E poi anche delle opinioni che Platone, Shakespeare e Darwin avevano espresso sul contributo che la musica, e il linguaggio naturale, hanno dato all’evoluzione degli esseri umani; di come ne hanno plasmato la sensibilità e l’amore per il concetto di bellezza, e per la sua descrizione e riproduzione.
Ma mi ero colpevolmente scordato che sabato eravamo a Napoli, posto in cui le chiacchiere intellettuali stanno a zero (quelle di tutti, non solo le mie), e l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Soprattutto, che l’imprevisto a Napoli entra di lungo e si mette di chiatto.
Nel nostro caso, l’imprevisto (formidabile per altro) di sabato ha avuto un nome e un cognome: Edoardo Bennato. Inizialmente era seduto dietro di me, fra il pubblico, e quando il nostro Gianni Rojatti lo ha invitato ad intervenire, si è schernito dicendo più o meno: “È meglio se non parlo.” Poi dietro l’invito gentilmente pressante di Alberto, ha deciso di intervenire. Ed ha raccontato, in modo divertente ma anche altamente empatico, quello che avete potuto ascoltare in streaming. Un intervento giustamente lungo, perché le cose che diceva erano importanti prese di posizione, e andavano documentate nel dettaglio. Il suo intervento è stato una fortuna per me, perché mi ha tolto quello spazio in cui avrei detto delle amene fesserie. Perciò, grazie a Edoardo Bennato, e non solo per le storie che ci ha raccontato.
E poi è arrivato Zard, e lì i tempi si sono allungati ancora di più, perché ne è nato un divertentissimo siparietto proprio con Bennato. Si è capito subito che in quel momento, in quel dialogo nonostante tutto cortese ed educato, si consumava l’ennesimo scontro fra chi fa musica e chi invece deve venderla; uno scontro che da sempre si nutre di domande spinosamente cazzute: ma quanto costa vendere l’arte? Chi ne decide il prezzo? E soprattutto, che ruolo hanno creatori, fruitori e intermediari di questo mercato? Chi è più importante?
Domande irrisolte, direi. E forse irrisolvibili. Fatto sta che per me si era fatto tardi, dovevo rientrare. Erano quasi le due, e per tornare a Salerno dalla Mostra d’Oltremare ci vogliono circa due ore (manco fossimo a 200 chilometri di distanza, ma Napoli fra le sue grandi difficoltà annovera anche il trasporto pubblico e l’assenza di parcheggi a costi umani). E ritornando indietro, mi sono detto che alla fine, dopo lo scontro fra i titani Bennato-Zard, potendo intervenire avrei detto questo:
"Ragazzi, non illudiamoci. Ci hanno messo in una scatoletta, un piccolo recinto, da cui sarà difficile uscire; e ci danno ogni tanto un po’ di mangime. La didattica, la cultura, la ricerca, i loro valore sul mercato, e la possibilità di far emozionare le persone attraverso percorsi culturali ben formati e validi sono oggi estremamente marginali per la filosofia neo-liberista (nemmeno tanto post-capitalista) che è ancora imperante nella nostra società contemporanea. Chiunque provi a fare cultura oggi viene trattato come un paria. Che sia un musicista, un impresario musicale, un docente universitario, un docente di conservatorio. Per cui, prima di andare a buttare la musica nei cessi dei conservatori (cit. Leo Ferré e Pelella), chiediamoci quanto guadagna un docente di conservatorio, e in che condizioni è costretto a lavorare, tutti i giorni lavorati dell’anno. Una vita che ti toglie la motivazione per fare tutto. E se continui a sentirti motivato, è solo per l’amore e la passione che hai verso la musica, e verso tutti quei ragazzi che vogliono diventare musicisti, accentando il più che fondato rischio di andare ad alimentare la schiera dei morti di fame italiani.
E concludo: farci la guerra, fra la guerra a noi stessi e fra noi stessi, è quindi un esercizio futile, sterile, controproducente, autolesionista. Perché non deve essere Zard il vero avversario di Bennato (così come non era Placanica il vero avversario di Giuliani): i nostri "nemici" sono altrove, fuori dal mondo della musica. Sono quelli che ci hanno messo nella scatoletta, nel recinto, e usano ancora oggi "Lehman Brothers" (ovvero un LORO errore catastrofico) per mortificare le intelligenze e le sensibilità di milioni di persone che vorrebbero vivere facendo cultura. Vivere, non sopravvivere."
Chiudo. Grazie Alberto per aver avuto anni fa tutte le idee che hai avuto e la voglia di sostenerle per tutti questi anni. Grazie a tutto lo staff di SHG per aver scelto di dare a Napoli una possibilità. Grazie ai ragazzi napoletani SHG tutti che hanno trovato il modo migliore per interfacciarsi alla grande con la realtà complessissima della loro città. E speriamo che a tutti voi non passi la voglia, e che torniate anche l’anno prossimo.
E poi: grazie anche a coloro che non hanno avuto il coraggio o l’interesse per venire a SHG di Napoli, perché in questo modo hanno aiutato ad evidenziare tutti i problemi di cui Bennato ha dato ampia testimonianza.
Tanty Graffy a Tutty