Ci sono dei pedali che ho sempre con me, che sono imprescindibili e mi porto sempre appresso anche quando devo viaggiare e spostarmi nelle situazioni più snelle. Il primo è l’octaver che utilizzo in due maniere: o sommando il suono generato dal pedale a quello diretto del basso; o escludendo completamente il suono del basso e lasciando solo il segnale processato. Quest’ultimo ritengo sia uno dei più straordinari suoni di bass synth ottenibili!
Poi, sicuramente, un distorsore che può essere settato sia in maniera discreta, semplicemente per scaldare il suono e quindi con un livello appena accennato di gain oppure in maniera più estrema. In questo caso – dipende poi dal tipo di pedale – la distorsione diventa molto più aggressiva, impattante. Poi, benché non sia magari uno degli effetti più tradizionalmente utilizzati sul basso, io ho sempre un riverbero che per me, per la mia ricerca sonora e , Twinscapes o altri, è fondamentale.
L’ultimo pedale per me decisivo è il delay. In commercio ci sono un sacco di ottimi pedali che abbinano delay e riverbero. Nello specifico, il pedale che davvero mi porto sempre appresso è il Space Station della Digitech. Offre delay, modulazioni e riverberi con la possibilità di integrarci delle distorsioni. Lo ritengo talmente indispensabile che, dal momento che purtroppo è fuori commercio, me ne sono comperati addirittura tre!
Foto di Roberto Scorta
Premesso che non c'è nulla di indispensabile, i pedali che ritengo necessari per poter riprodurre la maggior parte dei suoni di basso e degli stili possibili sono: octaver (meglio analogico), overdrive (attenzione che non tagli le basse frequenze), modulazione, delay. Un misto tra pedali analogici e multi effetti digitali permette di avere molti suoni disponibili in poco spazio e senza una spesa esagerata.
Spesso sono un amante del Plug & Play. Per cui, quando la situazione lo consente, lascio che non ci sia nulla tra il mio basso e l’amplificatore o il banco nel quale entro. Però è decisivo vedere in quale ensemble devo suonare: che repertorio devo affrontare, in che tipo di produzione mi trovo coinvolto. In questo senso, una pedaliera o i singoli effetti, non solo ampliano le proprie possibilità espressive offrendo l’accesso a tante sonorità diverse ma possono, soprattutto, garantire la versatilità che queste situazioni richiedono.
Così, ultimamente, ho sintetizzato un set minimo che mi garantisca versatilità e una variegata tavolozza di suoni cui attingere. Gli effetti che prediligo sono un octaver, un chorus abbinato a un leggero riverbero e un delay, sempre utilizzato in maniera discreta.
In particolare, peculiare del mio approccio, è l’utilizzo dell’octaver che alza il suono di ottava e crea quel tipico sound solistico alla Metheny. Lo trovo ficcante per qualche piccolo intervento o – se il tastierista me lo consente prendendo lui in consegna le parti di basso –
I pedali che per me sono indispensabili sono: un octaver perché può aiutarci a irrobustire un riff o a far crescere un assolo; un pre/driver che aiuta a scaldare il suono o a saturarlo e un delay. Il delay può offrire buoni spunti creativi e, se settato in un certo modo, può fungere anche da simil riverbero.
I pedali sono entrati da poco nella mia vita musicale. Fino a qualche anno fa, avevo un approccio alla vecchia, ed entravo dritto nell’amplificatore. Poi, invece, ho iniziato ad appassionarmi all’idea di sperimentare con i suoni e ora sono davvero pieno di effetti a pedale. Alcuni li ho usati magari una solo volta, altri vanno e vengono dalla mia pedaliera ma tutti, sono il risultato della grande voglia che di sperimentare e divertirmi con i suoni, soprattutto in certi progetti. Chorus, Envelope, Flanger, Auto-wha…ne ho veramente una marea. Però se fra tutte queste tipologie di effetto ne dovessi individuare due, a pedale, che realmente sono imprescindibili, tanto in studio che live, per me questi sono un compressore e un pre che mi fornisca anche una sezione di overdrive.
Il compressore lo utilizzo in maniera garbata, appena aperto, perché non mi piacciono i suoni schiacciati e quindi non lo uso mai come limiter.
La sezione drive del pre, invece, permette di esaltare quelle frequenze, quelle armoniche che aiutano tantissimo nel mix. Ottengo quindi una leggera saturazione che non è necessariamente una distorsione, tanto che questo utilizzo non lo faccio esclusivamente in ambito rock.
Per me, dunque, è strategico utilizzare non un overdrive puro, ma un pre che abbia anche una sezione di overdrive perché mi permette di fare una cosa che amo, ovvero entrare nell’amplificatore con un suono già trattato. Quindi, avendo nel pre una sezione di equalizzatore, posso gestire con grande padronanza anche il blend, la miscelazione tra distorsione e suono pulito. Meglio ancora se poi, il pedale ha delle uscite separate, una per il distorto e una per il pulito che garantisco al fonico la possibilità di gestire le due voci separatamente. Questo tipo di attenzione sui pedali mi consente di entrare nella testata con un suono già praticamente finito e così, la maggior parte delle volte devo a stento toccare l’equalizzazione della testata.
Luca è un giovane e preparatissimo bassista con tante collaborazioni importanti: Atroci, Beatrice Antolini, Calibro 35...
Da pochissimo ha iniziao a collaborare con Accordo come tester di strumenti e didatta. Questo articolo era la migliore occasione per presentarlo e dargli il benvenuto.
Il pedale, forse più banale ma per me assolutamente fondamentale, è l’accordatore. Serve non solo per essere sempre perfettamente accordati ma per per accordarsi, direi compulsivamente, alla fine di ogni brano! Poi, imprescindibile, è possedere un distorsore che deve garantire un’ampia dinamica. Così anche a drive basso è possibile aggiungere carattere a sonorità pulite. Poi, anche se proprio non fondamentale, ritengo possa essere utile un buon compressore, per uniformare e bilanciare i suoni.
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