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La Epiphone Coronet diventa americana
La Epiphone Coronet diventa americana
di [user #116] - pubblicato il

Uno dei design Epiphone più rappresentativi torna dagli anni ’50 con una produzione USA e la stessa cura riservata ai modelli a marchio Gibson.
Per i chitarristi più giovani, il nome Epiphone rappresenta una “costola” del colosso Gibson, una divisione rivolta a studenti e musicisti esordienti che optano per un’alternativa più accessibile rispetto ai classici americani. Il marchio ha in realtà una lunga tradizione e affonda le proprie radici all’interno dei confini degli Stati Uniti D’America.

Dagli antichi fasti nel territorio americano, la produzione Epiphone è stata per lungo tempo relegata in oriente dopo l’acquisizione da parte di Gibson, ma ora sembra che il brand voglia riappropriarsi della propria storia, che è passata tra le mani di grandi del calibro di Jimi Hendrix e Steve Marriott.
Proprio la Coronet è divenuta celebre al loro collo ed è tutt’ora uno dei modelli più rappresentativi per la firma Epiphone.
La produzione USA è garanzia di qualità per il gruppo e da qualche tempo ha cominciato ad accogliere tra le proprie fila anche alcuni degli strumenti più amati del catalogo Epiphone. È toccato prima all’acustica Texan, poi alla archtop thinline Casino, e ora è il turno delle solid body, con la Coronet.

La Epiphone Coronet diventa americana

Introdotta per la prima volta nel 1958, la Coronet condivide coi classici Gibson alcuni dei tratti costruttivi più identificativi. Cassa e manico in mogano - incollati - con una tastiera in palissandro indiano sono una ricetta classica per l’azienda, che sulla Coronet disegnano uno shape a doppia spalla mancante e top piatto. Si tratta di un layout pensato per la suonabilità, il comfort sulle sessioni più impegnative grazie a una cassa leggera e con tutto il fascino di uno strumento “dritto al punto”, che fa del P90 e del ponte wrap-around i suoi elementi più distintivi.

Nel suo ritorno per il 2024, il modello ricalca le proprie origini, con una paletta ispirata alle edizioni prodotte sul finire degli anni ’50, con tanto di caratteristico badge “Bikini” con logo dorato in cima.

L’approccio è classico, e 22 fret escono praticamente tutti fuori dal corpo per raggiungere facilmente i registri più acuti, muovendosi con disinvoltura lungo la classica scala da 24,75 pollici per un raggio da 12 pollici.
Tra gli aggiornamenti tecnici, un capotasto leggermente più largo promette una suonabilità moderna, in abbinamento a un manico SlimTaper più sottile e scorrevole. Anche la cassa risulta leggermente più sottile per un maggior bilanciamento e un peso contenuto.
Accorgimenti invisibili all’occhio comprendono anche un capotasto GraphTech, che la Coronet abbina a un ponte Wraparound e meccaniche Vintage Deluxe con palettine bianche.

La Epiphone Coronet diventa americana

Sul top, un solo pickup P90 in stile soapbar dà voce allo strumento, una macchina da blues e rock che rimarca il proprio approccio “roots” con un battipenna bianco a singolo strato.
Semplice, ma non per questo poco curata, la Coronet USA si affida a un volume e un tono cablati a mano con condensatore Orange Drop per ricercare tutte le sfumature del caso sotto le dita e a portata di mignolo.

Sul sito Epiphone, la Coronet USA è a questo link, nelle due finiture Vintage Cherry ed Ebony.
chitarre elettriche coronet epiphone ultime dal mercato
Link utili
Texan made in USA
Casino made in USA
Coronet USA sul sito Epiphone
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di RedRaven [user #20706]
commento del 24/05/2024 ore 18:53:5
L'unica cosa che fa strano è che la coronet con quel pickup aveva un battipenna diverso, simmetrico. O con quel battipenna aveva un diverso pickup, il "new york".
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di zabu [user #2321]
commento del 25/05/2024 ore 07:13:44
Mi sa lo hanno fatto per distinguere il modello USA da quello asiatico attualmente in produzione. Peccato che effettivamente il "pastiche" che hanno creato mettendo il p90 con quel battipenna non sia un gran che. Esteticamente è meglio l'asiatica. Direi un'occasione perduta.
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di Pattagorru [user #56686]
commento del 24/05/2024 ore 21:18:20
BRUTTA! ... come una raccomandata dell'Agenzia Delle Entrate :)
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di 77casual [user #25849]
commento del 25/05/2024 ore 09:39:0
Uahauahuahuahuahuahuah
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di umanile [user #42324]
commento del 25/05/2024 ore 08:51:41
O.T. Comunque è incredibile che un sito che si occupa di strumenti musicali e, in generale, di musica, non abbia speso due parole per la morte di Steve Albini.
Capisco che non si possa rinunciare a Malmsteen che ci spiega per l'ennesima volta come è arrivato ad usare i tasti scavati o all'attualità di BB King che regala una chitarra al papa...Però insomma...
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di claude77 [user #35724]
commento del 25/05/2024 ore 10:07:37
In effetti è passata in sordina questa notizia. Albini è stato il guru dell’Indi, dell’underground e di tutto un movimento musicale che non è mainstream per scelta e forse per questo anche un sito come questo non ha trovato il modo di porre l’accento sulla sua scomparsa.
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di umanile [user #42324]
commento del 25/05/2024 ore 10:42:27
Sì, oddio ha registrato dischi che hanno venduto milioni di copie (e ha pure lavorato con Page And Plant), capisco che non si interessasse di sweep picking e dei turnisti di Eros Ramazzotti, ma Premier Guitar, per dire ha dedicato ampio spazio alla scomparsa di uno dei grandi pilastri della musica contemporanea...
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di GigioBigio [user #60117]
commento del 26/05/2024 ore 16:30:18
Anche perché è stato non solo il più importante ingegnere del suono di quella generazione (alternative, noise, grunge) ma anche uno dei più importanti chitarristi, dopo J Mascis, Thurston Moore, Bob Mould e pochi altri.
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di umanile [user #42324]
commento del 26/05/2024 ore 16:49:19
Sono d'accordo. Ma il mio pensiero è che proprio qua sopra permane una mentalità che o sei il mostro sacro anni '60/'70 intoccabile o sei lo shredder dagli anni '80 in poi, oppure non sei un "vero" musicista. Quando invece, per me, la grande eredità del rock classico passa molto di più per l'underground che attraverso Malmsteen.
In altre testate di settore internazionali questa barriera è stata abbattuta da secoli, qua invece c'è una mentalità da Guitar Club dell'88...
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di GigioBigio [user #60117]
commento del 26/05/2024 ore 17:10:01
Credo che sia un'ignoranza musicale che ha radici molto lontane. In qualsiasi paese europeo Nevermind dei Nirvana arrivò in top 3 per vendite settimanali come pick massima (1° in Francia, Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Svezia, 2° Svizzera, Spagna, Austria, 3° Germania), in Italia arrivò al massimo in 10ma posizione. Pochissimi chitarristi della scena alternativa italiana possono essere considerati dei professionisti con guadagni equi alla propria importanza storica (Agnelli, Zamboni, Iriondo, Canali, D'Erasmo, Fiumani, Godano, Tesio, Ferrari, Tilotta, Toffolo, Bianconi). Per il resto chiunque faccia musica alternativa, noise, grunge, post-punk, shoegaze, etc., viene considerato in italia un non musicista e trattato come un non professionista (anche quando professionista lo è davvero, magari con un gruppo che in Italia nessuno conosce ma con parecchi tour all'estero, e qui gli esempi sono tanti).
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di umanile [user #42324]
commento del 26/05/2024 ore 17:15:13
Lo so bene, io con il mio vecchio gruppo ho fatto due tour americani, innumerevoli tour UK e 4 tour europei, pubblicando su un'etichetta di genere importante per l'epoca, eppure non ho mai campato di musica...
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di claude77 [user #35724]
commento del 25/05/2024 ore 10:52:49
Totalmente d’accordo. Per me Albini significa Shellac e tutto il mondo indi. Ha fatto collaborazioni importanti e sicuramente andava citato perché, come hai detto te, negli ultimi 30 anni è stato un elemento chiava della scena musicale contemporanea.
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di Farloppo [user #27319]
commento del 01/06/2024 ore 11:41:09
A me le chitarre di questa famiglia sono sempre piaciute (ma sono un fan delle offset e tutto ciò che non sia la triade alla vaniglia strato, tele, les paul). La mia preferita rimane la wilshire che però ha il body leggermente asimmetrico. Queste meh, a livello estetico avrei preferito un body arrotondato, così sembra un po' un tagliere
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