Ieri sera, sul tardi, stufo di trasmissioni sulla lega e Bossi e il trota, ho guardato un pezzo delle Jene su Italia1: c’era una mia corregionale di vicino Novara che raccontava la sua personale storia. In pratica la ragazza (bella ragazza) aveva lasciato il paesello per cercare fortuna a Milano, in particolare il suo sogno era quello di entrare nel mondo dello spettacolo, sogno che tardava ad avverarsi in quanto, a suo dire, tutti quelli che lei incontrava del “giro” le chiedevano sempre prestazioni sessuali in cambio di un’audizione. Credo che sia tutto vero: o me la dai o non farai mai nemmeno un’apparizione in TV.
Però qualcosa non mi tornava di tutta questa storia, mi sembrava che l’informazione fornita dal servizio fosse in qualche modo monca, c’era una mancanza ma non capivo dove e cosa.
Poi ho realizzato: nessuno, né l’intervistatore, né i commentatori durante tutto il servizio, hanno pensato di chiedere alla giovane che cosa ella stesse facendo per entrare nel mondo dello spettacolo oltre al solo frequentare i locali alla moda della movida milanese e li rimorchiare quelli che, potenzialmente potevano essere utili alla causa. Nessuno s’è preoccupato di chiederle se sapesse cantare, ballare, recitare, suonare, quali scuole avesse eventualmente frequentato per imparare queste arti. Niente, di tutto questo niente, non se n’è parlato come se saper fare qualcosa bene, non avesse alcuna importanza.
In realtà la giovane si limitava a frequentare i giri giusti, i locali giusti, la gente giusta, ma di cosa ella sapesse realmente fare niente, non una sola parola. Mi sembra che questo servizio intenzionalmente di denuncia di un malcostume diffuso, fosse involontariamente di denuncia di un altro tipo di malcostume altrettanto diffuso: Io non so fare un cazzo, sono solo bella, e per questo voglio andare in TV.