di Mario Monteleone [user #10] - pubblicato il 12 febbraio 2014 ore 08:00
La canzone è una vecchia fidanzata con cui passerei ancora molto volentieri buona parte della mia vita, sempre e soltanto nel caso di essere ben accetto. (Fabrizio De André)
La canzone è una vecchia fidanzata con cui passerei ancora molto volentieri buona parte della mia vita, sempre e soltanto nel caso di essere ben accetto. (Fabrizio De André)
La serata è proficua. Al netto dei casini (quelli di tutti, persi fra vita personale e lavorativa), le cose sembrano essere meno pesanti. Per tre motivi: il primo non lo scrivo (perché saranno anche fatti miei ;-) ); il secondo è che ho trovato un fanastico (e ho volutamente scritto “fanastico”) tabacco per pipa, alla sambuca (ma non vi dico la marca, sennò è pubblicità neanche tanto occulta); il terzo è che mi è venuto un bel dubbio proficuo (anche sulla scorta degli altri due motivi), un dubbio di quelli da condividere con gli amici (cioè voi). Come nasce una canzone? Ecco il dubbio. Cioè, com’è che ogni tanto (direi nel mio caso assai raramente) viene fuori dalle dita, dalla tastiera e dalle corde una sequenza sintatticamente strutturata di suoni, mai ascoltata prima, e che ci azzardiamo a chiamare “nostra composizione”? Quando, come e perché riusciamo ad incontrare una vecchia fidanzata? E soprattutto, quando e perché abbiamo il coraggio di far conoscere le nostre vecchie fidanzate a quella nuova (in termini di vita passata e vita presente)? E poi, quand’è che siamo in grado di presentare la nuova fidanzata agli amici? Ovvero, quando ci sentiamo sicuri e felici della nuova canzone che abbiamo scritto, tanto da suonarla in pubblico?
Voi come, quando, perché componete? Se componete… Oppure, citando imprecisamente il grande Philip Seymour Hoffman, quand’è che il vostro passato è invitato al vostro presente? Tanty Graffy a Tutty