di redazione [user #116] - pubblicato il 17 luglio 2014 ore 08:39
La notizia ha cominciato a circolare questa mattina come un semplice rumor, ma è stata confermata pochi minuti fa: Johnny Winter è morto. Il mondo perde una delle icone del blues rock.
La notizia ha cominciato a circolare questa mattina come un semplice rumor, ma è stata confermata pochi minuti fa: Johnny Winter è morto. Il mondo perde una delle icone del blues rock.
La speranza è stata che si trattasse del solito hoax, ma dopo il post della moglie di Rick Derringer, è appena uscito un altro commento da una fonte molto attendibile: Matt Marshall di americanbluesscene.com annuncia la morte di Johnny Winter: "Johnny Dawson Winter III has passed away, according to several sources close to the blues man. He was 70. Details surrounding his death have not come forth, but will be added as they emerge."
Il mondo perde una delle icone del blues rock. Nato nel 1944 a Beaumont in Texas, Johnny esordì su un palco a 10 anni suonando un brano degli Everly Brothers all'ukulele e a 15 anni collegò il jack della sua prima chitarra elettrica per registrare il suo primo vinile, "School day blues" con il suo neonato gruppo Johnny & The Jammers.
Nato rocker, col tempo si riavvicinò alle radici profondamente blues della sua terra. Nel 1977 la chiusura della Chess Records gli diede l'occasione di coronare un sogno, entrando in sala di incisione come produttore per Muddy Waters che registrò tre dischi (I'm Ready, Hard Again e King Bee), tutti e tre insigniti col Grammy. E il Grammy arrivò anche per il suo Nothin' But The Blues del 1977, in cui suona accompagnato dalla band di Muddy Waters in quello che molti considerano uno degli album di riferimento del blues elettrico texano. Ma il più grande riconoscimento furono le parole di Muddy Waters, che ringraziò il suo amico-allievo-produttore per essere riuscito a ricreare le atmosfere blues dei dischi Chess.
Winter ha convissuto per tutta la vita con i problemi fisici derivanti dal suo essere albino, ma anche da una profonda dipendenza da alcol ed eroina che nel tempo hanno debilitato il suo fisico. Quasi cieco, ultimamente si esibiva seduto, aveva sostituito la ingombrante Gibson Firebird (suo marchio di fabbrica negli anni d'oro) con chitarre piccole e leggere, riuscendo peraltro a produrre sempre musica all'altezza della sua classe. Che suonasse con le dita o con lo slide, il suo rock blues è un concentrato di grinta, feeling ed energia capace di emozionare a ogni ascolto. Lascia un vuoto enorme e una lista di dischi preziosi.