I primi ricordi sono confusi e sconnessi. L'arrivo a Milano di sabato ed il conseguente shock termico: dai 18 gradi di Palermo al gelo polare (a me è parso così) del capoluogo lombardo. La nebbia fitta, visibilità massima 5 metri. La mia ragazza, più debole e meno motivata di me non riesce a sopportare il freddo e si prende una bella influenza. Alle 20:30 di sabato sera il termometro segna 38°. Per la mia ragazza significa febbre, per me significa probabilmente niente shg. Con una premura inusitata le preparo da mangiare, la metto a letto e la imbottisco di farmaci più o meno legali. La mattina seguente la febbre è scesa, raffreddore e tosse ci sono ancora....nel complesso la poveretta non ha una bella cera. Mi propone di andare da solo, lasciarla lì, ma non posso farlo. Non sarebbe umano. Dunque la costringo a venire con me. Bardata con maglioni, felpe ed un piumino che la fa assomigliare sinistramente all'omino michelin la conduco al Quark che per fortuna è a cinque minuti a piedi dalla casa che ci ospita. Grazie ai biglietti acquistati in prevendita saltiamo agevolmente la fila all'ingresso e ci ritroviamo catapultati all'interno della hall. Ed eccola lì la santa donna, con il suo bel braccialetto e con i plettri personalizzati che immediatamente provvedo a requisire (non avrebbe che farsene). Io sono letteralmente in visibilio. Abituato alla pochezza ed all'assortimento inesistente della realtà isolana (con sparute eccezioni), mi sento come un bambino che per la prima volta vede i fuochi d'artificio. La trascino su e giù per le varie sale: "Questa è una pre CBS...", "guarda che capolavoro quella gibson", "questo è il corpo, questo il manico, meccaniche, ponte bla bla bla". Sui gradini della sala Pegaso si ammonticchiano fidanzate ed accompagnatrici stanche o, più probabilmente, dimenticate dai fidanzati.
Alla fine il virus ha la meglio:
Lei: "Non ce la faccio, torno a casa. Tu rimani...tranquillo!"
Io: (reprimendo a stento le lacrime)"Non posso abbandonarti, sola e malata...dai altri 5 minuti"
Lei: "No, dai...io vado a riposarmi un pò, non ha senso che tu torni con me. Quando ti ricapita più un occasione del genere?"
Io: (mentendo)"Lo so, ma tu sei più importante."
Lei: (intuendo la menzogna) "Speriamo"
Comunque non potrei mai lasciarla sola. Non sarebbe umano. Però lo faccio lo stesso. La accompagno a casa e mi rituffo nel sogno. Le ore volano, i risparmi pure. Rapidamente la mia borsa si riempe di un doppio od artigianale, cavi, plettri, capotasto mobile. Dopo circa tre ore dall'omissione di soccorso il rimorso trionfa. E non si dica che ho deciso di tornare solo perchè non avevo più un soldo: sarebbe un'accusa ingiusta, infondata e comunista. Torno a casa e lei dorme. La sveglio per mostrarle i miei nuovi giocattoli e per raccontarle tutto quello che si era persa. Ancora assonnata cerca di mostrarsi entusiasta. A breve la beatificazione.