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Perché la buca a effe ha questa forma?
Perché la buca a effe ha questa forma?
di [user #17844] - pubblicato il

La buca - o soundhole - di uno strumento acustico è d’importanza fondamentale per la sua voce e il suo volume, e c’è un motivo preciso se la si fa a forma di effe.
Con l’avvento dell’elettricità e delle tecniche di microfonazione o elettrificazione, il modo di progettare una chitarra è cambiato rapidamente e nel profondo. Prima di allora, però, l’unico sistema per donare maggior volume a uno strumento era ottimizzare la cassa di risonanza modificandone misure, materiali, spessori e progettazione in generale. Uno degli aspetti più evidenti - letteralmente sotto gli occhi di tutti - è la buca, valvola di sfogo delle vibrazioni amplificate dalla cassa.

Ogni strumento acustico richiede un foro praticato nella cassa per consentire alle onde sonore di raggiungere l’ambiente circostante con maggior volume e il timbro migliore. Forma, dimensioni e posizionamento di tali fori sono cruciali per ottenere un risultato efficace.
Sulle chitarre classiche e acustiche, una buca tonda posizionata sotto le corde è considerata uno standard. Sulle chitarre a top bombato, jazzbox e semiacustiche in generale, sono invece di gran lunga preferite due buche a effe, posizionate ai lati delle corde. Tale disegno, col quale le archtop sono nate oltre un secolo fa, è giunto immutato fino ai giorni nostri e la sua storia non è casuale.



La chitarra archtop ha ereditato le buche a effe dagli strumenti ad arco.
Dai violini ai contrabbassi, gli strumenti acustici a tavola arcuata in ambito classico adottano infatti le buche a effe in maniera pressoché universale. Questi particolari fori lunghi e sottili - con due riccioli alle estremità e un “fiocco” in gola - devono il loro nome alla forma simile a una lettera “f” scritta in corsivo.

Perché la buca a effe ha questa forma?

La strada che ha portato alla buca a effe è stata lunga e graduale, ed è partita da un semplice foro.
Fino all’alto medioevo, gli strumenti antichi come la lira avevano infatti uno o più buchi circolari sotto le corde o ai lati. Si trattava del modo più immediato per consentire alle vibrazioni di uscire dalla cassa armonica.

Dopo l’anno mille, si registrano graduali transizioni verso progetti sensibilmente differenti. Tra il 12esimo e il 13esimo secolo la buca tonda si spezza a metà, i due semicerchi si posizionano ai lati del ponte con la parte piatta rivolta verso le corde: i liutai notano che una buca oblunga, non perfettamente circolare, genera più volume.

La superficie cava continua a ridursi nel tempo, ritagliando spazio dalla parte “dritta”. Questa indietreggia fino a raggiungere una forma a C nel 13esimo secolo.

La buca riceve per la prima volta delle primordiali “grazie” alle estremità tra il 15esimo e il 16esimo secolo. Ne è una testimonianza la viola da gamba, nata nel 15esimo secolo e rimasta pressoché invariata da allora.

L’avvento del violino, nel 16esimo secolo, pone i costruttori dinnanzi a nuove scelte e possibilità. La cassa più affusolata e sottile del violino poco si adatta alla tondeggiante C dei vecchi cordofoni del periodo di transizione, nonostante la forma fosse stata già assottigliata e slanciata e avesse ricevuto un’ulteriore grazia nel mezzo.
Qui le ipotesi circa il percorso che ha portato alla rivoluzione della moderna effe sono numerose.

Perché la buca a effe ha questa forma?

Secondo alcuni, i primi costruttori di violini si sarebbero limitati a sperimentare una nuova forma più aggraziata, rovesciando la porzione inferiore della C.

Secondo altri, la forma sarebbe un tributo al Duomo di Cremona, città legata a doppio filo alla storia e all’evoluzione degli strumenti musicali classici. In cima alla facciata della chiesa, infatti, è ancora oggi possibile notare due decorazioni a doppia spirale rovesciata, del tutto simili a buche a effe ma di gran lunga più antiche.

Perché la buca a effe ha questa forma?

Alcuni recenti studi dimostrano però che la forma è tutt’altro che un mero vezzo estetico.

Gli artisti del Rinascimento erano letteralmente ossessionati dalla sezione aurea, sequenza geometrica derivata dalla serie matematica di Fibonacci sulla quale si basano elementi naturali come la disposizione delle foglie su un ramo o la forma del guscio di una lumaca. Studi sulla sezione aurea sono alla base di opere architettoniche, pittoriche, finanche della moderna fotografia. E anche degli strumenti musicali.

Perché la buca a effe ha questa forma?

Stando ad alcune ricostruzioni, la forma della buca a effe deriverebbe dallo sviluppo di una sfera su un piano bidimensionale, come un’unica linea che ne percorre per intero la superficie con riferimenti alla sequenza di Fibonacci. Da qui la forma di due spirali contrapposte.

Secondo la leggenda, l’idea di una sfera scomposta sarebbe nata tra le mani di un liutaio intento a sbucciare una clementina in un’unica lunga striscia: una volta poggiata su un tavolo, questa prende esattamente la forma di una buca a effe. Non ci è dato sapere quanto ci sia di vero in questo racconto, ma l’esperimento è di fatto un modo facile e veloce per comprendere lo sviluppo della sequenza di Fibonacci applicata a una sfera.

Perché la buca a effe ha questa forma?

Sulla base di queste osservazioni, una squadra di ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) capitanata dal prof. Nicholas Makris ha provato a ricostruire la storia delle buche negli strumenti acustici e a scoprire così i segreti della misteriosa effe.

Secondo la pubblicazione, la forma a effe è in grado di generare il doppio del volume rispetto a una buca circolare come quelle adoperate sugli antenati del violino in uso fino al decimo secolo. La ragione sarebbe legata a precisi calcoli matematici e a leggi acustiche che possono essere semplificate con: “più allungato e sottile è il foro, maggior vigore avranno le vibrazioni in uscita”.

Una dimostrazione chiara di tale teoria è illustrata in questo articolo con le ricostruzioni della propagazione delle onde basate su un codice colore. È interessante notare il comportamento acustico della elaboratissima buca di un liuto.

Perché la buca a effe ha questa forma?

A oggi non è possibile stabilire se la nascita della buca a effe sia dovuta a una fortuita casualità o se sia il frutto di un attento studio sull’acustica, le forme e le proporzioni dei fenomeni naturali. La scienza ci conferma però che quel singolare ed elegante ghirigoro è di fatto uno dei mezzi più efficaci per amplificare uno strumento acustico fin dal Rinascimento. E, come si dice, squadra che vince...
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Link utili
Il prof Nicholas Makris
Lo studio su The Royal Society
La dimostrazione illustrata
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di Dinamite bla [user #35249]
commento del 25/09/2020 ore 08:20:1
Uno degli articoli per me più interessati degli ultimi mesi, complimenti!!!
Secoli e secoli di sperimentazioni, continui affinamenti, successi ed insuccessi, che hanno portato a forme di perfezione che ancora oggi si inseguono.. Peccato che poi arrivi il 2000 e i suoni li genera il pc, e ormai la musica non è più suonata, ma su questo non voglio fare polemiche, conosciamo bene l'era che, purtroppo, stiamo vivendo.
Solo una curiosità tecnica mi sorge. Nell'articolo viene citata la pubblicazione del prof. Makris: "la forma a effe è in grado di generare il doppio del volume rispetto a una buca circolare come quelle adoperate sugli antenati del violino in uso fino al decimo secolo. La ragione sarebbe legata a precisi calcoli matematici e a leggi acustiche che possono essere semplificate con: “più allungato e sottile è il foro, maggior vigore avranno le vibrazioni in uscita”.

Allora mi chiedo:
1 - come mai le chitarre acustiche non hanno le buche ad effe ma continuano ad utilizzare il "matematicamente errato" foro circolare?
2 - in mezza risposta alla domanda di sopra, le prime acustiche gibson effettivamente avevano le buche a effe, tuttavia l'esperienza pratica ci insegna che hanno un volume nettamente inferiore rispetto a quello di chitarre dalla forma paragonabile ma con buca centrale.
Rispondi
di Pietro Paolo Falco [user #17844]
commento del 25/09/2020 ore 09:36:59
Grazie!
La buca è solo uno dei numerosi aspetti che definiscono le caratteristiche di uno strumento acustico. L'avvento delle archtop si può localizzare in un periodo storico in cui le chitarre acustiche avevano una cassa molto più piccola, si veniva dalla chitarra classica e dal suo volume estremamente contenuto.
Una chitarra archtop dalla cassa mediamente piccola dimostrava un volume notevole in confronto a un'acustica flat top di pari dimensioni.
Quando l'esigenza di maggior volume si è fatta sentire, qualcuno è andato in direzione delle buche a effe, altri (Martin prima, poi tanti altri) hanno esplorato le possibilità di casse più grandi e corde in metallo. Il risultato è la nascita di due strumenti diversi, soprattutto per il timbro: l'archtop conserva tendenzialmente i bracing paralleli degli strumenti ad arco, le flat top reinterpretano il fan bracing delle classiche e nasce l'x bracing. Le tavole vibrano in modo diverso, l'aria lascia la cassa in modo diverso, e il timbro cambia profondamente.
Nel corso dei decenni, la flat top si è evoluta tantissimo sul piano acustico "unplugged", mentre la archtop ha trovato apprezzamento presso i chitarristi elettrificati, quindi anche la sua progettazione è evoluta di conseguenza: l'attenzione si è spostata verso il timbro caratteristico della categoria, unendo al contempo l'esigenza di ridurre il feedback sul palco. Per farlo, il volume viene messo in secondo piano e si diffondono i modelli dalle casse più piccole e meno profonde rispetto alle controparti flat top, con legni spesso laminati e bracing pensati per disegnare "quel" suono anziché per vibrare a tutti i costi.
Diciamo che, per avere un confronto equo, occorrerebbe paragonare una flat top e una archtop acustiche con casse il più simili possibile. Data la differenza progettuale dei modelli oggi in commercio, forse l'unica via è paragonare una parlor flat top o una OM a cassa più sottile dello standard con una archtop tipo Godin 5th Avenue o alcune Eastman dal piglio più retrò.
Rispondi
di Dinamite bla [user #35249]
commento del 25/09/2020 ore 09:43:13
Grazie per la risposta.
Io un confronto l'ho fatto un po' di tempo fa, tra una vecchia gibson L7 e la mia J35. La L7 ha una cassa importante, forse anche più grande della j35, ma il volume era nettamente - e dico nettamente - inferiore.
Quindi probabilmente, effettivamente come tu dici, è il tipo di costruzione che influisce sul volume.
Mi era sorto il dubbio perchè nell'articolo si parla proprio di buche ad effe capaci di "raddoppiare il volume generato" che è un'affermazione forte... il raddoppio del volume è tanta roba
Rispondi
di prada [user #19807]
commento del 25/09/2020 ore 08:53:47
Grazie davvero per aver postato questo articolo. Concordo che sia uno dei più interessanti degli ultimi mesi.
Pure io ho le stesse perplessità di DinamiteBla, chissà che amici liutai non ci possano fornire ulteriori contributi magari dettati dall'esperienza personale.
Rispondi
di nls [user #39288]
commento del 25/09/2020 ore 11:45:05
Ottimo articolo!!
Aggiungo una possibile variante alla questione del volume: il bracing va a braccetto con la forma del top, arcuato o piatto. Se non ricordo male, i top arcuati sono più spessi per questioni strutturali, ma potrei sbagliarmi.

@Dinamite bla: sai forse che bracing ha la L7 che hai provato? Gibson ha cambiato il bracing delle loro archtop acustiche da "cross-bracing" a "parallel bracing" intorno agli anni '40 per incrementarne la proiezione sonora. Trovo interessante che questa scelta, che pare incrementi i medio-alti tanto cari a chitarristi da big band come Grant Greene, faccia ad oggi preferire spesso le archtop di inizio secolo come la L5 (da sbavo) in quanto più bilanciate nello spettro sonoro.

Questione molto interessante comunque, complicata da variabili pressochè infinite...
Rispondi
di Dinamite bla [user #35249]
commento del 25/09/2020 ore 11:53:16
No purtroppo non ho idea.. era la classica situazione di ritrovo con gli amici del negozio di strumenti, e questa era una permuta presa in negozio, quindi non sono proprio sceso nel tecnico. Sinceramente non saprei nemmeno dire l'anno... Ricordo bene che il suono era bello, più da manouche, ma rimasi colpito dal volume, molto più basso di ciò che mi aspettavo.. Ma infatti credo che quegli strumenti vengano usati (se e quando) con i pickup flottanti, per lo più
Rispondi
di nls [user #39288]
commento del 25/09/2020 ore 12:02:14
Beh gran fortuna averne trovata una da provare!
Qui mi avventuro fuori dalla mia esperienza, ma ho anche sentito dire che le archtop acustiche devono essere suonate molto forte per andare "a regime" e sprigionare il loro vero volume (un po' ricorda gli ampli a valvole no? 🤔). Negli anni '40 il loro uso era soprattutto come accompagnamento in big band, quindi accordi swingati e niente fraseggi delicati come siamo abituati, quindi immagino fosse una scelta progettuale. Da quanto so il primo a cambiar musica fu Charlie Christian, che usò infatti i primi pickup.

Ribadisco che potrei sbagliarmi!
Rispondi
di nihao65 utente non più registrato
commento del 25/09/2020 ore 12:24:12
Complimenti, veramente uno degli articoli più interessanti che ho letto ultimamente
Bravo!!
Rispondi
di acif utente non più registrato
commento del 25/09/2020 ore 15:07:32
ma, sarà vero che la forma della buca influenzi veramente il volume dello strumento?
io a casa ho uno strumento acustico che non ha nessuna buca a F o rotonda, ma in quanto a volume asfalta qualsiasi chitarra acustica, sto parlando del banjo, che ha veramente un volume pazzesco.. tornando al design delle buchette a F mio figlio, che ha soli 3 anni, dice che le semiacustiche sono chitarre con i baffi, perché per lui le buchette a F le vede come un paio di baffoni;)
Rispondi
di Claes [user #29011]
commento del 26/09/2020 ore 11:36:35
F=baffoni - divertentissima questa!! Banjo: c'è pure un modello a 5 corde. 6 corde? Forse appoggia con troppa pressione...
Rispondi
di baluba67 [user #55360]
commento del 25/09/2020 ore 16:26:06
Anche se non direttamente riferibile alla chitarra, se non ricordo male, le grazie delle buche ad 'f' negli strumenti ad arco assolvono anche anche un'altra funzione pratica.
Sul violino le grazie centrali delle 'f' servono come riferimento visivo per il posizionamento del ponticello (che è solo appoggiato sul top) mentre le grazie superiori danno un riferimento per la centratura orizzontale dello stesso ponticello.
Come sottolineato nel testo, raramente anche i dettagli estetici sono privi di una qualche funzione quando il disegno di un oggetto risponde perfettamente allo scopo per cui l'oggetto è stato creato.
Grazie per l'interessante articolo!
Rispondi
di 61Ovation [user #31317]
commento del 25/09/2020 ore 17:58:47
Ottimo articolo! Complimenti! É sempre bello vedere che c’è’ qualcuno che desidera condividere sapere, informazioni, storia, GRAZIE
Rispondi
di theoneknownasdaniel [user #39186]
commento del 25/09/2020 ore 18:47:59
Articolo bellissimo e molto interessante! Sono ora curioso, con le macchine moderne fare un foro come quello del liuto dovrebbe essere molto più facie che in passato e dovrebbe permettere un passaggio maggiore di suono... ovviamente il bracing sotto alla tavola armonica ha anche il suo impatto.
Complimenti, non vedo l'ora di leggere ancora articoli di questo livello!
Rispondi
di cesco78 [user #1757]
commento del 25/09/2020 ore 21:04:23
Pietro, voto 10+
bravo
Rispondi
di Claes [user #29011]
commento del 26/09/2020 ore 11:37:21
+++++++++++!
Rispondi
di leoelle [user #45554]
commento del 26/09/2020 ore 10:53:32
Articolo come non se ne leggevano da un pezzo, complimenti.
Rispondi
di simonec78 utente non più registrato
commento del 26/09/2020 ore 14:26:5
Gran bell'articolo.
Rispondi
di superloco [user #24204]
commento del 26/09/2020 ore 15:13:20
molto interessante!
Rispondi
di alexus77 [user #3871]
commento del 27/09/2020 ore 09:53:10
Ha quella forma perche' in realta' si chiama buca ad S ed e' stata inventata da Jovanotti ;)
Rispondi
di Cukoo [user #17731]
commento del 29/09/2020 ore 17:21:43
Articolo interessante. Mi sono letto (lettura superficiale!) la 'Pubblicazione', che parte dalla constatazione che la cassa armonica amplifica (nella parte bassa dello spettro) in corrispondenza della risonanza di Helmholtz (o modo A0).
Mi diletto a costruire violini che hanno tutti un modo A0 a 240 Hz circa senza anima e 280 Hz circa con anima inserita (vicino al D terza corda).
Ho misurato in modo grossolano le risonanze di Helmoltz di qualche mia chitarra:
- Classica Hofner, legno massello con buca centrale da 86 mm: 95 Hz (F#-G sesta corda)
- Acustica Ovation, buca centrale da 100 mm: 110 Hz, esattamente alla nota A quinta corda.
- Elettrica Gibson ES 175, acero/pioppo laminato, cassa vuota e buche a ff: 120 Hz, B quinta corda.
- Elettrica Gretsch G5420T, acero laminato, cassa vuota e buche a ff: 210 Hz (G# terza corda).
La più strana è la Gretsch, che probabilmente deve la risonanza piuttosto alta alla dimensione super maggiorata delle buche a ff.
Penso che una acustica con buche a ff dovrebbe avere un modo A0 attorno al La (come la mia Ovation), e quindi le ff dovrebbero essere piuttosto sottili, stile Gibson.
Rispondi
di fraz666 [user #43257]
commento del 01/10/2020 ore 12:19:07
Molto bello questo articolo, complimenti.
E il caso vuole che proprio oggi mi sia arrivata una chitarra elettrica che la le F, ma solo disegnate :D (Ibanez PGM)
Rispondi
di Max Scarpanti [user #56093]
commento del 06/10/2020 ore 17:11:0
Interessante.
Complimenti a Pier Paolo Falco.
Rispondi
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