Gli amanti delle pedalboard sanno quanto un piccolo accorgimento possa rivelarsi fondamentale per godere di una buona comodità d'uso o semplicemente per tenere più in ordine i propri effetti.
Ai patiti dei pedali, l'italiana Scream You Daddy offre una serie di patchbay appositamente progettate per avere sempre tutto al posto giusto e, perché no, rendere più vario il proprio cablaggio.
Si sa che parlando di pedalboard e di processing del suono le opinioni dei chitarristi sono estremamente varie.
Da chi oggettivamente esagera un po'...
... a chi, con furibondo purismo, ammette solo il binomio chitarra-ampli.
Sarà invece perché mi illudo di colmare in questo modo le orrende lacune della mia tecnica, ma a me processare il suono piace, e allestire pedalboard ancor di più.
Non che poi non le usi, ma quello che indubbiamente mi intriga di più è idearle, ripensarle, cablarle e rifinirle al limite della mania.
In passato ne ho presetate alcune su queste pagine: la , la , la .
Non ci vuole un mago per capire che sono però tutte orientate più al gusto maniacale per la simmetria, l’ordine o un design dalle linee pulite, piuttosto che alla ricerca del suono in sé.
Insomma, io sono piuttosto un’esteta della pedalboard. E come se ciò non bastasse, temo di essere anche un gossipparo di pedalozzi, visto proprio che non riesco a trattenermi dallo sbirciare nelle valigette altrui.
E, gossippando, una cosa che mi ha sempre colpito è la scarsa propensione dei chitarristi nostrani a inserire nelle proprie pedalboard quelle che, con una definizione non proprio esattissima, possono essere definite patchbay per chitarra (PB).
Le PB non sono altro che banali scatolotti di connessione, capaci però di mettere un po’ d’ordine nella catena degli effetti, ma soprattutto di consentire il posizionamento dell’ingresso per il cavo chitarra (IN) e dell’uscita per il cavo dell’amplificatore (OUT) sullo stesso lato della pedalboard.
Una cosa che può sembrare una banalità assolutamente non indispensabile, ma che invece risulta maledettamente comoda.
Ciononostante, ripeto, molto difficilmente le vedo inserite nelle pedalboard, forse perché rubano comunque un po’ di spazio, o forse perché snobbate in nome della essenzialità (e della economicità) del progetto.
Di conseguenza, le PB hanno scarsissima diffusione sul mercato, tanto è vero che – per quel che ne so – nessuno dei grandi brand di effettistica ne produce una.
Sul mercato statunitense si riesce a reperirne qualcuna prodotta da piccole aziende, dalla , prodotta fino a pochissimi anni fa ma oggi sparita dal web, alle numerose patchbays inserite nel catalogo della americana .
Tuttavia a me le PB Loop-Master, pur se decisamente a buon mercato, non piacciono. Sono troppo stitiche, troppo spartane e per di più potenzialmente gravate da balzelli doganali.
Girando in rete, invece, tempo fa ho trovato un laboratorio romano che mi ha favorevolmente colpito per l’estetica e la pulizia di realizzazione dei pedali, commercializzati col marchio SYD (Scream You Daddy) e che non esiterei a definire artigianali o "boutique", come oggi è più trendy dire.
Ho contattato il laboratorio – trovando il titolare disponibilissimo e competente – e alla fine ho ottenuto quel che cercavo: due patchbay realizzate secondo le mie specifiche e per di più con una grafica serigrafata accattivante ed estremamente curata.
Eccole.
Il
PB-2, il modello-base, si limita a distribuire le entrate/uscite jack della pedalboard. Il circuito è molto semplice, trattandosi di un semplice collegamento diretto di jack.
Nel mio caso è stata aggiunta un'alimentazione 9V DC, che tuttavia non sarebbe indispensabile, visto che gli sleeve dei jack potevano essere semplicemente collegati tra loro senza terra. Il produttore ha però consigliato di inserirla per l’opportunità di aggiungere una terra (per evitare rumorosità di fondo) e un positivo (per segnalare attraverso un LED il funzionamento del pedale).
Il
PB-1 aggiunge alle caratteristiche del PB-2 la possibilità di isolare il tuner dal segnale chitarra-effetti-ampli, che è cosa assai utile non solo per accordare lo strumento in assoluto silenzio, ma anche per neutralizzare l’assenza di true-bypass in alcuni accordatori.
Niente impedisce, peraltro, di utilizzare il pedale in modo diverso, per esempio per collegare una chitarra a due sistemi (come una DI e una catena effetti/ampli o a due amplificatori diversi).
Il circuito, lievemente più articolato, resta comunque semplice, con un collegamento tra In e Tuner o Send (a seconda della posizione dello switch) e il Return collegato direttamente ad Out.
L'azione sullo switch, grazie alla alimentazione 9V DC, determina il viraggio della luce del LED tra due colori (verde per catena effetti, rosso per tuner), in modo da riconoscere subito l'opzione attiva in un dato momento. Quando si è in una delle due opzioni, peraltro, l'altra viene mandata a terra in modo da isolarla totalmente.
Sia per il PB-1 sia per il PB-2 la realizzazione è estremamente ordinata, con l’impiego di guaine termorestringenti, per isolare i collegamenti a rischio di contatto, e di stringicavi, per aggiungere al lavoro un tocco di pulizia.
Nel mio setup, il
PB2 è inserito in una pedalboard minimale che comprende solo una Zoom Q3X e l’alimentatore Diago PS10 Micropower 9, quest'ultimo scelto per il fatto di poter essere fissato col velcro alla pedana, lasciando il minijack tipo Boss stabilmente connesso alla Q3X e collegando di volta in volta solo un cavo bipolare di rete.
In realtà, io suono nei ritagli di tempo, utilizzando ambienti della casa che devono essere rapidamente liberati da strumenti e pedalozzi. Mi viene particolarmente comodo, perciò, tenere i pedali montati in una pedalboard che mi consenta di mettere via tutto in un baleno, lasciando però i pedali stessi al riparo da polvere e incursioni domestiche. E ancor più comodo mi risulta non dover dipanare il filo dell’alimentatore di serie della Zoom né infilare il minijack in prese minuscole che, vista la presbiopia e l’artrosi lombare incipienti, quando cerco di raggiungerle si comportano come vergini pudiche, costringendomi a contorsionismi e alla ricerca a tentoni della presa mini, la cui integrità ovviamente non si giova molto dei suddetti smanettamenti. Se a questo, infine, si aggiunge che sul lato esterno della pedalboard trovo raggruppati l’IN e l’OUT per i cavi segnale, ne viene fuori che il gioco è fatto in tre soli movimenti.
Tutte cose di cui si può tranquillamente fare a meno, lo ripeto, ma che semplificano la vita.
Il
PB-1 sta invece all’inizio della pedalboard per acustica (lievemente cambiata dai tempi della sua presentazione su Accordo), dove l’impiego del PB-1 è analogo a quanto detto per il PB-2, ma con in più l’opzione tuner e con il segnale mandato così al TU-12 in assoluto silenzio.
Inutile dire che anche in questo caso quando voglio suonare o smettere, con i soliti tre movimenti di plugging-unplugging la pedalboard viene connessa oppure torna a fare la ninna.
Insomma, sono decisamente soddisfatto del mio acquisto.
Non ho scoperto la luna, ovviamente, né implementato un sistema all’insegna del risparmio. Ma tutto è ordinato e molto pratico, con un costo cumulativo dei due PB (che può diminuire ulteriormente e consistentemente se si rinuncia alle serigrafie) pari a quello di un unico pedalino di fascia medio-bassa.
Siamo in tempi di crisi, e i soldini escono dal portafogli con molti ripensamenti. Ma quante volte entrando in negozio spendiamo quasi senza accorgercene qualche decina di euro tra cavi, cavetti, mute di corde, supporti e plettri vari?
Un piccolo lusso, quindi.
Ma volete mettere l’azione terapeutica su ossessione, compulsione e GAS?
Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.