Ho fame.
Non è solo appetito il mio, è fame.
E’ facile giudicare, per voi che avete la pancia piena e al minimo segno di languorino vi catapultate nel primo bar o aprite quel ben di Dio che io non ho, che si chiama frigo.
Quando il mio stomaco vuoto si fa sentire, devo darmi da fare.
Resisto, resisto, resisto, ma poi arrivo a sera che qualcosa devo trovare.
Qualcosa mi devo inventare per non morire di fame.
Vai a lavorare, qualcuno dirà, ma di lavoro ce n’ è poco e quelli della mia razza, nessuno li vuole.
Dicono che non serviamo a nulla, che non sappiamo fare niente.
E io me ne frego, e vivo nell’illegalità.
Non ho documenti, non ho residenza, non ho mutua e pensione.
Vivo con i miei simili, loro mi accettano.
Nel buio, nell’ombra, siamo tutti fratelli e sorelle.
Sono le undici di sera, il sole è tramontato da qualche ora e i lampioni accesi illuminano le strade.
Ho adocchiato una villa immersa nel verde con un giardino stupendo, curato e decorato da fiori profumati.
Roba da ricchi.
Le luci accese mi fanno capire che qualcuno è in casa.
Il cane si gode il fresco e nemmeno mi sente.
La finestra leggermente aperta è un invito a nozze.
Entro.
Le note di “Ode to my family” e la voce di Dolores O’Riordan mi avvolgono e creano una suggestiva atmosfera, rarefatta, impalpabile.
In salotto non c’ è anima viva, la cucina è deserta. La tavola è ancora apparecchiata, ma che bravi, cenetta a base di crostacei e pesce.
Calici a stelo lungo in cristallo di Boemia, servizio di piatti Thun, candele accese sulla tavola, bisogna ammettere che non si fanno mancare nulla i miei amici.
Bravi, bravi.
Dalla camera da letto sento provenire delle voci, quasi sussurrate.
I due piccioncini stanno facendo sesso, si vede che i gamberi grigliati e innaffiati con una bottiglia di Chardonnay hanno avuto un effetto afrodisiaco.
Bella la vita, volete fare cambio con la mia, ragazzi ?
Dalle lenzuola di lino, leggere e stropicciate adesso si intravede un meraviglioso culetto abbronzato.
Il segno del costume, quel triangolo bianco che ha lasciato il perizoma mi abbaglia.
Ho l’ acquolina in bocca e mi fiondo su quel regalo della Provvidenza.
Scusami Cherì.
Pungo e succhio.
E’ un attimo, sto già meglio, la pancia è piena.
Patun!
Una ciabatta griffata Prada mi stende, mi spiaccica sulla tappezzeria provenzale dell’alcova.
A mia sorella è andata peggio, stecchita da una infradito sulla porta del gabinetto di una casa popolare.
https://youtu.be/Zz-DJr1Qs54