Salve a tutti, il presente post voleva essere un commento al recente articolo di Ricky_Brat “Ma quale anima: è soltanto la terza minore”, ma visto che mi sono dilungato un po’ troppo, ho deciso di trasformarlo in un mio post.
Riguardo l’eterna questione Studio vs Anima mi sono fatto la mia umilissima opinione: il problema di fondo nasce dal fatto che secondo la mia esperienza, probabilmente esistono principalmente due tipi di musicisti (con alcune vie di mezzo, naturalmente): il musicista che chiamerò logico e quello intuitivo.
Il Musicista Logico trova appagamento nell’apprendimento, la sua cretività trae nutrimento dalla conoscenza e quindi dallo studio sempre più approfondito, anche di generi musicali ritenuti “semplici”.
Il Musicista Intuitivo trova appagamento nella pura pratica musicale, e la sua creatività ha fonti non meglio identificate (esperienza, vita vissuta, anima?).
Ora, non voglio dire quale delle due categorie sia “migliore”, de gustibus non disputandum est, fatto stà che queste due categorie esistono e si guardano con diffidenza o addirittura disprezzo, perché difficilmente un musicista intuitivo apprezzerà la produzione di uno logico e viceversa.
Detto questo, esistono generi musicali (come la musica Classica o il Jazz) che per essere suonati richiedono tassativamente uno studio musicale approfondito, altri (come il Blues, il Rock, la musica Pop in generale), che si prestano invece ad approcci differenti, più o meno logici o più o meno istintivi.
Ora, io rispetto immensamente la volontà di molti musicisti di migliorarsi attraverso uno studio musicale sempre più approfondito, quello che non mi piace è la tendenza che vedo ultimamente, di voler imporre questa visione parziale come verità assoluta, cioè che l’unica via per diventare un bravo musicista sia continuare a studiare per anni. Se questo può essere vero per alcuni generi musicali (come la musica Classica), non lo è necessariamente per altri, e la storia della musica moderna e contemporanea è piena di esempi che lo dimostrano. Basti pensare che molti dei musicisti che sono nostri idoli e ai quali ci ispiriamo hanno ammesso candidamente di avere conoscenze di teoria musicale molto blande o inesistenti.
Io credo addirittura che lo studio, oltrepassata una certa soglia, possa essere controproducente per un Musicista Intuitivo, perché potrebbe annacquare in qualche modo la sua creatività prettamente istintiva.
La mia personale conclusione è: lo studio è indispensabile per alcuni generi musicali, in altri può essere utile per alcuni tipi di musicisti, inutile o controproducente per altri. Che senso ha invogliare a studiare uno che si diverte a suonare solo con una pentatonica, che non sarà mai in grado di eseguire un brano di Paul Gilbert ma che magari suona bene quei quattro accordi e quel solo melodico e a qualcuno piace ascoltarlo così.
Il mio invito quindi è: studiate se volete, ma imparate a riconoscere ed accettare che nella musica “Pop” esistono anche altri tipi di approccio, che alcune persone hanno un talento intuitivo innato e nessuno riuscirà mai a spiegare come riescano a suonare certe cose senza aver mai aperto un manuale di musica, e che alcuni preferiscono ascoltare questo genere di musicisti. Amen.
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