Creare la chitarra perfetta è un'impresa ardua. Se si pretende di reinterpretare o addirittura migliorare i grandi classici in un progetto unico e completo, si può dire che richiede anche una certa dose di arroganza. Così nasce, con un'accezione del tutto positiva, , che proprio nella sfida al mondo della liuteria elettrica tradizionale trova la sua ragione d'essere.
Lavori di fino possibili solo con macchine CNC, disegni inediti e soluzioni costruttive singolari creano un pezzo di made in Italy con un'anima tutta sua. Ne abbiamo approfondito la conoscenza proprio insieme a chi l'ha pensata, ingegnerizzata e realizzata, e vi raccontiamo insieme la Arrogantia.
Parli di un'esigenza particolare che ti ha spinto a lanciarti in questa avventura, quella di creare la chitarra migliore possibile. Da quali basi sei partito per avviare il progetto?
Le esigenze che mi hanno spinto a trovare una possibile interpretazione di "perfezione" (anche se questo è un concetto che rientra nella sfera della soggettività) e quindi inevitabilmente nel volermi costruire personalmente gli strumenti dei miei sogni sono scaturite dallo scontento nel possedere chitarre ultra blasonate, oltre che molto costose, che in realtà mi hanno sempre deluso in alcuni loro aspetti.
Da certi modelli non mi sarei mai aspettato difetti di costruzione così evidenti, vuoi per il prezzo pagato nell’acquistarli, vuoi perché credevo che una certa qualità fosse indiscriminatamente presente in quegli strumenti e che non fosse quindi necessario doverli “toccare con mano” per avere un certo prodotto, ma bastasse il nome per garantirmi un certo livello qualitativo, ahimè disatteso...
Così sono partito dalle mie esperienze (e immagino anche da quelle di molti altri), dai modelli più iconici Fender e Gibson, nonché da altri marchi rinomati quali Music Man, Ibanez e naturalmente dalla Red Special di Brian May, che considero "maestro spirituale”, pioniere, sperimentatore e indiscutibile genio.
Arrogantia è un nome che già dice molto. In effetti a vedere i tuoi strumenti hai davvero cercato di allontanarti il più possibile da tutto quello che c'era in commercio. C'è qualcosa che hai tenuto di qualche strumento che hai analizzato?
Col termine Arrogantia non ho voluto indicare un peccato nella sua accezione negativa, ma esprimere provocatoriamente la sua irriverenza nei confronti di chi già ce l’ha fatta, degli stessi strumenti che tanto mi hanno fatto dannare, ma preservandone (almeno l’intento è stato questo) i loro concetti fondamentali.
Dopotutto oggi, se si vuole provare a competere con strumenti di una certa caratura, un po' di "sana arroganza" è necessaria visto che per molte persone ormai tutto è già stato scritto, tutto è già stato fatto e nessun contributo è possibile apportare.
L’arroganza è un atteggiamento che per tutta la vita ho combattuto e che, non possedendola (almeno spero), mi ha fatto perdere alcune partite importanti, così ho voluto che lo strumento (impropriamente) ne fosse padrone. Credo che l’unico luogo dove dovrebbe esistere un po' di questa caratteristica sia appunto negli oggetti e non nelle persone e sono convinto che nell’ambito artistico si possa prescindere dai luoghi comuni e apprezzare l’idea di fondo. Anche i colori scelti del logo sono frutto di uno studio attento sulla loro psicologia, perché nulla, neppure questo, nel progetto Arrogantia è dato per scontato.
Comunque sì, ho voluto tenere molto stretto alcuni principi cardine degli stessi strumenti che ho nominato. Loro sono i veri eroi che, insieme agli artisti che li hanno suonati, hanno generato in noi, amanti di chitarre elettriche, le passioni che ci animano fortemente.
Delle Gibson ho voluto tenere la scala, per me la migliore, così come la tipologia dei legni usati per il body. Delle Fender ho voluto mantenere il legno del manico e fondamentalmente l’ingegnerizzazione della paletta (anche se con alcune personali rivisitazioni resesi necessarie per evitare i tanto, per me, odiati abbassa corde sui cantini). Delle Music Man l’importante scasso per l’avambraccio nonché la tipologia di legno della tastiera. Delle Ibanez la velocità del manico. Della Red Special la filosofia costruttiva generale, e così via.
Lavorazione a macchina o a mano, sul sito dedichi molto spazio a questo aspetto. Non credi che il lavoro a macchina snaturi l'artigianalità di uno strumento?
No, tutt’altro. Penso che l’ipocrisia non debba essere di casa qui nel mio progetto, per cui ho ritenuto doveroso dedicare molto spazio all’argomento senza cercare di nasconderlo.
La lavorazione a macchina mi permette di contenere nell’ordine del decimo di millimetro tutte le tolleranze delle lavorazioni necessarie al raggiungimento degli ambiziosi obbiettivi prefissati e soprattutto a garantirmi la loro ripetibilità nel tempo. Non dubito che ci siano liutai in grado di eseguire lavorazioni complesse e con la massima precisione, ma mettendomi nei panni di un cliente, vorrei che lo stesso risultato degno di nota ottenuto con l’ultimo degli strumenti realizzati fosse garantito anche col successivo senza sperare nella fortuna.
Dopotutto anche la lavorazione che impropriamente viene chiamata "manuale" vede l’utilizzo sostanzialmente delle stesse attrezzature che uso io, ma mosse dall’uomo e non dal computer. Qui bisogna che onestamente ognuno di noi si faccia un esame di coscienza e si chieda se la precisione di un controllo numerico (con tolleranze infinitesimali) possa essere paragonato a quella di un artigiano che, sebbene possa vantare magari esperienze decennali, la capacità di poter scegliere i legni più giusti o prendere decisioni più corrette, con estrema difficoltà potrà mai eguagliare la precisione di un pantografo CNC durante gli scassi di uno zoccolo assicurando un accoppiamento perfetto col suo manico, o il posizionamento al centesimo di millimetro dei pivot di un ponte così da garantire perfettamente l’allineamento del manico col suo body e così via.
Poi, se vogliamo disquisire se queste tolleranze possono o no essere determinanti in termini acustici o di suonabilità generale mi rendo disponibile al dibattito, però non credo si possa contestare che certe precisioni nelle lavorazioni siano proprietarie di questa tecnologia e che la credibilità di una lavorazione a controllo numerico possa essere sufficiente a trasmettere una percezione di altissima qualità. Basti pensare che conosco liutai che con mole rotative riescono a raggiare un manico in una ventina di minuti (con risultati che non sempre fanno gridare al miracolo) mentre il mio ciclo di lavorazione per la sola raggiatura del manico prevede circa cinque ore, con risultati sempre perfetti e costanti.
Tra tutti gli aspetti tecnici della Arrogantia, qual è quello che ti ha messo più in difficoltà in fase di progettazione?
Direi, in generale, quello del manico. Un particolare che lo rende un po' diverso dal tradizionale (oltre all’uso del carbonio di rinforzo e a un suo tacco molto più pronunciato rispetto a uno standard) sta nel fatto che la tastiera venga incastonata all’interno della tavola di acero marezzato del manico in modo che si crei un "binding naturale", senza che questo venga incollato in un secondo momento. Per realizzarlo è necessario che, durante la lavorazione della sede che accetterà la tastiera, la tolleranza di lavorazione sia inferiore al decimo di millimetro in modo che l’accoppiamento tra l’ebano della tastiera e l’acero del manico sia pressoché perfetto senza lasciare spazi vuoti (ottenibile appunto con l’uso di tecnologie CNC).
Questo dettaglio consente che non si percepiscano, come capita spesso nelle costruzioni tradizionali, i tagli lasciati dalle sedi dei tasti (a volte capita che col tempo, o le variazioni di umidità, la vernice all’interno delle stesse salti via lasciano un piccolo vuoto fastidioso al passaggio delle dita), ma nello stesso tempo non si deve ricorrere a un binding incollato per ottenere questo risultato. Diciamo che, oltre alla funzionalità, secondo me anche esteticamente ha un suo valore.
Hai scelto forme innovative ma materiali classici. Come mai non hai deciso di optare per materiali tipo alluminio, fibra di carbonio e materiali plastici?
In virtù della filosofia generale di progetto che prevedeva ambiziose iniziative ma rispetto della tradizione. Inutile perdere troppo tempo con l'uso di materiali alternativi (che a dire la verità non mi entusiasmavano affatto), che avrebbero reso forse ancora più estremo lo strumento ma probabilmente privato di una sua anima.
Da amante del legno e delle sue innumerevoli qualità non ho trovato risposte soddisfacenti in altri materiali. Con il legno si può ottenere una infinita varietà di sfumature acustiche ed estetiche, si possono accoppiare legni con caratteristiche o tagli differenti per raggiungere i propri obbiettivi senza scendere ad alcun compromesso. La natura è stata generosissima con noi, basta scegliere bene.
Immagino che il progetto sia in continua evoluzione. Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
Sì, naturalmente. Anche se il mio strumento lo considero una sintesi di tutto ciò che deve essere, non esito a realizzare varianti (mantenendo però fede ai principi costruttivi di fondo).
Recentemente ho realizzato una Arrogantia con ponte fisso e pickup attivi (un modello “entry level” se così lo vogliamo chiamare) e sto realizzando, in onore alla Red Special di Brian May che tanto mi ha condizionato nel corso degli anni, una sua rivisitazione in chiave Arrogantia, vintage ma non troppo, moderna ma non troppo: una... rossa speciale! |