di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 05 aprile 2013 ore 07:30
La Stratospheric fa parte della serie Wine Guitar, una collezione di solid body realizzate interamente a mano e con legni ricavati da vecchi tini in castagno. La Liuteria Paoletti cura personalmente ogni aspetto dello strumento, dalle singolari finiture, le borchie e le placche metalliche fino all'avvolgimento dei pickup. Arricchito da un'elettronica più versatile del solito, l'esemplare in prova è il gemello della Stratospheric costruita da Paoletti per il chitarrista dei Bon Jovi Richie Sambora.
La Stratospheric fa parte della serie Wine Guitar, una collezione di solid body realizzate interamente a mano e con legni ricavati da vecchi tini in castagno. La Liuteria Paoletti cura personalmente ogni aspetto dello strumento, dalle singolari finiture, le borchie e le placche metalliche fino all'avvolgimento dei pickup. Arricchito da un'elettronica più versatile del solito, l'esemplare in prova è il gemello della Stratospheric costruita da Paoletti per il chitarrista dei Bon Jovi Richie Sambora.
Siamo abituati a vedere Stratocaster imbellettate con luccicanti finiture, oppure martoriate da anni di rock e martellate (vere o più spesso finte). La Stratospheric invece è qualcosa di diverso, abbastanza rustica ma con un che di raffinato. L’abbiamo affidata all’ottimo Michele Quaini per un test approfondito.
Le forme sono quelle che ben conosciamo, quelle sinuose e comode della Stratocaster. Certo però non passano inosservati gli accessori che, vistosi, la arredano dalla paletta fino al body. La Stratospheric fa parte della serie chiamata Wine Guitar, chitarre realizzate dalla Liuteria Paoletti partendo da botti e tini di castagno. Questo infatti è il legno utilizzato per il body. 130 anni spesi a stagionare in compagnia di ettolitri di buon vino hanno reso questa tavola davvero bella a colpo d’occhio. Venature enormi e in bella vista, perfino il grande nodo risulta gradevole e perfettamente intonato all’estetica dello strumento.
Per il manico, Fabrizio Paoletti ha selezionato dell’ottimo mogano dell’Honduras ed ebano per la tastiera a 22 tasti.
Meccaniche e ponte dorati Gotoh e Grover sono in perfetta sintonia con le borchie e il battipenna in ottone grezzo dall’aspetto rustico. Davvero interessante la copertura realizzata sulla paletta, che dà un aspetto ancora più aggressivo e ruspante alla Wine Guitar. Ai più attenti non sarà certo sfuggita l’incisione sul battipenna che riporta la scritta "Sambora". Già, perché la gemella di quella che abbiamo testato con Michele è da tempo nelle mani di Richie Sambora, che se l’é portata in giro per il mondo a fianco di Bon Jovi ma anche durante i suoi tour da solista.
Imbracciata, la Stratospheric rivela un peso bello consistente, ma non eccessivo, la si porta con disinvoltura senza fatica. Giusto qualche sorpresa al tatto dovuta al legno rifinito a olio che contrasta con il freddo metallo di borchie e battipenna. Tutto è al posto giusto, le forme della Strat regalano sempre confidenza, ci si trova subito a proprio agio aiutati anche dall’estrema morbidezza delle corde. Pur essendo delle .010 sembra di avere sotto i polpastrelli delle .009 molto morbide.
L’elettronica è però diversa da quella standard. Il secondo tono in realtà è un selettore a tre posizioni. Nella prima la chitarra si comporta come una normalissima Stratocaster con le canoniche cinque posizioni. La seconda invece splitta l’humbucher al ponte mentre la terza lo somma al single coil al manico. La Wine Guitar è equipaggiata di tutto punto con due single coil e humbucker della serie ’60 realizzati sempre a mano da Paoletti.
Il fatto di realizzare tutto artigianalmente è sicuramente un vanto e con curiosità abbiamo collegato la Paoletti all’amplificatore. I vari Di Marzio e Seymour Duncan ormai li conosciamo bene e avere a che fare con uno strumento del tutto nuovo ci stimolava parecchio.
Partiamo come sempre dal pulito, ambito dove le Stratocaster spopolano solitamente, non dimentichiamoci però del nome inciso sul battipenna.
Pickup al manico equalizzazione flat: ci aspettavamo un sound più sottile, più anni ’60. In realtà, pur restando in territorio vintage, questo single coil è pronto a ruggire, con un output sufficiente a increspare il clean con le pennate più vigorose.
Passando alla posizione due, ecco che il timbro diventa squisitamente Strat. Le basse diminuiscono lasciando più spazio alle medie e alte frequenze e siamo subito presi dalla voglia di abbandonare il plettro e suonare un po' con le dita, ma l'humbucker ci chiama, non fosse altro che per il look zebrato che fa subito hard rock.
Senza indugi schiantiamo il selettore in quinta posizione e anche senza alzare il gain il sound si fa già crunch, un output non esagerato per un humbucker ma in grado già di regalare soddisfazioni nelle ritmiche senza impastare il suono, ma non è certo questo il suo campo.
Ruotiamo la manopola e la goduria aumenta. Un filo di delay e ci si può già lanciare in qualche lick più solistico. Il suono è corposo ma resta garbato. La voce non diventa mai tagliente e fastidiosa, anzi mantiene sempre una certa rotondità.
Proviamo un po’ scettici a splittarlo. Gli humbucker dimezzati raramente convincono, anche qui non si ottiene certo il suono di un affilato single coil da Strat, però la possibilità di scremare un po’ di basse e rubare un po’ di gain con la diminuzione del volume può far gioco.
Interessante davvero la possibilità di sommare al ponte il pickup al manico. Sorprendentemente il sound ricorda, anche se non perfettamente, quello di una Telecaster in posizione due. La somma tra i due suoni così diversi permette di dare un sapore diverso alle ritmiche, un colore in più che si aggiunge alla tavolozza dei suoni a disposizione, il che non guasta di certo.
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Siamo giunti al momento in cui si tirano le somme e di somme appunto tocca parlare. Questa chitarra è, come ogni strumento di liuteria, un pezzo unico, realizzato interamente a mano. Questo si paga, ma i circa 3300 euro chiesti per la Stratospheric non sono esagerati, se si pensa al legno super stagionato e selezionato, i pickup artigianali e la possibilità di modificare a piacere l’estetica e la componentistica. Un ottimo pezzo di made in Italy che abbiamo spremuto a dovere (nella speranza di ottenere ancora qualche goccia di vino dal tino reincarnato nel body di una Strat).