Ringo, che è stato anche conduttore e moderatore della serata, ha introdotto il punk dalle origini, parlando del proto-punk di Iggy Pop, MC5, New York Dolls, artisti che hanno vestito con un suono nuovo, sporco e cattivo l'energia del rock. Massimo Cotto ha evidenziato come il punk abbia azzerato le distanze tra artisti e pubblico: il punk è una musica istintiva e grezza che offre a chiunque l’inebriante sensazione di poter imbracciare una chitarra, sedersi dietro una batteria e formare una band.
Da sinistra: Ringo, Massimo Cotto, Marky Ramone, Andrea Rock e Gianni Rojatti.
Su questo ha insistito anche Andrea Rock, enfatizzando l’immediatezza di comunicazione che la musica punk ha offerto a una generazione di musicisti. La possibilità di parlare in maniera diretta, veloce senza filtri e compromessi. Io ho spiegato, chitarra alla mano, le caratteristiche del chitarrismo snello e muscolare del punk. Mostrando come una manciata di accordi sia bastata a scrivere tante hit di Clash, Ramones e Sex Pistols.
Marky Ramones ha partecipato con interesse e fervore alla conferenza. Assolutamente emozionante l’aneddoto di come i Ramones abbiamo spronato Joe Strummer a formare i Clash quando lui ancora non si sentiva capace di suonare: “E che credi? Nemmeno noi siamo capaci. Ma fallo: suona!” Sintesi perfetta dell’urgenza musicale del punk. Marky ha anche puntualizzato come Johnny Ramone sia stato il vero guitar hero del punk e, imbracciata la mia chitarra, si è lanciato in una divertente improvvisazione, parodia di assolo rock.
Marky Ramone imbraccia una RG.
La serata è proseguita con l’esibizione dei Dolcetti, coi quali abbiamo proposto una rilettura strumentale tra elettronica, metal e sette corde di tanti classici del punk, arrangiati in un’unica tortuosa medley.
Quindi l’esplosiva esibizione di Marky Ramone che accompagnato dagli Andead, ho sparato come una mitragliatrice, ventisei schegge impazzite dal repertorio dei Ramones. Un’orgia di ottavi distorti e velocità metronomiche impossibili. Una delizia da tachicardia. Bravissimi gli Andead, perfettamente calati nella parte e trainati da un Andrea Rock che sembrava uscito dalla copertina di London Calling.
Marky Ramone e Andead in pieno live.
Qualche ora di sonno e ci si ritrova stipati sotto al palco dei Green Day in piazza Unità d’Italia a Trieste. Affascintante il contrasto tra palazzi antichi ed eleganti che fanno da cornice a un’esibizione di Gibson distorte, capelli ossigenati e inni punk. I Green Day confezionano uno show eccellente. Prediligono la parte più recente del loro repertorio ma omaggiano le loro origini proponendo classici come "Baket Case", "She", "King For A Day" e addirittura "000 Light Years Away", dal debutto Kerplunk!. I tre Green Day sul palco sono addirittura sei: una chitarra preziosissima di supporto, incollata alle ritmiche - tra la grancassa di Tré Cool e il basso di Mike Dirnt - offre corposità e continuità di suono al gruppo, lasciando Billie Joe Armstrong libero di cantare e staccare le mani dalla sua Gibson per gigioneggiare con il pubblico.
Il pubblico dei Green Day
Si aggiungono un corista con una terza chitarra al collo - più utilizzata per parti d’atmofera sulle ballad che sulle sezioni più cattive - e un tastierista tutto fare. La band suona con una potenza e pulizia chirurgica. E’ punk nella struttura e scrittura dei brani, nei suoni cattivi, potenti e diretti. Ma il suonato è ineccepibile. I Gren Day sono un muro di suono perfetto e inespugnabile. Il suono di basso di Dirnt probabilmente è stato equalizzato da Dio in persona. Billie Joe suona la chitarra in maniera irresistibile: con l'arroganza di un bullo del liceo che non solo picchia le matricole ma ruba anche il cuore alle loro compagne di classe. Gli stacchi e i transienti sono precisi e colpiscono come pugni. Armstrong folleggia, fa tremare i vetri dei palazzi di Trieste con un bestemmione irripetibile, si lancia in improbabili e deliziosi assolo di chitarra dietro la testa e si agita sul palco come un furetto sotto anfetamina, dall’inizio alla fine dello show. Ma non sbaglia una nota. Un performance rock incredibile. Di sicuro il punk non ha ancora imparato le buone maniere. Ma a suonare bene, benissimo, di sicuro sì.