L'entry level firmato Ibanez può riservare gradevoli sorprese, specialmente dopo una bella messa a punto. Ecco i punti forti e deboli della SA160, stratiforme in mogano con tanto di top in acero quilted a impreziosirne il look.
Tutto cominciò diversi anni fa, quando per provare un bellissimo combo Tech 21 Trademark 60 il negoziante mi porse una Ibanez leggera, comoda e risuonante come non mai.
Certo, alcuni particolari facevano capire che non si trattava di un modello top di gamma, ma sicuramente il prezzo del nuovo attorno ai 300 euro ne faceva un ottimo prodotto.
Ricordo ancora il Trademark, ma evidentemente anche la piccola sei corde aveva lasciato una buona impressione, dato che dopo alcuni anni ne ho acquistata una usata a scatola chiusa.
Il momento era propizio, dato che cercavo una chitarra "da polvere", da tenere sempre a portata di mano senza grossi patemi d'animo per tutto quel che può accadere a uno strumento lasciato in balia degli eventi casalinghi.
Passando alla recensione c'è da dire che la chitarra, di provenienza Corea, si presenta con la classica forma delle serie SA Ibanez, molto sottile, manico in acero bolt-on in due pezzi (qui con un lieve accenno di fiammatura) e tastiera in palissandro. Il corpo è in mogano con una sottile impiallacciatura quilted maple color miele in grado di rendere l'esposizione gradita anche alla dolce metà.
I pickup sono nella classica abbinata di due single (manico e centro) e un humbucker al ponte, con selettore a cinque posizioni, volume e tono.
Il ponte è il SAT Ibanez, evidentemente ispirato ai ponti Wilkinson di cui ricalca alcune soluzioni come l'anellino con brugola per tener ferma la leva. Le meccaniche, pur non essendo autobloccanti, sono adeguate allo strumento.
Fin dalle prime prove, la SA160 ha sostanzialmente confermato il mio ricordo, con un manico comodissimo dal profilo a C sostanzioso, sicuramente più consistente delle Ibanez serie S.
Anche la risonanza dello strumento lo rende molto vivo alla risposta, con un buon compromesso tra i suoni Stratocaster verso il manico e una buona spinta del pickup al ponte.
Di contro però, con l'uso quotidiano, si sono evidenziati alcuni limiti. In particolare la tastiera non perfetta, che faceva friggere alcune note lungo la tastiera, i pickup alle volte troppo frizzanti (cosa a cui si può ovviare in parte calando un po' i toni) e infine la scarsa tenuta dell'accordatura al minimo uso della leva (o con bending troppo sanguigni).
A questo punto la chitarra serviva al suo scopo primario (star lì pronto all'uso), però la buona pasta di base e l'estrema comodità me lo facevano cercare anche quando c'era un po' più tempo a disposizione.
Che fare? Venderla per cercare una serie S superiore? Visto che non si trattava di un custom shop da migliaia di euro, ho seguito i consigli del rimpianto Pistolesi e mi son dato alla rettifica tastiera fatta in casa con profilato di alluminio, carta e spugnette abrasive. Mal che vada, pensai, avrò fatto un po' di esperienza, e invece sorpresa: la tastiera era ormai a posto.
Restava quel maledetto tremolo. Ho scoperto così che il ponte in dotazione alla mia è stato in seguito sostituito nelle Ibanez successive, e sorge il dubbio che sia per questi problemi.
Non dandomi per vinto, ho regolato sellette, molle e ponte in modo da aver l'appoggio del ponte sul corpo, sacrificando così la possibilità di tirare le note con il vantaggio, pensavo io, di una accordatura più stabile.
Niente da fare. Le meccaniche non slittavano, e anzi andavano meglio di quanto pensassi, le corde erano buone, eppure... Restava l'ultimo colpevole, uno dei punti su cui ancora non intervengo a cuor leggero: il capotasto.
Dopo averlo osservato bene, ho notato che i solchi erano veramente profondi, la corda è praticamente un millimetro sotto alla parte più alta.
Seconda dose di coraggio, ho spianato la parte alta del capotasto fino a portare le corde praticamente a filo. Utilizzando ancora dei mezzi casalinghi, uno spessimetro e della carta abrasiva finissima,
ho levigato i solchi per per ottenere due risultati: la parte a scivolo verso le meccaniche molto in discesa, in modo da ridurre nella zona vicino alla tastiera il contatto corda/capotasto,
e la parte interna il più possibile levigata, toccando al minimo il solco verso la tastiera per evitare di abbassare le corde.
I primi risultati sono stati incoraggianti, ma ancora qualche piantamento c'era, così ho scoperto l'importanza di arrotondare i solchi nella parte verso la paletta anche in senso orizzontale dato che,
osservando le corde, c'è un minimo angolo di uscita tra la parte di coda sulla tastiera e il tratto che porta al piloncino della meccanica.
Con questi due interventi lo strumento è ora a posto, l'unica cosa che forse potrebbe meritarsi sono dei magneti più raffinati, ma credo che per migliorare rispetto ai suoi originali servirebbe qualcosa di ben più costoso (ho appena visto l'articolo su Accordo del ).
Riassumendo, le impressioni sullo strumento di fabbrica sono buone, la SA160 è leggera e ben suonante, ma i difetti di tastiera e capotasto ne vanificavano in parte le doti.
Sistemati questi due problemi, è ottima nella sua fascia di prezzo e anche oltre.
C'è da dire che dal numero di serie e dal ponte l'esemplare in mio possesso è uno dei primi prodotti da Ibanez, che potrebbe aver corretto questi che ritengo sostanzialmente difetti di controllo qualità.
D'altro canto, altri modelli Ibanez di prima serie che ho provato risultavano migliori alle successive variazioni, ma come ogni strumento bisognerebbe provare caso per caso.