di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 26 luglio 2015 ore 08:00
Una riparazione di fortuna a una vecchia chitarra ti dona un suono diverso da ogni altro, volatile, che potrà abbandonarti da un momento all'altro e per questo ancora più prezioso. L'opportunità di riportare alla vita una Di Giorgio del 1978 destinata al macero è più unica che rara, e va colta.
Acquistare una chitarra nuova di zecca è una bella sensazione, ma scovarne una d'epoca, martoriata dagli anni e dall'usura, scatena una curiosità a cui nessun chitarrista può resistere. Per la sfortuna di alcuni e per la fortuna di altri, molte persone non sono in grado di riconoscere i piccoli tesori che hanno stipati in casa e non è raro rinvenire in soffitte o ai mercatini degli strumenti magari non lussuosi, ma con un fascino tutto loro. A volte capita di trovarsi tra le mani una chitarra davvero messa male, che difficilmente potrà tornare a suonare, ma una sfida come quella lanciatami dalla Di Giorgio Classico N. 28 del 1978 trovata in strada meritava di essere accolta.
Di Giorgio è un produttore brasiliano di chitarre classiche piuttosto attivo tra gli anni '60 e '70. Nonostante l'estetica estremamente curata, il modello Classico N. 28 non è uno strumento di pregio. Una splendida paletta intarsiata e le figurazioni impressionanti del palissandro brasiliano usato per fasce e fondo si contrappongono a una cassa interamente in laminato, forse causa principale della sorte infame che le è toccata. Ho trovato questa nylon-string in strada ormai molti mesi fa. Era abbandonata lì, sul marciapiedi, in una busta di plastica trasparente e con il ponte divelto, ma legato con del fil di ferro al manico. Sembrava volesse essere quasi un regalo per chi avrebbe deciso di prendersene cura. Letteralmente rapito da quella paletta e incuriosito dalla firma sull'etichetta della buca e marchiata a fuoco sul retro, ho deciso di portarla a casa, ripromettendomi di sottoporla quanto prima alle attenzioni di un professionista. Purtroppo per lei, il giudizio è stato unanime: ripararla era impossibile, o quantomeno troppo costoso per il valore dello strumento, che tutt'ora si può trovare usato per qualche centinaio d'euro.
I mesi passano, ma non mi do per vinto: mi fa male al cuore vederla lì, inerte, e mi rode troppo l'idea che non potrò mai sentire la voce. Alla fine decido di acquistare un flacone di colla Titebond e tentare il tutto per tutto. Carteggio alla meno peggio la zona in cui il ponte avrebbe dovuto sedere e do una buona spruzzata di colla. Aspetto qualche giorno per sicurezza e il tutto sembra reggere decentemente al tiraggio delle prime due corde montate, ma i problemi iniziano quando la tensione aumenta: man mano che accordo, il top comincia a scricchiolare e si inarca nella parte più bassa. Giunta quasi in assetto, la Di Giorgio diventa praticamente una archtop. Le premesse sono pessime, così decido di resistere alla tentazione di suonarla e la lascio riposare con la facciata rivolta contro un muro, non si sa mai. Infatti, dopo circa una settimana uno scoppio e un "crack" rompono il silenzio dello studio: il ponte è saltato via a mo' di fionda. Sulle prime sospetto che la colla non abbia fatto presa, ma con mia sorpresa vedo che la giunzione è perfetta: ad essere venuto via è un ulteriore strato del laminato che compone la tavola armonica! A causa dei decenni di umidità, il top si è ridotto a una sfogliatella, e qualunque ulteriore tentativo di incollaggio avrebbe avuto come risultato il distaccamento di uno strato sottostante di legno. La situazione è critica, ma non mi do per vinto: voglio sentir suonare la piccola brasiliana. Ormai qualunque liutaio la giudicherebbe come legna da ardere, quindi mi faccio forza e, nel tentare un nuovo incollaggio, do un'abbondante spremuta di Titebond tra le fibre del top, che nel frattempo si erano dilatate a sufficienza da mostrarmi il prossimo strato di laminato.
Oggi, quasi due settimane dopo il secondo incollaggio, la chitarra sembra reggere decentemente. L'accordatura tende lentamente a calare, il che è tutt'altro che rassicurante, ma la "pancia" è molto meno pronunciata rispetto a prima e non si accusa nessuno scricchiolio sospetto.
L'idea che il ponte possa cedere di nuovo da un momento all'altro fa paura, me è anche stimolante al tempo stesso. Di fatto, ho tra le mani una chitarra di quasi quarant'anni che ne ha viste tante e nessuno sa quante ancora ne potrà raccontare. Il manico è visibilmente crepato all'attacco con la cassa ed è stato già riparato da altri, così come la tavola armonica è stuccata in più punti lungo i bordi e sulle fasce è possibile notare un tassello di palissandro "rattoppato". Eppure l'illusione che il suo suono sia proprio il risultato delle sue disavventure la rende speciale. Contro ogni previsione e nonostante le corde malandate (prese in prestito da una vecchia classica da pochi euro ferma da un bel po'), la chitarra suona decisamente bene. La cassa profonda e il palissandro brasiliano danno dei bassi importanti, e quello che alcuni segnalano come pino americano adoperato per la tavola armonica pare contribuire a una voce leggermente inscatolata ma ricca di carattere sui cantini, che suonano sempre pieni e articolati, tutt'altro che sordi quando si va verso i registri più acuti. Le corde vibrano poderose e a lungo, giocare con le dinamiche è un piacere, e fortunatamente il manico (secondo alcuni in cedro, secondo altri in mogano) non ha perso la sua forma originale, regalando una suonabilità più che accettabile.
Non sono mai stato un chitarrista classico, conosco poco di quel mondo e il mio orecchio fatica a individuare le caratteristiche di ogni strumento come farebbe con una solid body, ma il timbro di questa Di Giorgio mi accompagnerà a lungo, sotto le dita finché il ponte vorrà reggere e nella mia mente per tanto ancora.
Quando non sai per quanto tempo una chitarra potrà regalarti il tuo suono devi approfittarne, suonarla, registrarla se puoi. Io ci ho provato, giusto poche note e qualche immagine da regalare a chi vorrà condividere con me questa finestra su un'altra epoca, aperta per ora, ma che potrebbe sbattermisi in faccia da un momento all'altro, con uno scoppio e un "crack" per non aprirsi mai più.