Nel gran parlare che si sta facendo in questi giorni dei suicidi, suicidi di comuni lavoratori, imprenditori, pensionati, disoccupati, credo che si faccia poco riferimento alle motivazioni meno appariscenti, ma a mio giudizio le vere responsabili, quelle che ti portano a tale disperato gesto. Pensare che uno si spari in testa per puro spirito di emulazione è inaccettabile, c’è di più, molto di più: c’è la solitudine.
Anche se sei circondato dalla famiglia: moglie, figli, parenti, amici, oggi, se perdi il lavoro, se sei un esodato, se sei in debito con lo stato sei solo, e non c’è sportello amico, telefono amico, non c’è nessuno che ti possa aiutare. E’ questa la vera solitudine. Uno non si ammazza perché vuole emulare, ma stiamo scherzando! Arrivare a decidere di farla finita è una decisione che nasce da un ragionamento logico, chiaro e preciso, nasce dalla reale consapevolezza di essere solo davanti ad un problema che non ha soluzione, e che non avendo soluzione porterà alla rovina di te stesso e di conseguenza dell’intera tua famiglia.
Mettiamoci nei panni di una persona perbene, che sia un lavoratore dipendente un imprenditore o un pensionato non importa, una persona che ha lavorato onestamente e col massimo impegno per una vita, tutto questo con la assoluta certezza di poter contare su dei diritti fondamentali ed imprescindibili che fino a ieri sono stati concessi a tutti, ma oggi invece a lui no, sono negati… lui ha avuto la sfortuna di vivere la sua vita in un momento sbagliato. L’imprenditore che col massimo impegno ed onestà ha creato un’azienda e si vede crollare il suo sogno perché non può pagare le tasse o i debiti coi fornitori perché lo stato a sua volta non gli paga i suoi debiti. Non pensate che ci sia realmente da impazzire? Tragiche situazioni che non sono dovute a grossolane mancanze di queste persone, ma sono esclusivamente da imputare allo stato, uno stato che non si interessa di null’altro che non sia: “Fare cassa” sopratutto non pagando i propri debiti verso i suoi creditori, e mascherando questo come una normale e legittima manovra economica, mentre il cittadino se fa lo stesso viene bollato come evasore. Fantastico!!! O come il ministro del welfare che liquida il problema degli esodati come: un errore di cui si prende la completa responsabilità per le eventuali conseguenze impopolari. Strepitoso!!!
Ma purtroppo è da qui, da queste situazioni, da queste parole nasce la disperazione che a sua volta è figlia della solitudine, perché come fai a combattere contro lo stato? Come fai a combattere se questo stato è fatto di numeri verdi che non rispondono, di sportelli per il cittadino che sono sempre chiusi e se sono aperti e riesci ad arrivarci non ti danno risposte, se i siti dedicati sono inutili maschere, e peggio se ti rivolgi ai sindacati, patronati, associazioni questi non possono che confermare che non si può far nulla, che è così e basta. Equitalia fa il suo dovere, su questo non si discute, ma provate ad andare a uno sportello di Equitalia per protestare, magari per un loro errore, per una tassa esageratamente sproporzionata, la risposta sarà sempre una: “Prima devi pagare, anche se è un errore, e poi puoi fare ricorso…” Lo stato è in questi casi un’entità lontanissima da raggiungere, anzi irraggiungibile, una galassia nello spazio infinito, mentre lui invece, ti trova sempre. E’ un muro di gomma contro cui il cittadino si trova totalmente indifeso, e da qui nasce la tremenda sensazione di solitudine e totale impotenza, sei un agnello da sacrificare sull’altare della patria, una cosa che fino a ieri serviva, oggi invece sei diventato inutile, un peso, un fastidio per lo stato. Perdere il lavoro per chi ha più di cinquant’anni, perdere l'azienda, essere fuori dal lavoro e senza pensione è una condanna senza appello, sei fuori e ti senti fuori da tutto anzi, ti accorgi realmente che come un ramo secco sei da tagliare, te lo fanno capire, te lo dicono in faccia, ogni giorno che passa è un'ulteriore conferma: sei da tagliare. Così lo fai da te, per conservare un minimo di dignità…
Aldo
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