L'altra sera (7 luglio 2013) sono stato a sentire il concerto di Tommy Emmanuel al Baronissi Jazz Vestival (praticamente quasi sotto casa mia). Ci sono andato ovviamente con piacere, conscio del fatto che fosse un’occasione unica, forse irripetibile, di sentire e vedere dal vivo uno dei più grandi chitarristi acustici del mondo. E ci sono andato anche preparato, ovvero ricordandomi di una mia vecchia sensazione su Emmanuel: "è un grande esecutore, ma come compositore c’è qualcosa che gli manca". L'altra sera (sempre il 7 luglio 2013) questa mia vecchia sensazione è stata confermata. Anzi, dirò di più: è stata addirittura validata, nel senso che da ieri non è più solo una sensazione, ma una certezza. Tommy Emmanuel, in quasi due ore di concerto, non ha preso una stecca che fosse una: tecnica superba, velocità incredibile, virtuosismi di grande effetto. Però, non mi ha emozionato: mi sono molto divertito, ma non mi sono emozionato. Sapete che se si va ad esempio al circo, ci si diverte, mentre ci si può emozionare andando al teatro a vedere Kenneth Branagh recitare Shakespeare. Questa è una verità sacrosanta, e ieri mi è sembrata ancora di più tale.
Ed ecco giunti alla mia "sciabolata" forse irriverente, poco competente, ma istintiva: trovo che a Tommy Emmanuel manchino il lirismo, il pathos, la poiesis. Cioè non è James Taylor, non è Pat Metheny, e soprattutto non è Michael Hedges. Loro sì che emozionano, e anche tutti i chitarristi come loro: perché sono sempre irriverenti, imprevedibili, emozionanti e irregolari. Improvvisano certamente con i loro cliché, solo che non te li presentano mai come tali. Ti fanno partecipare al procedimento di genesi dello spettacolo, della trasformazione del mondo. Ti calano cioè in un mondo fiabesco, in cui le note si rincorrono alla ricerca dell’emozione propria e altrui. Tommy Emmanuel ha tutto – ma davvero tutto – per quel che riguarda la tecnica chitarristica. Ma almeno per quanto mi riguarda, non emoziona, non sa emozionare, e forse non scrive la sua musica per emozionare. Ovvero: ascoltate "Desafinado" cantata da Tom Jobin, con Toquinho e Vinicius de Moraes, oppure "Au Lait" suonata del Pat Metheny Group, e capirete che cosa intendo. Lì c’è emozione pura, oltre la tecnica. Tommy Emmanuel, almeno secondo me, si ferma giusto un momento prima di quella soglia.
Tanty Graffy a Tutty.
|