L’attesa per il primo documentario diretto da Dave Grohl è cresciuta a dismisura col rincorrersi degli aggiornamenti sul progetto e sul numero e il blasone dei partecipanti. Alla fine del 2011 voci di corridoio parlavano di un lungometraggio sulla storia dello studio di registrazione di Van Nuys a Los Angeles, ma l’annuncio ufficiale è arrivato solo nel maggio successivo, promettendo qualcosa di molto più ricco.
Sound City, dopo una gloriosa storia cominciata nel lontano 1969 e con un curriculum che vanta più di 100 tra dischi d’oro e di platino, ha chiuso i battenti nel maggio del 2011. Il cuore pulsante dello studio, ultimo baluardo dell’analogico, era la leggendaria consolle Neve 8028, costruita appositamente da Rupert Neve nel 1972. Intorno a quella consolle, in più di quarant’anni, si sono riunite le menti creative di grandiosi artisti e produttori per la realizzazione di dischi leggendari, tra cui Nevermind dei Nirvana. Al momento dello smantellamento di Sound City, l’ex batterista dei Nirvana e ora frontman dei Foo Fighters ha deciso di acquistare il banco che ha cambiato per sempre la sua vita e di continuare a farlo vivere nel suo studio privato, lo Studio 606. Avere sottomano il Neve gli ha fatto realizzare che Sound City era il più leggendario studio di registrazione tristemente mai celebrato e da lì è nato il suo progetto.
Una cosa risulta chiara fin dall’inizio del film: Sound City è stato un luogo magico suo malgrado. Si trovava nella piatta Valley ed era un complesso assai poco elegante. Se l’esterno sembrava poco attraente per chi lo vedeva per la prima volta, l’interno dell’edificio era a dir poco scioccante: sporco, trasandato e mai risistemato, eppure, dopo una sessione, ogni nuovo artista lo sentiva misteriosamente casa propria. Negli anni ’60 al suo interno si costruivano amplificatori Vox e la struttura delle sale è rimasta esattamente com’era: nessuno le ha progettate e, teoricamente, come ricorda Jim Keltner, la Sala A avrebbe dovuto essere acusticamente pessima per la registrazione delle batteria, cosa per cui, invece, è passata alla storia. Inizialmente privo di strumentazione in grado di attirare grandi budget, pareva che lo studio dovesse chiudere dopo un paio di anni e invece così non fu: con l’arrivo del mixer Neve (pagato l’esorbitante cifra di 76mila dollari), un numero crescente di geniali artisti cominciarono a gravitare nell’orbita di Sound City, e una gestione improntata più sull’approccio umano che su quello del mero business lo ha contraddistinto per più di quattro decenni. Insomma, tutto quello che è successo là dentro sembra rispondere alla logica “massimo sforzo per massimi risultati”: per fare rock si deve sudare.
“Non era una passeggiata registrare a Sound City. Sound City era un posto dove uomini veri andavano a fare dischi”. (Shivaun O’Brien, studio manager)
Snodandosi attraverso interviste a proprietari, manager e staff della struttura, oltre che ai musicisti che hanno concretizzato i propri sogni in quelle stanze, il documentario restituisce quarant’anni di attività al servizio del rock in tutta la loro grandiosità, proponendo una carrellata di video e foto d’epoca realizzati durante le sessioni, con aneddoti e confessioni talvolta dolorose. Insieme alla vicenda dello studio, scopriamo, così, i retroscena dell’entrata nei Fleetwood Mac di Stevie Nicks e Lindsey Buckingham (che inaugurarono la consolle), delle difficoltà della prima jam in studio degli Heartbreakers, del doloroso distacco di Rick Springfield e molto altro.Fedelissimo all’analogico “per una questione culturale”, come afferma Shivaun O’Brien, manager negli ultimi vent’anni, lo studio ha affrontato con determinazione l’avanzare della tecnologia negli anni ‘80, epoca in cui molti altri studi salirono sul carro del digitale. Chi continuava a rivolgersi a Sound City sapeva bene cosa lo aspettava. “ Senza fronzoli, senza effetti, senza scappatoie. Tutto che esce fuori da un ampli, da una cassa o direttamente da un microfono… Quell’approccio era Sound City!” (Jim Scott - produttore, recording engineer) Con l’inizio degli anni ’90 la situazione dello studio era ormai critica, ma venne scelto dai Nirvana per la registrazione di Nevermind, il cui successo esorbitante aprì una nuova era, portando a Van Nuys numerosi artisti tra cui Rage Against The Machine, Tool, Red Hot Chili Peppers, Queens of the Stone Age e molti altri, ma l’avanzata del Protools aveva ormai reso impossibile la vita a uno studio che registrava esclusivamente su nastro. Sound City si è arreso due anni fa, ma senza mai cambiare fede. " Come si fa a far sì che non vada perso l’elemento umano nella musica? Che la musica continui ad essere il suono della gente?" (Dave Grohl) Il fatto che lo studio non sia riuscito a sopravvivere al cambiamento e alle nuove logiche di produzione e di mercato non può farci parlare di happy ending per questa vicenda, ma, come abbiamo anticipato, il progetto di Grohl si spinge oltre al documentario storico-celebrativo. L’entusiasmo nel raccogliere le testimonianze degli artisti lo ha spinto a realizzare un disco registrato allo Studio 606, al quale hanno preso parte moltissimi degli artisti che hanno fatto la storia di Sound City, con l’aggiunta di Paul Mc Cartney, responsabile di aver originariamente spinto Grohl verso la musica. Quello dei Sound City Players non è un disco di materiali editi, ma nuovi brani realizzati alla “vecchia maniera”, naturalmente con l’ausilio del Neve. È, questa, la mentalità delle 24 tracce: col Protools puoi tornare indietro, aggiungere, modificare, non sei obbligato a fare scelte creative definitive, ma col nastro è tutto un altro mondo. Solo i duri arrivano in fondo a un disco degno di essere chiamato in quel modo. “Sound City” è il racconto appassionato di un musicista grato del suo successo. Oltre a narrare una storia affascinante che ogni amante del rock dovrebbe conoscere, ha il merito di spingere alla (ri)scoperta di intere discografie realizzate con mezzi molto meno tecnologici di quelli odierni ma di qualità infinitamente superiore alla maggior parte delle produzioni recenti. In attesa dell’uscita dell’album, prevista per il 12 marzo prossimo, è possibile acquistare il film (anche con sottotitoli in italiano) a questo indirizzo. Non ve ne pentirete. |