di redazione [user #116] - pubblicato il 05 dicembre 2012 ore 08:00
Tale è la vastità dell’offerta e delle tipologie di prodotti presenti sul mercato, che redigere un sintetico vademecum per la scelta consapevole delle cuffie non è esattamente un compito immediato. Ciò nonostante, proviamo ugualmente ad aggiungere altre informazioni che andranno ad affiancare quanto detto sin'ora.
Tale è la vastità dell’offerta e delle tipologie di prodotti presenti sul mercato, che redigere un sintetico “vademecum” per la scelta consapevole delle cuffie non è esattamente un compito immediato. Ciò nonostante, proviamo ugualmente ad aggiungere altre informazioni che andranno ad affiancare quanto detto sin'ora.
Lasciamo quindi la parola a Fabio Marazzi. Fabio Marazzi è tecnico del suono residente presso Music Secrets di Gavirate (Varese). Diplomato al SAE Institute di Milano, ha arricchito il suo bagaglio tecnico lavorando per il teatro (sua fra le altre la regia della tournée "60 Anni in una Grande Rivista" de I Legnanesi) e per il video, curando la presa diretta e la sonorizzazione di diversi cortometraggi indipendenti. Da alcuni anni segue gli spettacoli teatrali prodotti da Emergency "Farmageddon" e "Stupidorisiko".
Da sempre appassionato di musica e collezionista di cd e vinili di ogni genere, ha studiato canto con Tommaso Ferrandina e Paola Fernandez Dell'Erba, partecipando a diversi musical e sviluppando ulteriormente la propria attenzione per la registrazione e la produzione delle voci. Oltre ai fader e alle lucette, ama pentole, mestoli, racchette da tennis, scrittori irlandesi e quarti d'ora accademici.
Come detto esistono differenti tipologie di prodotto, La divisione più visibile è senza dubbio quella fra cuffie propriamente dette (headphones) e auricolari (earphones).
Queste ultime per l’utilizzo, necessitano di essere posizionate nella cavità auricolare, esternamente nel padiglione (i classici “earbuds” dell’iPod) o direttamente nel condotto uditivo (i modelli cosiddetti in-ear o intra-auricolari).
Gli in-ear, concettualmente simili a dei tappi, offrono prestazioni eccellenti a livello di isolamento del rumore esterno e questo fattore, combinato al loro posizionamento, esalta la riproduzione (in particolare dei bassi) e rende necessario un minore volume per poter udire chiaramente. Di contro, per alcuni possono risultare scomodi, poco pratici (richiedono un minimo di pulizia) o poco sicuri per strada a causa dell’isolamento acustico.
Quello su cui voglio soffermarmi in questo momento, sono però le cuffie di tipo sovraurale o circumaurale, destinate sia allo svago che all’utilizzo professionale.
Le cuffie sovraurali sono progettate per appoggiarsi sopra al padiglione dell’orecchio, mentre le circumaurali, più grandi e più pesanti, lo avvolgono appoggiandosi sulla testa con l’imbottitura.
La differenza fra l’una e l’altra sta principalmente nel peso (più portatili e leggere le sovraurali) e nell’isolamento da e verso l’esterno (maggiore nelle circumaurali).
Esiste anche una ulteriore suddivisione, cioè fra cuffie aperte e cuffie chiuse.
Le prime hanno il retro dei padiglioni aperto, consentendo così al suono dell’ambiente di passare e a quello prodotto dai driver di uscire, con il risultato di una sensazione di maggior naturalezza, più simile a quella dell’ascolto tramite altoparlanti. Le cuffie chiuse invece isolano le orecchie dall’esterno e limitano fortemente la fuoriuscita in senso opposto. Questa caratteristica le rende particolarmente adatte all’utilizzo in sala di ripresa, in ambienti rumorosi e in situazioni in cui è necessario non disturbare. Di contro, a orecchie non abituate potrebbero sembrare un po’ innaturali e “scatolose” (termine tecnico), oltre a essere più stancanti rispetto alla versione aperta.
La stragrande maggioranza delle cuffie in commercio sono dinamiche, vale a dire che utilizzano una tecnologia a bobina mobile. In breve, il diaframma (cioè la membrana che, muovendosi, genera il suono) è collegato a un avvolgimento di materiale conduttore immerso in un campo magnetico.: Quando una corrente (cioè il segnale audio da riprodurre) viene fatta passare nel conduttore, si genera un campo che va a interagire con quello del magnete fissato alla struttura della cuffia, causando forze attrattive o repulsive che fanno muovere l’avvolgimento e con esso il diaframma.
Le cuffie dinamiche non sono, per caratteristiche costruttive, particolarmente lineari: la maggior parte dei modelli ha una risposta in frequenza piuttosto irregolare, ma esistono tuttavia anche modelli professionali relativamente flat e neutrali.
Esistono poi cuffie cosiddette elettrostatiche. Il diaframma in questo caso è caricato elettricamente e sospeso fra due armature perforate (per consentire il passaggio dell’aria), che quando attraversate da una corrente generano un campo elettrico. L’interazione fra i due, dipendente dalla polarità del campo (cioè dal segnale audio) causa il continuo movimento in una direzione o nell’altra del diaframma che può così generare un suono.
Le cuffie elettrostatiche, come per esempio le celebri STAX, offrono una fedeltà altissima, superiore a qualsiasi cuffia dinamica, sebbene abbiano dei limiti in quanto a volume massimo e a riproduzione delle basse frequenze. Inoltre richiedono un preamplificatore specifico, sono abbastanza delicate e il prezzo del setup è spesso proibitivo per la maggior parte delle tasche, considerata anche l’alternativa di molte cuffie dinamiche più che ottime.
Una interessante variante è quella ad armatura bilanciata. In sostanza un perno con avvolgimento conduttore, collegato al diaframma e capace di ruotare attorno al suo punto centrale è sospeso in un campo generato da un magnete fisso. Fornendo corrente, il perno ruota leggermente in una direzione o nell’altra (controbilanciato da sospensioni) muovendo quindi il diaframma. Questo tipo di tecnologia permette di ottimizzare il rendimento elettrico, le dimensioni e l’impedenza del sistema, tuttavia viene generalmente utilizzata solo per gli in-ear.
Ciascuna di queste principali tecnologie ha perciò determinati pro e contro. Non è tuttavia l’unico parametro da tenere in considerazione per la scelta.
Anche l’impedenza e la sensitivity sono importanti, entrambe vanno a influenzare il volume (pressione sonora) che le cuffie sono in grado di generare.
La sensitivity è per definizione l’SPL (sound pressure level) generato da 1mW di potenza in ingresso. L’impedenza determina quanto voltaggio è necessario per generare quella potenza.
In altre parole, le cuffie con minore impedenza e maggiore sensitivity saranno quelle dal volume più alto, rispetto alle altre a parità di segnale.
Una impedenza bassa (non più di 150 Ohm) è inoltre necessaria per l’utilizzo con apparecchiature di tipo consumer che lavorano a basso voltaggio.
Tuttavia, anche le cuffie ad alta impedenza (attorno ai 600 Ohm) hanno dei vantaggi. Lavorano meglio con alcune apparecchiature professionali (es. amplificatori, specialmente valvolari) progettate per lavorare con determinate impedenze e sono tendenzialmente meno soggette all’usura.
Le cuffie spesso sono commercializzate come ideali per un utilizzo o per un altro.
Esistono cuffie da dj, da studio, da casa, da sport e via dicendo. Aammettendo che il produttore sappia il fatto suo e non venda fumo, ciò che cambia da un modello all’altro sono la forma e la costruzione ma soprattutto la risposta in frequenza, modellata per venire incontro a diverse esigenze.
Le cuffie per l’ascolto disimpegnato e soprattutto quelle da Dj, presentano spesso una risposta in frequenza irregolare, enormemente enfatizzata sulle basse e dalla linearità variabile sul resto dello spettro, a seconda dell’effetto desiderato.
Una cuffia di questo tipo può risultare particolarmente appagante per chi gradisce ascoltare musica con bassi massicci e prepotenti o vuole avere un’idea di come un pezzo suonerà in un dance club: in ogni caso un’utenza che non ha particolarmente a cuore la fedeltà.
Le cuffie monitor o da studio invece - teoricamente - dovrebbero essere quelle con la risposta il più possibile lineare in modo da garantire la massima traducibilità dei mix su altri sistemi. In realtà, ogni cuffia suona in modo diverso e non ne esiste una totalmente priva di colorazione. Come con i monitor, l’unico sistema per lavorare efficacemente è imparare a conoscere il proprio ascolto, nei suoi pregi e difetti.
Esistono in ogni caso, nella moltitudine, diversi modelli che particolarmente si prestano a un utilizzo professionale e sono spesso in cima alle preferenze degli addetti ai lavori.
Per citarne una manciata, Beyerdynamic DT770 e DT880, Denon AH-D2000, Shure SRH840 e Audio Technica ATH-M50, le mie personali preferite per rapporto qualità/prezzo.
È da tener presente, leggendo le specifiche tecniche di una cuffia, che un grafico cartesiano frequenza-ampiezza perfettamente piatto, non è da considerarsi ideale. Una cuffia deve porre rimedio ad alcuni problemi contingenti, quali la vicinanza dei driver alle orecchie e l’incapacità di creare impatto a bassa frequenza così come farebbe uno speaker.
Per questo è normale che si trovi qualche dB in più sulle basse, attenuazione progressiva salendo verso le medio-alte e qualche picco positivo o negativo in alta frequenza per ovviare alle interferenze e alle cancellazioni causate dalla struttura della cuffia e dal padiglione dell’orecchio.
In commercio si trovano anche diverse cuffie cosiddette “con cancellazione del rumore”.
Questi prodotti, che sono attivi e quindi necessitano di batterie, utilizzano un microfono nei padiglioni per captare il rumore proveniente dall’esterno e riprodurlo, invertito di fase, mescolato alla musica. In questo modo il rumore proveniente dall’esterno e la sua copia in controfase si cancellano nell’orecchio, svanendo.
Bisogna però prestare attenzione. Questo tipo di tecnologia è adatto a cancellare i rumori continui, come quello del motore di un aereo, di un treno, di un macchinario, mentre risulta ben poco efficace nel caso di rumori variabili e improvvisi, come ad esempio voci umane o altri rumori non continui.
In conclusione, meritano una menzione i sistemi di cuffie wireless. In questo caso è bene prestare attenzione alla tecnologia utilizzata per la trasmissione dell’audio. Molti modelli economici utilizzano ancora gli infrarossi, cioè raggi di luce rossa invisibile che limitano l’utilizzo all’area in vista del trasmettitore e generalmente hanno una qualità audio scarsa.
Meglio va con le onde radio analogiche (RF), con le quali si può cambiare stanza senza perdere il segnale. La qualità di quest’ultimo tuttavia peggiora all’aumentare della distanza, causando il tipico “soffio”.
I sistemi più recenti, utilizzano tecniche di trasmissione digitali, dalle onde FM digitali al Bluetooth. Con questi metodi l’audio rimane essenzialmente perfetto finché si rimane nel raggio di azione, ma andando oltre il segnale inizia a “staccare” fino a sparire del tutto.