Tutti quanti conosciamo la storia e i modelli principali degli amplificatori Fender, ed è anche arcinoto che l’accoppiata chitarra-amplificatore marchiata Fender è un must del suono perfetto. Insomma, sembrerebbe che Leo Fender avesse concepito i suoi strumenti e il modo di come andavano amplificati alla stessa maniera. Ed è anche arcinoto che gli amplificatori della casa californiana sono stati presi a modello per la creazione e lo sviluppo di altri noti marchi dell’amplificazione della chitarra. Ma qualcosa succedeva dall’altro lato della strada, e per "altro lato della strada" intendo l’azienda rivale di Fender, ossia . In quel di Kalamazoo la produzione è sempre stata di alto livello, con chitarre di gran classe, rifinite al meglio, con endorser di tutto rispetto e una storia sempre brillante fatta di innovazione mista a classica tradizione liuteristica. Impossibile pensare che i vertici della Gibson potessero accettare che il 50% del risultato finale del suono delle loro chitarre uscisse dagli amplificatori dei loro rivali sul mercato dei grandi numeri. In effetti , con diversi modelli e tante tipologie di suono.
Il primo amplificatore marchiato Gibson risale al 1936 (pre-war!), quindi coetaneo della chitarra “elettrica” (lo virgoletto perché siamo in quel periodo storico dove si cammina su quel sottile filo che divide la chitarra elettrica da quella elettrificata). Per i guitar maniacs: pare si tratti dell’ampli usato durante i suoi esordi alla Chess Records da Muddy Waters e, se avete visto lo splendido film "Cadillac Records", lo noterete nelle riprese. Immediatamente dopo la seconda guerra mondiale fanno capolino i modelli della serie BR, dotati di un wattaggio che si aggira sempre attorno ai 15 watt, con un look, a mio parere, mozzafiato: a metà tra il mobile art déco e la televisione, un tripudio di modernariato. Scusate la digressione, ma anche l’occhio vuole la sua parte.
La linea più longeva e di successo è stata quella iniziata nel 1948, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, e protratta fino al 1967, denominata GA (Gibson Amp) più una serie di lettere aggiunte accanto all’acronimo iniziale per determinare gli eventuali optional: T per tremolo, RV per riverbero, RT o RVT per tremolo e riverbero, V per vibrato, L per la presenza di altoparlanti di marca JBL, e RET per la presenza del riverbero, del tremolo e dell’echo a nastro, orgasmo puro.
Vanno però pure menzionati gli amplificatori marchiati Les Paul, che era ovviamente di casa in Gibson: i modelli Tweed, quelli Stereo (anche loro con un look molto particolare e con delle disposizioni degli speaker innovative e vagamente simili a un mobile bar da salotto) e i modelli della serie LAB (nati dalla collaborazione con MOOG, azienda assolutamente innovativa per l’epoca), a transistor, largamente usati dal re del blues appena scomparso, mr. BB King (amplificatore che ho avuto la grandissima fortuna di provare personalmente, sto parlando proprio di quello di BB King in persona, durante il tour del 2002, e poter constatare che il suono caldo e pastoso veniva fuori anche grazie a quell’amplificatore che andava in controtendenza alla moda di sempre, ossia valvolare su tutto!).
Gibson vanta tanti modelli e una lunga produzione, eppure i suoi amplificatori non hanno avuto la stessa fortuna dei Fender. Di certo non erano prodotti da una piccola azienda indipendente, anzi! Non mancavano assolutamente le risorse per la promozione o lo studio in laboratorio dei pregi e dei difetti. Misteri del mercato probabilmente, ma anche una serie di motivazioni legate al momento storico di riferimento. Primo fra tutti i motivi c'è il prezzo: costavano di più, come tutti i prodotti di casa Gibson. Secondo motivo: come per le chitarre, furono assunti a modello per musicisti d’elite, un po’ snob per certi versi. Terzo: si dice che non fossero affidabili per l’utilizzo in tour, insomma si rompevano facilmente ed è il patron di Victoria Amps (Mark Baier) che sostiene che alcuni componenti erano veramente di bassa qualità, così bassa da rompersi durante le prime ore di utilizzo (e va anche detto che alcuni loro possessori ammettono che il cablaggio interno era fatto veramente in maniera sommaria). Quarto, secondo me molto plausibile: poca attitudine verso il rock n' roll (gli anni d’oro di questo genere coincidono con l’apice della produzione), forse perché Gibson restava strettamente legata al sound del jazz (infatti un luogo comune riguardo a questi amplificatori è che sono sempre troppo scuri, anche se io non ho sentito questo suono così imperante in quelli provati da me in questo articolo) o forse anche perché Fender, abilmente, promuoveva campagne pubblicitarie ricche di macchine, tavole da surf, colori sgargianti, che automaticamente imprimevano nell’acquirente il binomio rock n' roll uguale chitarra e ampli Fender. Di conseguenza diventarono amplificatori molto visti e usati nell’ambito del blues, ma le grandi platee vedevano i loro idoli sui palchi contornati da ampli di altre marche (basti pensare al boom di Vox quando i Beatles cominciarono a essere presenti su ogni foto e su ogni palco coi loro ampli, o Marshall con il successo di Hendrix).
Ulteriore conseguenza di questa mia personalissima conclusione va nella discontinuità della produzione e nella pigrizia in casa madre di rendere questi amplificatori appetibili al pubblico. Chiedendo in giro, consultando forum e gruppi di discussione, pare che un ampli Gibson lo si ama o lo si odia. Chiacchierando con due utilizzatori dello stesso amplificatore scopro che uno ne esalta il suono presente e brillante e l’altro lo boccia perché cupo e senza grinta.
Nel corso dei decenni, sono stati comunque in molti ad amare gli amplificatori Gibson. Billy Gibbons usa spesso un GA20, che è anche l’ampli preferito di Ry Cooder. BB King, come detto prima, ha fatto tour e registrato tantissimo con il suo Lab5. Mike Bloomfield aveva un Gibson GA 20-T sul palco del Newport Festival insieme a Bob Dylan, quello storico giorno che Dylan si spostò verso la musica elettrica (e di solito si accompagnava a un Epiphone Futura o ad altri ampli sempre di casa Gibson, come il Falcon). Scotty Moore, il chitarrista delle storiche sessioni alla SUN di Elvis, e anche suo braccio destro alla RCA e durante i suoi tour ma anche presente al suo ritorno alle scene nel ’68, usava spesso due Gibson, un GA 77-RV e un GA 400. Così come il bassista di Elvis, Bill Black, che nel tour del ’57 si affidò a un GA 90. E chiudo questa carrellata di nome con il padre della chitarra elettrica, ossia Charlie Christian, che usava collegare la sua Gibson ES-150 a un ampli Gibson modello EH-150. |