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Esperimenti alla scoperta del suono metal
Esperimenti alla scoperta del suono metal
di [user #17844] - pubblicato il

Affrontiamo in studio i cliché della chitarra metal rimescolando le carte per individuare la giusta alchimia per un suono classico ed efficace.
La chitarra metal è un universo sconfinato, ricco di sfumature e scuole di pensiero. Alcuni elementi sono però ricorrenti e permettono di individuare un certo tracciato da imboccare per trarre il meglio dal proprio setup.
Testate imballate come si deve, configurazioni di altoparlanti più disparate e l’immancabile equalizzazione a V sono gli elementi intorno ai quali ruota un esperimento eseguito in studio su alcuni dei riff più famosi del genere.
Ad accompagnarci nella carrellata di suoni e setup è una chitarra Jackson SL3X: 24 tasti, Floyd Rose e pickup ad alto output progettati da Seymour Duncan sono gli ingredienti giusti per una macchina metal da manuale, tutto in un prezzo decisamente accessibile.

Esperimenti alla scoperta del suono metal

Dagli anni ’70, attraverso i decenni successivi per i quasi 50 anni di storia che oggi le discografie heavy metal possono contare, il suono di chitarra si è trasformato in molteplici modi. Amplificatori in stile british o USA, valvole e transistor, circuiti dall’impronta trasparente poi colorata da catene di effetti o già altamente caratterizzati in partenza, sono molti i modi in cui si può identificare un “suono metal”. Noi non abbiamo voluto prendere a riferimento alcuna band in particolare, ci siamo invece concentrati su alcuni dei prodotti più diffusi sul mercato per individuare quale configurazione, col minor sforzo possibile, fosse più adatta a generare un sound credibile, spinto quanto basta e impiegabile in una varietà di situazioni.

Abbiamo individuato il primo anello nell’amplificatore. Sulla base di un singolo riff (“Walk” dei Pantera) abbiamo scelto una sola cassa a fare da piattaforma di confronto e le abbiamo alternato quattro amplificatori ben noti nell’ambiente.

Il cabinet è un 4x12 con coni Celestion V30 ripresi attraverso un microfono SM57. La configurazione è così diffusa da poter essere considerata, per certi versi, uno standard.

A questa abbiamo collegato in sequenza un Marshall JCM800, un Orange OR80, un Mesa Dual Rectifier e un Bogner Uberschall.
Il Marshall, discretamente utilizzato nei rami heavy più classici e spesso adocchiato dai giovani musicisti come un vero oggetto del desiderio, da solo non genera un gain estremo. Come per l’Orange, l’estrazione britannica si traduce in una buona presenza sulle frequenze medie e un certo ringhio, ma che da soli potrebbero non bastare per delineare un timbro convincente nel genere.
Sono agli antipodi il Mesa e il Bogner, con la loro riserva di distorsione ben più generosa e una naturale curva di equalizzazione che privilegia gli estremi di banda, con bassi rombanti e acuti incisivi.
In ultimo, abbiamo voluto applicare al tutto una leggera equalizzazione a V, emulando ciò che il musicista stesso potrebbe fare con un semplice equalizzatore a pedale al fine di spingere il carattere dei rispettivi amplificatori verso gli inconfondibili canoni dell’hi-gain.

Una volta individuato l’amplificatore che più ci ha convinto per pasta sonora, risposta al tocco e gain a disposizione, abbiamo provato ad abbinarlo a quattro cabinet diversi tra loro.
Per la testata, la decisione è caduta sul Bogner Uberschall, il riff scelto è “Down With The Sickness” dei Disturbed.

La tecnologia digitale ci è venuta in soccorso e, in studio, abbiamo potuto attingere a un ampio catalogo di Impulse Response per offrire una ripresa sonora il più trasparente possibile.
In sequenza, lo abbiamo provato sugli IR di un altoparlante da 8 pollici in stile Jensen, come quelli usati sui vecchi Fender, poi su un 12 pollici della stessa scuola, una cassa 2x12 Friedman e una 4x12 Marshall 1960.
Anche qui, in chiusura, abbiamo applicato un’eq a V di rifinitura.

Esperimenti alla scoperta del suono metal

Il Bogner Uberschall collegato a una cassa 4x12 Marshall con coni Greenback è la configurazione che più ci è sembrata adeguata al caso.

L’ultimo test vede il suono diretto proveniente dai microfoni paragonato poi con la stessa traccia passata attraverso un equalizzatore a dieci bande impostato per formare una V.
L’equalizzazione a V è spesso indicata come un elemento cardine in qualsiasi declinazione del suono di chitarra nel metal. Tra le ragioni possiamo senza dubbio riconoscere la maniera in cui il suono appaia più arioso, ingombrante su tutta la gamma di frequenze, ma senza accavallarsi sulle bande occupate dalle parti soliste, dal cantato o dai tamburi della batteria.

L’espediente della cosiddetta equalizzazione a V, più o meno evidente a seconda di casi ed esigenze, può essere paragonato a quello che molti costruttori di impianti audio applicano anche nell’hi-fi a uso domestico: una maggiore pronuncia sugli estremi di banda si traduce spesso in una sensazione di maggior volume e qualità timbrica, che nell’heavy metal si può interpretare come una chitarra più ingombrante, cattiva, spinta.

Sul nostro equalizzatore i bassi si ingrossano, gli acuti intorno agli 8k ricevono una leggera spinta e sono smussati sui 16k per evitare un timbro troppo frizzante. Il punto di maggiore attenuazione nella curva è sui mille Hz, in modo da tenere a bada tutta la mediosità e la presenza sonora che, in un riff puramente metal, rischierebbe di compromettere l’intelligibilità del mix globale.
Per la chiusura scomodiamo un classico del thrash: “Enter Sandman” dei Metallica.



Le strade da intraprendere per costruire il proprio suono preferito sono molteplici. La pillola che vi presentiamo è un suggerimento di “modus operandi” per scegliere la via che più vi convince, sempre seguendo l’istinto, i gusti personali e riservando alla ricerca tanto, tanto tempo.
chitarre elettriche il suono jackson sl3x
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di Sykk [user #21196]
commento del 05/03/2020 ore 08:54:21
Bellissima prova.
Da quello che sento alla fine si scopre l'acqua calda: JCM per hair Metal, Rectifier o Bogner per tutto quello dai Metallica in su.
La mia cassa preferita è la Marshall ma senza equalizzazione a V.
Poi il suono non poteva essere brutto con una chitarra gialla...
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di Pietro Paolo Falco [user #17844]
commento del 05/03/2020 ore 10:47:11
Eheheh, il sound del fluo non si batte!
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di therival [user #5160]
commento del 05/03/2020 ore 09:14:0
Bell'articolo, ieri sera ci ho passato due ore per trovare un suono che mi soddisfi pienamente senza la presenza eccessiva del gain che mi da un po' fastidio ma che va bene per i solo. Devo provare l'eq a V per vedere cosa ne esce fuori, di solito abbasso gli alti e un po' i medi ma credo che quello dipende molto anche da quali PU sono montati. Una cosa è certa, settare l'eq ti fa impazzire.
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di Runner [user #18481]
commento del 05/03/2020 ore 10:39:06
ma di solito, per "bucare il mix" non bisogna enfatizzare i medi? Forse perché nel caso del Metal le tastiere scarseggiano? E in caso di due chitarre si equalizzano in modo differente, una con l'apice della V un po' più verso i bassi e l'altra un po' più verso gli alti?
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di Pietro Paolo Falco [user #17844]
commento del 05/03/2020 ore 10:46:39
L'eq a V è uno degli elementi caratterizzanti della timbrica metal, ma come fai giustamente notare in certi casi può compromettere la presenza: per questo il discorso vale principalmente per le ritmiche mentre, nelle parti soliste, è più facile trovare suoni ricchi di medi (vedi le parti melodiche armonizzate degli Iron Maiden). Nel caso di due chitarre è facile trovare anche eq "complementari", dove una chitarra si occupa del muro di suono generato da una V più pronunciata mentre l'altra mostra più medi (e talvolta medio-alte) per compensare l'incisività e l'intelligibilità delle note.
Naturalmente parliamo sempre di fattori indicativi, che possono variare di caso in caso a seconda delle situazioni, dell'effetto che si vuole ottenere e dei gusti individuali.
Ma questo sarà pane per un prossimo esperimento :D
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di maxventu [user #4785]
commento del 05/03/2020 ore 11:57:21
concordo, la curva V tipica sui Mesa (oltre che sugli Hi-Fi domestici per ricreare quel caratteristico souno "da discoteca") sicuramente appartiene all'epopea metal '80 , direi soprattutto per certe parti ritmiche distorte fatte di bicordi "power chords" sulle corde basse; tuttavia molti guitar hero proprio di quel periodo (sto pensando ad esempio ad Holdsworth e a Gambale, che col mondo metal non hanno molto a che vedere ma sicuramente hanno influenzato "tutti" in quel periodo , basti pensare a Van Halen e Steve Vai) sono famosi per un sound che enfatizza le medie, e riduce le basse, quindi si può del pari pensare anche ad una V rovesciata, soprattutto per i suoni solisti con overdrive
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di fraz666 [user #43257]
commento del 05/03/2020 ore 11:43:29
per me l'ampli metal definitivo è il EVH 5150 III: versatile, trasparente, massiccio, con una botta paurosa per qualsiasi stile.
oppure per i generi più estremi il Randall Satan
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di Sykk [user #21196]
commento del 05/03/2020 ore 12:34:53
Ci sbavo dietro da quando è uscito al 5150 terza versione!
Se non avessi il Brave Raptor che è una sua versione semplificata e più piccola e leggera lo prenderei subito!
Il capostipite degli ampli con quella pasta sonora del resto è la SLO100.
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di Ged03 [user #37912]
commento del 06/03/2020 ore 20:00:5
Ti volevo fare i complimenti e ringraziare per la lezione...davvero molto utile!
Rispondi
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