di PeterArmstrong [user #33597] - pubblicato il 09 maggio 2013 ore 10:00
Era il 1955 quando Marty McFly suonava Johnny B. Goode al ballo della scuola dei propri genitori, imbracciando quella straordinaria ES-335 con ponte bigsby vibrato e colorazione cherry red. Era il 1955 e Chuck Berry ascoltava al telefono quel esasperato “blues con riff in Si”, trovando finalmente il “nuovo sound” che stava cercando.
Era il 1955 quando Marty McFly suonava Johnny B. Goode al ballo della scuola dei propri genitori, imbracciando quella straordinaria ES-335 con ponte bigsby vibrato e colorazione cherry red. Era il 1955 e Chuck Berry ascoltava al telefono quel esasperato “blues con riff in Si”, trovando finalmente il “nuovo sound” che stava cercando.
Leggenda, fantasia, finzione, ma dopotutto era vero che Chuck stesse cercando qualcosa di nuovo, e ancor più vero è il fatto che l'abbia trovato. Lui come altri. Erano gli anni cinquanta e si suonava rockabilly: puro rock'n'roll. Gli scandali “rock” di Jerry Lee Lewis e di Chuck Berry, il piano, Bill Haley, Charles Hardin Holley (meglio noto sotto il nome di Buddy Holly), Elvis e la nascita di quello che non era più solamente un fenomeno musicale, ma un qualcosa che aveva già oltrepassato i confini, divenendo un'icona della cultura pop.
Nel 1962, la mattina del primo Gennaio, quattro ragazzi si presentavano come da appuntamento alle porte degli studi di Decca, a Londra, dopo un viaggio di dieci ore in un furgone. Mike Smith, l'uomo che li ascoltò suonare, divenne in breve tempo “l'uomo che rifiutò i Beatles”, che pochi anni dopo assaporavano già il piacere del loro successo internazionale. Era scoppiata la “british invasion”, la conquista del mercato statunitense. La stampa di magliette, loghi, la produzione e la vendita di dischi in larga scala. Concerti, magliette, gadget, festival e trasmissioni radiofoniche. Un esplosione di musica e di bussines, di Beatles e di Rolling Stones. Un po' come ora - volendo - solo che allora c'era l'anima nella musica, la passione, la grinta dello show, del rompere gli schemi, la protesta urlata e cantata!
La nascita di così tanti gruppi che portavano con se il marchio dei sentimenti di ribellione dell'America di quegli anni. Quando gli inglesi invadevano gli Stati uniti e gli Stati Uniti invadevano il Vietnam. Tutto sembrava così straordinariamente nuovo e moderno. Hendrix si preparava a trasformarsi in quello che è ora considerato uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi e il mondo dei giovani esibiva la sua protesta condividendo passione, gioia, idee, problemi e soluzioni, sventolando come bandiera universale la musica.
In un certo senso, pensandoci, la musica è lo specchio vivo, reale e diretto di una società. È la massima espressione, così come ogni forma d'arte, che sia pittura, cinema o una bella poesia, del pensiero dell'uomo. Di un uomo e di tutti quelli che come lui la pensano in quel modo. La musica è da sempre stata mezzo di condivisione di idee e di sentimenti. La novità, la genialità di un qualcosa espresso musicalmente che dentro di sé porta sentimento e anima. Questa è stata la verità della musica. Non è questione di chi era più bravo o meno bravo, di “oddio, prima era meglio” ecc... Il fatto è che chiunque abbia voluto fare musica negli anni passati ha sempre trovato un dannatissimo modo di comporla e donarle un cuore, un espressione!
Da Son House ai The Clash, passando per Joan Baez e Kurt Cobain. L'espressione di uno stile di vita, di una moda o di una filosofia, di un modo di essere e di comportarsi direttamente derivato e connesso al nostro essere appartenenti a questa società. Se la musica davvero è l'espressione dell'idea di ognuno di noi, allora dov'è adesso? Sinceramente mi rifiuto di credere che l'uomo ora non abbia più idee o la forza di reagire, tanto musicalmente quanto socialmente. Al diavolo tutta questa commercialità, economia, business e questo rendere sterile qualsiasi cosa.
Se una volta si faceva musica con i mezzi che si avevano, tirando fuori i migliori capolavori, ora che la possibilità di avere mezzi, strumenti e opportunità ce l'hanno praticamente tutti, dov'è tutta questa genialità? Dove risiede tutta questa “anima”? Per quanto ci sia buona musica e qualche sporadico album davvero ben fatto, è un po' di tempo - credo - che manca un cosiddetto capolavoro. Ci stiamo davvero affidando a fenomeni quali Lady Gaga, Justin Bieber, One Direction? Senza nulla togliere alla loro produzione artistica ovviamente...
La musica è stata ed è tuttora parte della nostra cultura, e conoscere la nostra cultura è un passo fondamentale per ognuno di noi. Cosa aspettano allora i grandi artisti del momento a fare un passo in più e a risollevare con forza e innovazione il livello di musica e di cultura che lasceremo al futuro? Cosa aspettiamo noi a dire “basta non ne possiamo più!” e a stufarci davvero di questa enorme “arte scaduta”? Cosa aspettiamo a far capire a quegli artisti che è tempo di finirla con le solite trovate commerciali? Forse, sarebbe di nuovo ora di andare a ricercare la qualità. La qualità della musica, non quella del prodotto finito, inteso come Cd, come numero di vendite. La qualità vera e propria.