L'evoluzione naturale di un chitarrista vuole che, dopo un primo impatto spesso traumatico con strumenti economici all'inverosimile, egli accantoni le cosiddette chitarre elettriche entry level alla ricerca di qualcosa che possa fornirgli quantomeno una parvenza di professionalità.
Man mano che la competenza tecnica e la bravura artistica aumentano, il chitarrista alza l'asticella e pretende strumenti più performanti, belli, costosi, ricordando con disprezzo i suoi acquisti più vecchi. Da qualche tempo, però, non riesco a smettere di pensare che una chitarraccia da quattro soldi potrebbe essere l'acquisto più azzeccato soprattutto per chi suona da diversi anni, e per più di un motivo.
Tutti ricordiamo la prima volta che abbiamo imbracciato una Squier Bullet, una Epiphone col manico avvitato, una Harley Benton o una Stagg. Dopo essercela portata a casa, passata l'ebbrezza delle prime note, abbiamo cominciato a maledire il nostro recente acquisto. Non potete negarlo: dopo pochi mesi quel suono spompato vi andava stretto, quell'accordatura instabile non si sopportava più e quei fret stonati mettevano a dura prova la pazienza di un orecchio ormai abbastanza allenato da notarli. Da allora, salvo rare eccezioni, abbiamo deciso di chiudere con gli strumenti di quella fascia di prezzo, considerandoli poco più che giocattoli. Eppure io vi dico che, se decideste di provarne di nuovo uno oggi, anni dopo, vi scatterebbe più di una molla nel cervello e finireste per rivalutarlo.
Innanzitutto, bisogna inquadrare il concetto di "entry level" nel campo delle chitarre elettriche.
Forse un tempo aveva senso tracciare una linea netta tra gli strumenti economici per studenti e quelli più costosi destinati ai professionisti, ma oggi quel segno è decisamente sbiadito. Le tecnologie moderne permettono di contenere i costi senza dover risparmiare troppo sui materiali e, se trent'anni fa un entry level era tale perché fatto in compensato e plasticaccia, oggi può permettersi componenti superiori con prezzi addirittura più bassi, in proporzione.
Un tempo, una buona fetta del costo era nella manodopera, sulla quale non era possibile economizzare oltre un certo limite e l'unico modo per tirare giù i prezzi era usare materiali peggiori. Oggi invece, soprattutto sulla fascia medio-bassa, l'intervento umano è limitato, e macchinari avanzati sfornano componenti semi-lavorati a costi irrisori. In questo modo, i costruttori possono ottimizzare la catena di produzione e offrire strumenti migliori a parità di prezzo.
Di nuovo, una buona parte del prezzo tra due chitarre di fasce diverse ma identiche per legni, sfornate dalla stessa CNC, è rappresentato dalla manodopera che c'è dopo quel passaggio di pre-lavorazione computerizzata, quella cura nel dettaglio, nelle regolazioni e nelle finiture che differenzia un manico in acero da 100 euro da uno dello stesso legno da 200 euro. A questa, si aggiungono tanti piccoli fattori, alcuni determinanti per la resa dello strumenti, altri... meno.
Se il chitarrista è disposto anche a chiudere un occhio su quelli meno legati alla pura funzionalità dello strumento e più al fattore estetico, e ha la competenza sufficiente per migliorare il migliorabile con le proprie mani, il gioco è fatto.
Chi è alle prime armi, esattamente come ha bisogno di un insegnante che lo instradi verso la giusta postura, l'ascolto e la tecnica, necessita anche di uno strumento che gli permetta di imparare senza aggiungere altre complicazioni. Insomma, gli ci vorrebbe una chitarra di qualità superiore, la cosiddetta "pappa pronta".
Una chitarra entry level invece è una sfida: non ha alcun optional, nessuna attenzione alla suonabilità, ma ha dei limiti che solo chi già la sa un po' più lunga sa riconoscere e risolvere.
Parliamo di customizzazione, un "hobby dentro l'hobby" della chitarra che esiste ormai da qualche decennio, ma che raramente viene preso abbastanza sul serio da essere considerato un'alternativa valida all'acquisto di uno strumento più valente già alla fabbrica.
Più per abitudine che per reale necessità, talvolta ci si ingegna a cambiare un pickup, a montare delle meccaniche autobloccanti o un capotasto Graph Tech ma, se avete imbracciato uno strumento economico di recente, avrete notato che spesso i problemi veri sono nelle regolazioni.
Andiamo con ordine e ragioniamo insieme sui difetti più comuni che ci hanno fatto definire "una ciofeca" la nostra vecchia prima chitarra.
Cattiva tenuta d'accordatura
È un classico delle chitarre economiche non mantenere l'accordatura. È anche un classico montare da schifo le corde, però.
Se la chitarra si scorda, è possibile che le corde siano state avvolte male sulle meccaniche o che non siano state stirate a sufficienza. Accade anche su strumenti più costosi e spesso ci si convince che la soluzione stia in delle meccaniche migliori. La stabilità di un'accordatura, però, dipende da tutti i punti di contatto con le corde: meccaniche, ponte e capotasto. Quest'ultimo forse è anche più importante ai fini di un miglioramento sensibile. Prima di pensare alla sostituzione di uno di questi componenti, il consiglio è di fare attenzione a come sono montate le corde e a quanto bene riescono a scorrere tra i solchi del capotasto. Una limatina non costa nulla e un capotasto di qualità costa davvero poco. Invece, se si continuano a montare le corde da schifo, non ci saranno meccaniche autobloccanti e ponti Gotoh che tengano: la situazione non migliorerà quanto sperato.
Manico insuonabile
Questo punto è il più facile. Hai voglia a incolpare il manico scomodo per giustificare le tue carenze tecniche: se la tua chitarra economica esce da una CNC, con ogni probabilità avrà un manico del tutto simile a quello di strumenti anche migliori. Ciò che cambia può essere un setup fatto male, dei fret non rifiniti sui bordi che rendono tutto meno scorrevole o una finitura gloss appiccicosa.
Sul setup, non c'è molto da dire: anche se aveste avuto una Fender Custom Shop, con ogni probabilità dopo il primo cambio-corde vi sareste ritrovati un risultato poco dissimile da quello della vostra Squier. Oggi forse non sarete in grado di regolare una Stratocaster come John Cruz, ma meglio di come avete maldestramente fatto all'epoca su una chitarra già sbatacchiata da un viaggio transoceanico e maltrattata dall'operaio di turno, sì. C'è da scommetterci che una buona percentuale dei problemi sparirà già abbassando un po' un capotasto troppo alto che nessuno in fabbrica ha limato alla base o regolando il ponte per action e intonazione.
Quanto ai bordi dei fret, una chitarra di fascia superiore sarà senz'altro rifinita meglio, ma ormai ne avrete viste a sufficienza da ottenere un risultato quantomeno simile su qualunque tastiera con una semplice lima e uno dei tanti tutorial trovati online.
Per il manico appiccicoso si fa ancora prima: carta abrasiva finissima e, se non vi interessa l'effetto scenico, giù di olio di gomito.
I fret sono tutti consumati
Questo può essere davvero un problema. La bontà di un fret è un aspetto difficile da valutare in quanto si saggia essenzialmente sulla lunga distanza, e una volta consumato c'è poco da fare se non un refret o la sostituzione dell'intero manico.
Chi è agli inizi tende a imprimere più forza del necessario con la mano che diteggia e, vista la scarsa qualità del metallo usato per i fret su certi strumenti, si troverà in breve una chitarra poco performante, con fastidiosi scalini durante bending e vibrati o, peggio, con corde che frenano la loro vibrazione tra un solco e l'altro. Chi suona da più tempo e ha una mano più delicata sulla tastiera riuscirà a goderne più a lungo, ma prima o poi il momento tanto temuto arriva. A questo punto, si può pensare a due soluzioni.
In assenza di binding, cosa che raramente le chitarre più economiche hanno, basta un centone circa per far sostituire i tasti su un manico, trovarseli ben rettificati e garantire alla chitarra ancora diversi anni di vita.
Se si vogliono fare le cose in grande, si può anche puntare su un manico ex novo. Il mercato è pieno di componenti di qualità per sostituire i manici delle misure più comuni, ma il prezzo può scoraggiare. Si parla di più di 200 euro e bisogna che ognuno si faccia i propri calcoli. Se il resto è valido, ben suonante e stabile, un manico simile - che di fatto in certi casi è paragonabile a quelli usati su strumenti di fascia alta - può essere un vero salto di qualità.
Ha un brutto suono
Ovvio, da una chitarraccia non si può pretendere un grande suono, soprattutto se non si ha idea di cosa generi un bel suono.
Ho lasciato questo punto volontariamente per ultimo, in quanto non si limita alla sola chitarra: se è vero che l'amplificatore gioca un ruolo cruciale per il suono e che probabilmente non abbiamo mai ascoltato la nostra prima chitarra su qualcosa che somigliasse vagamente a un amplificatore serio, non c'è da stupirci se l'abbiamo messa da parte.
A parità di amplificazione, quindi, si potrebbero valutare alcuni aspetti.
Se una regolazione in altezza non è sufficiente a trovare l'equilibrio giusto tra i singoli pickup e nel loro output in generale, l'operazione che di solito segue è la loro sostituzione: una chitarra economica avrà pickup molto, molto economici, una cattiva schermatura ammesso che sia presente e dei potenziometri bruttini.
Se avessimo acquistato una chitarra costosa, avremmo trovato anche un'elettronica di qualità superiore, ma la differenza di prezzo tra i due strumenti sarà stata, per così dire, logaritmica.
Mettiamo subito da parte schermatura, cavetti, potenziometri e condensatori, che si rifanno di qualità eccellente con pochi euro, e concentriamoci sui pickup.
È improbabile (o comunque raro) che una chitarra esca di fabbrica con ottimi pickup ma con legni e hardware appena passabili. È più logico, invece, che uno strumento aumenti gradualmente tutte le sue caratteristiche man mano che il prezzo sul cartellino lievita.
Ora, considerato che un body in legnaccio e mal dipinto può costare poche decine di euro mentre uno ottimo e stra-rifinito può arrivare a costarne anche diverse centinaia, e che invece un pickup di alta qualità difficilmente supera di un centinaio di euro le cosiddette "cineserie", è lecito immaginare che per avere quel pickup costoso su una chitarra di fabbrica ci ritroveremo anche un body costoso, e così il manico, l'hardware e così via. Insomma, se su un legnaccio da 300 euro abbiamo un pickup da 10 euro, per avere un pickup da 150 euro probabilmente ci troveremo a dover scegliere tra chitarre da 2mila euro (cifre inventate e puramente indicative, sia chiaro).
A questo punto ci si trova davanti a un bivio sul quale migliaia di chitarristi si scontrano giornalmente: il pickup è più importante dei legni? Non proverò a dare una risposta, ma è innegabile che un pickup diverso abbia una forte influenza sul suono.
Di sicuro non è il solo a fare il suono e una chitarra da 300 euro con un pickup da 150 euro non suonerà mai come la stessa da 2mila che, quel pickup, lo monta di serie. Però, per il discorso di cui sopra, una chitarra da 300 euro con sopra un pickup boutique da 150 euro, con ogni probabilità, suonerà molto meglio di una da 450 euro che, tra un'impiallacciatura fiammata e una vernice un po' più curata, può permettersi al massimo dei pickup da 15 euro.
Se vi schierate dalla parte di chi ritiene i pickup più importanti dei legni per il suono di una solid body, preferirete sicuramente un buon magnete su una chitarra magari economica piuttosto che l'opposto ma, anche se non siete di questo avviso, pensateci su...
Prendete il costo base dello strumento e considerate che ci avete appena montato gli stessi pickup che trovereste su uno strumento dieci volte più costoso e che gli avete dedicato le stesse cure che un operaio magari non cinese nello stabilimento Roytek, ma coreano di casa Cort avrebbe riservato a una chitarra che costa due o tre volte la vostra. Restano dei punti deboli, le sbavature della vernice e il legno non dei più pregiati, ma siete proprio sicuri che quanto vi trovereste a pagare in più per una finitura nitro e un body fiammato sarebbe giustificato?
Queste considerazioni potranno apparire banali per qualcuno, ma sono sicuro che tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo pensionato o scartato una chitarra per un semplice errore di valutazione, perché non eravamo ancora capaci di individuarne il vero potenziale e ci siamo limitati a giudicarla per come suonava e come si lasciava suonare così com'era.
Forse, e dico forse, potrebbe essere una buona idea - o quantomeno divertente - togliere uno zero dal preventivo per la prossima chitarra e scoprire cosa si è in grado di combinare solo con le proprie mani, una manciata di attrezzi e qualche pomeriggio domenicale. |