Nel 2024, la linea di demarcazione tra computer e strumenti per fare musica è sempre più sottile, ma basta andare indietro di dieci anni o poco più per scoprire una scena completamente diversa. Le tecnologie cosiddette “smart” muovevano i primi passi nel settore, gli amplificatori digitali offrivano al massimo una manciata di preset e di certo non si poteva immaginare di ingabbiare la potenza di calcolo sufficiente a emulare un intero rig con flessibilità ed efficacia dentro uno stompbox.
L’attenzione alle potenzialità che si aprivano all’orizzonte però c’era. Era chiaro che il futuro avrebbe visto sempre più “bit” affiancare i “beat”, e i potenti mezzi digitali che si erano affermati nei grossi studi di registrazione avrebbero dovuto sempre più incontrare le fasce di prezzo più basse e le utenze meno esperte. Così qualche esperimento si faceva, in alcuni casi aprendo la strada del futuro, in altri casi trovando dei vicoli ciechi che, a guardarli oggi, fanno anche un po’ di tenerezza.
Quello in foto è l’OPC, ovvero , e fece molto rumore quando il colosso dell’amplificazione britannica annunciò di essere al lavoro sul primo vero computer espressamente pensato per i chitarristi.
Davanti, l’OPC sembra un classico combo. Dietro, invece, ha tutta l’apparenza di un PC.
Parliamo del 2010 al primo annuncio, 2011 per vederlo comparire al NAMM Show di Los Angeles. Lo avevamo visto anche da vicino in quell’occasione, con aspettative altissime. È stata l’ultima volta che ne abbiamo sentito parlare, salvo poi scoprire che nel 2013 ha persino ricevuto un premio in fiera, senza grossi proclami a dire il vero.
È importante sottolineare che si tratta di tecnologie di oltre dieci anni fa. Il digitale per chitarra si limitava a grosse pedalboard con tecnologie di modeling relativamente limitate. La rivoluzione di Helix sarebbe avvenuta solo quattro o cinque anni più tardi. Era comunque un periodo di grande spinta verso il tema e, a sbirciare nei cataloghi della concorrenza, si poteva già notare un certo fermento.
Software come AmpliTube miglioravano con una velocità impressionante e la diffusione di smartphone e tablet permetteva di portare con sé quei suoni con una qualità e una flessibilità impensabile solo pochi anni prima. Lo step successivo sarebbe stato provare a portarli dal taschino al palco, e qualcuno ci ha provato: DigiTech regalava una “casa fisica” agli iPad con su installato AmpliTube presentando la iPB-10, una pedalboard che in realtà era un grosso controller con un alloggio per il tablet al centro, precursore dei moderni processori multieffetto con schermi touch. Ma altro di grosso bolliva in pentola.
Nello stesso periodo, per esempio, il Kemper faceva la sua prima apparizione cambiando per sempre il digitale con l’introduzione della profilazione applicata all’amplificazione per chitarra. Ma si rivolgeva ai professionisti come dispositivo da studio di fascia altissima, mentre la sfida di Orange era creare una workstation digitale versatile e comunque accessibile per chi all’epoca ancora sbatteva la testa per capire come mettere insieme il proprio home studio.
Quindi non ci si aspetti soluzioni compatte e smart. L’OPC piazzava una gigantesca ventola a centro dello chassis, una grata per l’areazione sul lato, una sfilza di porte COM, VGA e minijack più uscita ottica per la scheda audio. Tutto era ottimizzato per una latenza minima, un aspetto oggi dato per scontato da chiunque si muova nel recording, ma all’epoca un vero grattacapo per chi non poteva contare su strumentazione di un certo livello. In aggiunta, l’OPC era dotato di ingressi e uscite di linea jack e incorporava due altoparlanti JBL per l’uso come un convenzionale combo per chitarra.
Il valore aggiunto del sistema stava in un ricco bundle di software all’epoca sulla cresta dell’onda, come il simulatore di batteria EZdrummer, che andava fortissimo tra chi si addentrava nell’home recording.
Tra questi spiccava anche AmpliTube 3, pacchetto all-in-one precedente all’introduzione dello store virtuale in cui provare o acquistare solo i modelli virtuali più interessanti: si può immaginare che emozione fosse aprire un software simile e trovarsi davanti una distesa di amplificatori ed effetti virtuali da programmare con la praticità del proprio monitor (rigorosamente 4:3) e da suonare subito con la qualità di un combo Orange.
Ed emozionante lo era davvero, almeno su carta, perché l’OPC ha fatto perdere le sue tracce poco più tardi, fagocitato e superato da una tecnologia che, evidentemente, ha imboccato una strada assai diversa. |