Matt Schofield: esercitarsi sulle scale è uno schifo
di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 15 gennaio 2014 ore 14:00
Abbiamo chiesto a Matt Schofield,chitarrista blues del momento, quale sia il suo rapporto con lo studio e l'esercizio. La sua risposta prima ci ha ammutolito. Poi abbiamo appeso il suo poster nella redazione di Didattica. Eroe assoluto.
Non ho un vero rapporto con lo studio e l'esercizio: suono e basta. Mai nella mia vita, in ventiquattro anni di attività musicale, mi sono seduto, chitarra in mano, dicendomi “ora farò degli esercizi”. Però avevo la chitarra in mano, tutti i giorni. Non ho mai pensato di diventare un chitarrista, ho sempre cercato solo di fare musica. Non ho mai suonato una scala come si fa quando ci si esercita, perché mi fa schifo! Cercavo piuttosto di trovare delle melodie e imparare qualcosa in quel modo. Tutto ciò che ho imparato l'ho imparato come effetto collaterale del cercare di fare musica, se capisci cosa intendo.
Attraverso il cercare nuove melodie, nuovi fraseggi o lavorando su una canzone ho imparato cose nuove; ma non ho mai lavorato su tecniche specifiche come migliorare il mio vibrato o qualsiasi cosa del genere. Ho solo suonato e cercato di fare suonare bene alle mie orecchie ciò che suonavo. E' quasi una visione egoistica: è come se volessi compiacere me stesso; quando suono voglio fare provare a me stesso le stesse sensazioni che provo quando ascolto Albert King o Jimi Hendrix. Queste cose mi caricano di eccitazione quando le ascolto!
Così, quando suono, provo a fare uscire lo stesso feeling dalla mia chitarra: questo è quello che conta per me, più che conoscere il modo misolidio. A questo punto della mia carriera ovviamente conosco questi aspetti ma solo grazie al fatto di aver sempre cercato di fare musica. E' un approccio molto più lento di sicuro, ma quelle cose (le scale, gli esercizi, i modi…) non mi divertono. Voglio divertirmi ed essere creativo, perché è arte, alla fine. Per me fare esercizio è come essere un pittore che si allena con diversi tipi di pennello senza dipingere mai niente. Io invece cerco sempre di dipingere qualcosa, usando un pennello di un'altra dimensione o un altro colore. D'altro canto non sono un musicista versatile, perché suono solo come so suonare. Quello che sentite è quello che faccio, non potrei fare un concerto county, e mi perderei completamente su uno standard jazz. Ho dovuto fare una scelta quando ero molto giovane: essere me o essere qualcos'altro. Probabilmente avrei potuto fare molti più soldi se fossi stato un musicista più versatile, ma posso solo suonare quello che mi esce, non posso fare altrimenti; è come se il mio cervello si rifiutasse di farmelo fare (risate). Sono un grande appassionato di scienza e so che è una questione di emisferi cerebrali, destro e sinistro. Anche se non so di preciso quale dei due io utilizzi mentre suono la chitarra, so che è la parte che si attiva inconsciamente quando suono sul momento. Se usassi il cervello per ragionare o analizzare quello che sto per fare non riuscirei a suonare. Ho avuto anche esperienze come session man per delle produzioni pop quando mi sono trasferito a Londra: alla prima giornata di studio non riuscivo a suonare ciò che il produttore voleva che suonassi, perché suonavo ciò che piaceva a me e che per me suonava bene. Ma non era ciò che il produttore voleva, e alla fine dissi “forse dovresti chiamare qualcun'altro, non credo che questo sia ciò che fa per me”. E non ho mai più fatto un altra session nella mia vita.
Se qualcuno mi chiamasse e volesse inserire Matt Schofield sul disco allora andrebbe bene, ma se volessero farmi suonare qualcosa che non sono io non riuscirei. Adesso mi sento a posto con questa cosa, ma ho dovuto fare le mie scelte (risate). E così sono stati anche i miei eroi: Albert King suonava come Albert King. Non penso tornasse a casa dopo un concerto mettendosi a suonare cose country e chicken picking (risate). Così, come anche molti altri tra i grandi nella storia della chitarra moderna, come Carlos Santana (…e premetto che non ne sono un grande fan). Santana suona praticamente lo stesso assolo in ogni canzone, ma è Carlos Santana quando lo senti! Io ho sempre cercato di ottenere quella mia voce personale, ma è un lungo viaggio, è un percorso lungo una vita. A volte è quasi quello che non suoni che fa la differenza: è questione di togliere cose dal tuo playing che non siamo al cento per cento tue. Ed è facendo così che io ho imparato più cose. Cercandole dall’interno, rispetto a cercare di impararne di nuove ma che non mi appartengono. Sto cercando di suonare sempre di più come me.