di FBASS [user #22255] - pubblicato il 08 luglio 2014 ore 11:00
Il pickup piezoelettrico è uno standard nel mondo chitarristico, ma il principio del suo funzionamento è sconosciuto ai più. Conoscerne la nascita è utile, soprattutto se ci si appresta a costruirsene uno da soli a casa utilizzando materiali di uso comune.
Il pickup piezoelettrico è uno standard nel mondo chitarristico, ma il principio del suo funzionamento è sconosciuto ai più. Conoscerne la nascita è utile, soprattutto se ci si appresta a costruirsene uno da soli a casa utilizzando materiali di uso comune.
La scoperta dell'effetto piezoelettrico risale all'incirca al 1880 a opera di Pierre Curie e Paul-Jacques Curie, che scoprirono dapprima l'effetto piezoelettrico diretto nel quarzo, cioè come generatore di segnali elettrici o scariche in caso di pressioni elevate (vedi i moderni accendini che generano scintille pari a quelle di una candela dei motori a scoppio di migliaia di Volt) e solo successivamente l'effetto inverso in cui il piezoelettrico funzionava da vero e proprio altoparlante. Ma già nelle radio degli anni 20 dello scorso secolo si utilizzavano auricolari piezoelettrici, seguendo l'ipotesi di Gabriel Lippmann. Tecnicamente parlando quindi la piezoelettricità, dal greco πιέζειν "comprimere", è la proprietà di alcuni materiali cristallini di polarizzarsi generando una differenza di potenziale quando sono soggetti a una deformazione meccanica, in caso d'effetto piezoelettrico diretto, e al tempo stesso di deformarsi in maniera elastica quando sono attraversati da corrente, nel caso dell'effetto piezoelettrico inverso. (fonte Wikipedia)
Quando si parla di piezoelettrico, a tutti gli appassionati di elettronica e di costruzioni radio e hi-fi (specialmente a quelli che hanno superato gli "anta") viene subito in mente una nota marca di testine utilizzate negli anni '50-'60, e anche precedenti, nei giradischi e fonovalige: la Ronette con una o due puntine, mono o stereo.
Bisogna anche ricordarsi delle prime capsule microfoniche che utilizzavamo per amplificare le chitarre acustiche e classiche in quegli anni, collegandoci all'ingresso Phono delle radio valvolari in uso, che erano di solito delle capsule della nostrana "Geloso". Il difetto principale che riscontravamo era una tendenza a esaltare le frequenze medio-alte e poco le basse, a cuasa dell'alta impedenza di questi trasduttori e microfoni, cosa che si compensava ultimamente con l'uso di preamplificatori a FET o MOSFET oppure, nell'uso diretto senza preamplificazione, realizzando il contatto diretto e stabile, mediante bi-adesivo, con la cassa armonica dello strumento da amplificare.
Erroneamente, l'uso di tali pickup, specialmente su chitarra, viene datato a inizio anni '80 con la comparsa delle Ovation e cloni vari e nei pianoforti della Yamaha (modello CP 70) a metà degli anni '70, mentre già alla pagina 38 del catalogo Gibson del 1962, c'era una chitarra classica: il modello C-1E.
Con il tempo si sono viste applicazioni dirette su strumenti quali mandolini, chitarre, ukulele e violini, anche in versione "silent" cioè privi di cassa armonica. Si sono visti poi ponticelli preamplificati da sostituire quelli esistenti, specialmente nei cordofoni a corde strofinate come violini, viole, violoncelli e contrabbassi.
Tutti questi strumenti hanno acquistato un ruolo di primo piano una volta amplificati, premettendo che vanno usati, come sopra accennato, degli opportuni preamplificatori ad alta impedenza d'ingresso per utilizzarli sia su singoli amplificatori sia sui PA da palco. Eccone l'evoluzione.
Chiudo con un breve filmato sul fai-da-te, sempre valido possedendo un po' di pazienza e buona volontà. Tuttavia, in ambito professionale adesso è invalso l'uso di inserirli direttamente nelle sellette dei ponti.