di LaPudva [user #33493] - pubblicato il 07 novembre 2016 ore 15:15
Stamani, buttando un’occhiata distratta al calendario come d’abitudine, ho avvertito qualcosa di insolitamente familiare, come se una slot a tre rulli mi avesse regalato una sequenza in parte significativa. Il tempo di sciacquarmi la faccia e ho messo a fuoco la ricorrenza, per i più sicuramente irrilevante ma per qualcuno dolorosamente importante e carica di conseguenze.
Esattamente 50 anni fa, presso l’Indica Gallery di Londra, galleria d’arte situata nello scantinato della libreria che portava lo stesso nome, nella zona di Mason Yard’s a Mayfair, tutto era quasi pronto per l’apertura della mostra “Unfinished Paintings and Objects”. La galleria era di proprietà di tre figure piuttosto note nella scena underground londinese: John Dunbar (all’epoca sposato con Marianne Faithfull), Peter Asher e Barry Miles. Nei primi tempi la galleria aveva trovato il supporto di Paul McCartney, e l’astuto Dunbar, a caccia di finanziatori e di un pubblico illustre, invitò John Lennon – all’epoca ventiseienne e molto abbiente - a visitare in anteprima la mostra di un’incredibile artista giapponese. Apprendendo che si sarebbe trattato di un vero e proprio happening, con l’intervento di persone che si sarebbero presentate al pubblico all’interno di borse nere, Lennon accettò l’invito, pensando che avrebbe assistito a scene di sesso esplicito. Al suo arrivo, trovò, invece, degli studenti che davano una mano a sistemare gli ultimi dettagli e un'esposizione di oggetti alquanto bizzari: una mela in vendita a 200 sterline, una scala che conduceva a un dipinto appeso al soffitto con su scritto “Yes” in lettere minuscole, un’opera interattiva dal titolo “Hammer a nail in” (la gente era invitata a fissare chiodi su un pannello con l’ausilio di un martello) e altri bizzarri lavori.
Lennon non era pratico di avanguardia ma rimase impressionato dall’ironia e dalla positività che le opere di questa artista trentatreenne dal nome di Yoko Ono, che, nel presentarsi, gli porse un biglietto che riportava una sola parola: “breathe” (respira).
Nessuno dei due aveva la benché minima idea di chi fosse l’altro. La Ono aveva sentito parlare solo di Ringo, ma aveva frequentato ambienti ben diversi da quelli ai quali erano avvezzi i Beatles: figlia di un ricchissimo banchiere e di una pianista classica, in Giappone aveva frequentato rinomate scuole di musica e, trasferitasi negli Stati Uniti con la famiglia dopo la guerra, aveva poi sposato il compositore Toshi Ichiyanagi e, in seconde nozze, il musicista jazz, produttore cinematografico e promotore artistico americano Anthony Cox, da cui ebbe una figlia nel ’63. John Lennon, invece, era JOHN LENNON.
L’impatto di quell’incontro fu immediato: “Quella mia vecchia compagnia... Era tutto finito. Quando ho incontrato Yoko è stato come quando incontri la tua prima donna, abbandoni i ragazzi al bar e non vai più a giocare a calcio e non giochi più a biliardo. […] Una volta che ho trovato "la" donna, i ragazzi non suscitarono più alcun interesse in me, se non per il fatto che erano vecchi amici. […] La mia vecchia banda è finita nel momento in cui l’ho incontrata”.
Lennon all’epoca era sposato con l’adorabile Cynthia Powell e aveva un figlio (Julian). Gli ci vollero due anni perché abbandonasse la famiglia e quattro perché i Beatles si sciogliessero. Ma è davvero tutto imputabile a Yoko e di quel fatidico incontro di mezzo secolo fa?
Se è vero che la presenza ingombrante e quasi ossessiva di Yoko al fianco di John funse da catalizzatore nel processo disgregante che portò alla fine dei Beatles, è lo stesso McCartney, durante un’intervista del 2013 con David Frost, ad ammettere che la donna non ne fu la causa: “Sicuramente non ha fatto sciogliere il gruppo, il gruppo si stava sciogliendo. Quando è arrivata Yoko, parte della sua attrattiva stava nel suo lato avanguardistico, nella sua visione delle cose, dunque mostrò a John un altro modo di essere, che lo attraeva molto. Quindi per John era arrivata l’ora di andarsene. Se ne sarebbe andato comunque, in un modo o nell’altro”.
Anni fa, inoltre, fu la stessa Cynthia Powell a rivelare che non fu Yoko a porre fine al suo matrimonio con Lennon, ma l'amore viscerale dell'artista per la cantante Alma Cogan, di otto anni più grande di lui, con la quale strinse una relazione appassionata e che morì di tumore proprio nel ’66.
Figura controversa e odiata quasi per tradizione, la Ono ha rappresentato il cardine nella vita di uno degli artisti più rilevanti del secolo scorso ed è lecito (benché totalmente inutile) fantasticare su quel che sarebbe successo se quel fatidico 7 novembre Lennon non avesse accettato l’invito di Dunbar.