di redazione [user #116] - pubblicato il 12 luglio 2018 ore 10:00
In un lavoro fatto bene, si parte dalle fondamenta. E così è anche in una sessione di registrazione: se si procede a tracce separate, le prime cose da registrare sono la batteria e il basso.
Eppure non è sempre così: per molti produttori e musicisti, lasciare il basso alla fine è l’opzione preferibile visto che riserva maggiori libertà d’azione. Abbiamo chiesto a Fabrizio Grossi, bassista e produttore dei Super Sonic Blues Machine cosa ne pensa.
Registrare il basso subito dopo la batteria è un sistema sicuro per garantire un’amalgama solida tra il ritmo e la melodia di un pezzo. Con il basso si cementifica l’armonia di un pezzo.
Questo quindi, appare un paradigma di lavoro certo e consolidato a patto che ci sia una preproduzione fatta e definita in ogni singolo dettaglio. Se musicisti e produttore sono perfettamente certi del risultato che vogliono ottenere e della struttura del brano, il basso registrato dopo la batteria funziona egregiamente.
Se però la produzione sta procedendo a step e si vuole lasciare un margine creativo aperto, registrare prima le chitarre può essere più vantaggioso.
Fabrizio in studio con Tony Levin
Il basso, come detto, chiude l’armonia: una volta suonato, gli accordi lo devono per forza assecondare. Viceversa, su una progressione di accordi, eseguiti magari con dei voicing che non mettano in gioco note troppo basse, è possibile variarne colori e atmosfera (senza stravolgerne il senso armonico) muovendo, cambiando e vivacizzando la linea di basso.
Nell’attesa di tornare presto su questo argomento con una lezione teorica e pratica dedicata, abbiamo chiesto a Fabrizio Grossi, la sua opinione a riguardo, spronandolo a dirci la sua tanto come bassista che come produttore.
Ecco cosa ci ha spiegato: