Cinque gli inediti, tutti cantati da Stills, con l'altra metà del materiale composta da cover affidate, a parte una, al più giovane collega.
A conti fatti, i brani originali risultano decisamente i migliori, uno su tutti "Don't Want Lies", forse la più vicina al sound CSN(&Y) e forte di una interpretazione splendida dell'ormai 68enne fondatore dei Buffalo Springfield.
Nonostante la voce graffiata e consumata dal tempo, l'espressività di Stills non ha infatti perso una virgola, adattandosi al contrario perfettamente a ruvidi blues come la title-track o la polverosa "Mississippi Road House" e rendendo convincente persino la cover di "Rockin' in the Free World" di Neil Young, che riesce a funzionare nonostante manchi dell'urgenza dell'originale.
Se si aggiunge anche la finale "Word Game", rabbioso inedito risalente agli anni '60 e riproposto spesso dal vivo ma mai registrato prima,
Can't Get Enough potrebbe apparire un disco "Stills-centrico". Non è così: la sua figura risulta certo prominente, ma la band suona come tale e il contributo degli altri membri è essenziale. La chitarra di Sheperd regala assolo roventi e la sua voce (il cui twang in certi passaggi non riesce a non ricordarmi Gary Moore), sebbene non straordinaria (su "Honey Bee" di Muddy Waters la differenza di carisma si sente) offre varietà e si disimpegna bene anche sulla curiosa cover di "Search & Destroy" degli Stooges.
Il vero collante del trio è però l'"uomo ombra" Barry Goldberg, autore di una performance meravigliosa nel colorare i brani e nell'entrare/uscire agilmente dalla luce del riflettore esattamente quando essi lo richiedono.
Con dieci originali, forse, avremmo parlato di ascolto imperdibile. Ma decisamente, con i tempi che corrono, ci possiamo accontentare (eufemismo) di questi tre quarti d'ora di blues-rock di classe, che lasciano per di più ottimisti nell'eventualità di un secondo capitolo.