Tutto ha inizio nel 1972, quando Fender - anche se con un po' di ritardo - si accorge che i chitarristi si stanno buttando a corpo morto sulle chitarre Gibson, attirati dalla capacità dei loro pickup humbucker di generare un segnale più forte e saturare gli ampli (bisogna capirli, all’epoca non esistono diavolerie digitali in grado di trasformare lo speaker dell’iPhone in una cassa Marshall 4x12). La contromossa è trovare qualcuno in grado di andare oltre i single coil che stanno facendo la storia, ma che in quegli anni sembrano destinati a perdere colpi.
Convinto da un assegno consistente, il buon Seth Lover (inventore del PAF) cambia casacca e si mette a lavorare con il pazzo visionario Roger Rossmeisl a un humbucker di nuova concezione, in grado di suonare forte senza perdere il twang per cui l’azienda di Fullerton va famosa. Il Fender Wide Range pickup debutta a inizio 1972 sulla Telecaster Custom, sostituendo il poco amato single coil al manico. Qui la storia non ci dice chi è stato il primo, ma certo nel giro di un batter d’occhio saltano fuori - oltre alla Custom - la Telecaster di Andy Summers e Micawber di Keith Richards, entrambe con humbucker al manico.
Ci sta, dai, ci sta proprio questa modifica. Da sempre il suono Telecaster sta in quel single coil al ponte nato dalla lap steel Fender di fine anni '40, un pickup che - pur leggermente depotenziato nel 1956 - regala un mix inimitabile di chiarezza, twang e potenza al cui confronto il pickup al manico (nato per scimmiottare il contrabbasso quando il Fender Bass non eisteva) sembra quasi guasto. A dirla tutta: la Telecaster è il suo pickup al ponte, il resto è dettaglio.
A metà anni ‘70 qualcuno decide di provare a piazzare un humbucker anche al ponte (Telcaster De Luxe e Thinline II), di fatto stravolgendo la capostipite e snaturandola. Il tentativo - nonostante le indubbie qualità del Wide Range - ha pochissimo successo, le due simil-Telecaster durano qualche anno e poi spariscono quasi contestualmente alla fine della proprietà CBS nel 1984, quando la fenice Fender rinasce grazie all’impegno di un trust di altissimo valore capitanato da Bill Schultz, Dan Smith e John Page. A parte qualche esperimento coi Lace Sensor, la Telecaster resterà fedele a se stessa.
A inizio anni 2000 il gruppo Fender Musical Instruments (nel frattempo cresciuto a dismisura, finito nelle mani di fondi di investimento, affamato di nuovi fatturati) fa la spesa, incamerandosi una serie di marchi importanti Guild, Ovation, Hamer e soprattutto Gretsch. Tra questi solo Gretsch viene davvero rilanciato e rifondato, in modo talmente brillante da finire a influenzare anche le chitarre Fender, prima tra tutte la Telecaster, la cui semplicità è spesso causa di profondi stravolgimenti.
Il primo vero attentato lo compie attorno al 2008 il liutaio Paul Waller, poi finito masterbuilder al Fender Custom Shop, quando propone una Telecaster che più postmoderna non si può, con finitura arancione e hardware tipicamente Gretsch e pickup TV Jones e subito dopo ne fa un’altra verde per Bono. Quasi in contemporanea, Mike Eldred presenta la Cabronita Especial, corpo Telecaster con allestimento minimalista di uno o due TV Jones. Tutte chitarre interessanti, divertenti da suonare, ma a cui manca la componente essenziale del suono Fender: il single coil al ponte.
È come aver scoperchiato il vaso di Pandora: in poco tempo il mondo si riempie di ibridi con il corpo a forma Telecaster e tutto il resto accrocchiato da qualunque pianeta della galassia. Telecaster in stile LP JR, oppure con i PAF, con dual blade Seymour Duncan o Di Marzio, addirittura con finiture e pickup stile Rickenbacker 381. Tutte Telecaster grazie a quella geniale spalletta incavata e paletta minimalista inventate da Leo Fender nel 1950.
E qui arriva la considerazione: ma la forma del corpo e la paletta sono talmente importanti ai fini del suono (che è ciò per cui uno strumento nasce) da autorizzare a chiamare "Telecaster" (un nome che - ricordiamo - ha fatto la storia della musica moderna) una chitarra che suona come una Les Paul, una Gretsch, una Rickenbacker o una Ibanez? Cosa c’entrano questi ibridi (pur sfiziosi, interessanti, sonori, eccetera) con quel comune denominatore sonoro che unisce Roy Buchanan, Jimmy Bryant, Albert Lee, Bruce Springsteen, James Burton, Steve Cropper, Vince Gill, Chrissie Hynde, Waylon Jennings, Bill Kirchen, Muddy Waters, Buck Owens, Luther Perkins, Will Ray, Keith Richards, Arlen Roth, Marty Stuart, Andy Summers, Redd Volkaert e infiniti altri esponenti dell’unico e inimitabile TWANG™?
È corretto dare lo stesso nome alla chitarra di Muddy Waters e a un’altra che ha la stessa forma, ma un PAF al ponte?
Secondo me no. |