di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 07 ottobre 2016 ore 07:30
I più attenti lo avranno già notato nella pedaliera del nostro Michele Quaini. Oggi è giunto il momento di parlare proprio di lui, del Klon Centaur. Sul mercato non ce ne sono moltissimi, non quanto i cloni almeno, quindi non ci siamo lasciati scappare l’occasione di fare una video recensione.
Il Klon è frutto della mente di Bill Finnegan, che diede vita al primo esemplare negli anni ’90. Il prezzo, la scarsità sul mercato e le dimensioni fanno credere quasi si tratti di un pedale vintage degli anni ’60. Si tratta invece del risultato della ricerca sonora di Finnegan che, completamente insoddisfatto della sonorità compressa del TS9, pensò a un circuito più trasparente per spingere le valvole del suo Twin verso la saturazione che poteva ottenere solo con il volume a 7-8, ma irraggiungibile quando si suona in piccoli locali.
Messo sul mercato questo overdrive/boost si è conquistato subito il favore dei musicisti non solo di Boston, ma di tutti gli States tanto da diventare una vera leggenda. Finnegan, una volta messo in produzione, a fatica riuscì a stare dietro agli ordini, ma comunque sul mercato vennero messe almeno 8000 unità e alcune di queste sono nelle mani di Jeff Beck, John Mayer, Joe Perry, Nels Cline e Matt Schofield. Una è nella pedaliera di Poggipollini e, ancora più vicino a noi sotto i piedi di Michele Quaini.
Il Klon ha un grosso e pesante case di metallo nel quale si perdono quasi i componenti che fanno parte del circuito. La gestione del sound è affidata alle tre grosse manopole rosse (tanto caratteristiche) con cui si può intervenire su volume, gain e alti.
Il pedale non è true bypass ma ha un buon buffer al suo interno ed è alimentato a 9V anche se le dimensioni non lo rendono certo pedalboard friendly.
Della sua storia e delle caratteristiche tecniche resta poco da dire. La schiera di cloni presenti sul mercato poi rendono davvero di facile reperibilità le informazioni riguardo lo schema elettrico e non solo.
Prendiamo quindi un paio di belle chitarre come la Mustang del ’63 di Michele e la Les Paul Gold Top e accendiamo questo effetto leggendario venduto sul mercato dell’usato a peso d’oro.
Di cloni presenti sul mercato ne abbiamo provati diversi, alcuni costosi come il Tumnus della Wampler o il Soul Food, tutti a disposizione a un prezzo che è un decimo o meno dell’originale usato. Quello che salta però subito all’orecchio è quanto l’originale sia trasparente e delicato. Quando si rasenta lo zero con il controllo del gain il sound acquista un lieve boost di volume, che lo apre anche leggermente sulle medie, rendendolo più presente e caldo.
Alzando il gain la situazione non fa che migliorare, anche se arrivati già a metà corsa il crunch non è diventato estremo. Il Klon originale è si un overdrive ma con una spiccata verve da boost. Il controllo degli alti è in grado di aggiungere una bella frizzantezza, soprattutto quando si usano strumenti con la voce più cupa come la Gold Top.
Prima di arrivare a fondo corsa con il gain bisogna dare una sonora ritoccata al volume, perché il sound rischierebbe di mettere a dura prova i coni della Marshall. Il risultato però è un sound con un rinnovato sustain, una buona dose di cattiveria, ma molto dinamica e con il timbro dello strumento sempre bello in evidenza.
Bill Finnegan sulla ri-edizione del Klon, il KTR, si è sentito in dovere di non prendersi la colpa per la leggenda che si è creata attorno alla sua creazione. Inutile discutere se possa davvero valere 1500 euro o se il Soul Food da 85 suoni meglio o peggio. Alle nostre orecchie quello che il Klon sa trasmettere è piaciuto molto. A breve faremo anche un confronto AB con l’Archier, così giusto per mettere un po’ di carne al fuoco in più.