumentazione mi è sempre parso fallimentare. Tutti questi artisti hanno - sempre - utilizzato lo stato dell'arte di quanto al momento la tecnologia offrisse. Quindi, semmai, è meraviglioso servirsi della loro stessa strumentazione ma a patto che quel suono non sia un fine ma - come facevano loro - un mezzo per andare avanti, guardare avanti ed esplorare qualche cosa di particolare e inatteso.
E voi, cosa pensate?
p.s. Perchè tutti questi articoli sul Vntage? Facile, perchè in redazione non si parla d'altro, visto che il prossimo , un'esposizione come non si è mai vista qui in Italia. Da questo link è possibile .
Oggi, per esempio, mi è passata sotto gli occhi la chitarra che ha ispirato le riflessioni di questo articolo, una Gibson Les Paul "All Gold" del 1952, appartenuta ad un unico proprietario.
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