Nel 1965 Fender passa di mano. L'era moderna avanza e fior di imprenditori affamati di gloria e pecunia vedono il business nell'industria delle chitarre. Il rock è un fenomeno di massa che cresce in modo esponenziale. Grazie al beneamato Kennedy, gli States sono infognati fino al collo nella guerra del Vietnam, Nikita Krusciov "batte le scarpe sul tavolo" e la vecchia Europa punta tutto sull'Inghilterra che sembra essere una fucina di talenti inesauribile, mentre noi strimpelliamo Eko e Crucianelli. Il mondo sta cambiando in modo logaritmico e se ne accorgono anche in casa Gibson.
Negli anni a seguire parte una trattativa che si conclude con la cessione del nostro amato brand alla multinazionale ECL che vede a capo il signor Norton Stevens e la conglomerata CMI, il cui presidente è Arnold Berlin. Da qui Nor-Lin, prime lettere del nome di uno e ultime tre del cognome dell'altro.
Come sempre accade in questi casi, quando da una gestione di famiglia si passa a una multinazionale, i sentimenti vengono sacrificati nel nome del profitto. Per quanto ci si possa noi affannare a trovare il perché, la risposta come dicono gli americani è solo una: money talks. Da qui a dire che tutto fa schifo, però, ce ne passa. Di certo l'inizio dalla "Norlin era" porta con sé modifiche notevoli alla struttura degli strumenti. Questo però, incide tanto sul risultato finale? Vale meno o è solo diverso? E qui vi volevo!
Non ci dimentichiamo che si parla di chitarre elettriche, anzi nella fattispecie, mi si conceda, della chitarra elettrica più iconoclastica mai creata. Vi dirò di più: in un'epoca di riedizioni, è qui che arriva la vera novità.
Eh sì, amici cari, di fatto la Les Paul Deluxe è una novità.
Nasce nel '69, nel pieno del passaggio di consegne. Paradossalmente per risparmiare soldi e non avere rimanenze di magazzino.
Nel 1968 a grande richiesta viene reintrodotta la Les Paul, così come pensata all'origine, in una splendida livrea gold top oggi quotatissima e con gli immancabili P90. Narrano le leggende che le prime fossero ancora costruite con legni del '56 marchiati nel '68 e assemblati al volo per la grande reintroduzione. Fatto sta che a casa Gibson si fanno un po' prendere la mano e di fori per i P90 ne fanno una marea. Poi qualcuno si accorge che il mondo chiede humbucker, ma allora che fare con questa svalangata di Les Paul con i fori da P90? Colpo del drago: Abbiamo ancora dei cassetti pieni di mini humbucker per le Epiphone: Crestwood, Riviera Wilshire eccetera. Con una bella cornice crema vanno su che è una meraviglia e così, intanto che si riorganizza la catena di montaggio, abbiamo un prodotto fresco fresco per il mercato affamato di rock.
La primissima edizione esce nella metà del '69 ed è di fatto come la '68 con la sostituzione dei pickup. A dicembre la "stretta di mano" suggella la vendita e dà il via alla nuova era. Vi dico subito cosa cambia, prendete nota: Il manico diventa definitivamente in tre pezzi (le prime prove si fanno già nel '67 su alcune SG), alle spalle della paletta compare la scritta made in USA e la discussissima voluta, questa volta nella sua versione definitiva. "Come definitiva?" Direte voi. Sì amici, definitiva perché dopo il fatidico 1965 a casa Gibson si sperimenta molto e, dato che un super classico era la rottura della paletta, la nostra cara voluta sarebbe servita a rinforzare i manici nei punti più deboli, ed è così che in alcune si vede un bozzettino che non ha ancora la dimensione definitiva e che viene confidenzialmente chiamato "Mosquito bite", poiché la forma ricorda il ponfo della puntura di una zanzara. La mazzata finale però è sul body, dove per ottimizzare i consumi di legno compare il famigerato pancake, che consiste nel segare a metà il corpo come un panino e metterci in mezzo una fetta di acero, con il risultato di non aver più bisogno di grossi pezzi di mogano per fare la chitarra. Incide sul suono? Forse. Di sicuro piace meno.
Di buono c'è però che, visto che anche il top viene fatto con più pezzi, la chitarra è un tetris di pezzi incollati di una stabilità mostruosa. Si storcono meno i manici e risente meno dei cambi di temperatura.
I nuovi accorgimenti dividono i fruitori del marchio in due fazioni, chi la ama, chi la odia. Poi isolati i neutri, che suonano con tutto, dalla cigar box guitar alla Super 400 fatta a mano senza preoccuparsi troppo. Se devo essere sincero, io tendenzialmente appartengo a questa categoria, ma è meno divertente. Veniamo quindi alla nuova bimba risalente al 1970 che è da pochi giorni a casa e ancora si sta ambientando.
Non c'è che dire, ce le ha tutte: voluta, pancake, manico in tre pezzi, mini humbucker... e suona da paura!
È tutta originale, astuccio incluso, uniproprietario. Un sogno. Come dicono negli States: She's got lots of mojo!
Il mini al manico ha una voce tonante che passa con estrema disinvoltura da un suono hendrixiano alla "Spanish Castle Magic" o "All along the watchtower" a un suono alla Mike Bloomfield nelle Super Session. Quello di sotto ruggisce ma non come un leone, come un puma. Ha una pacca da rock sudista alla Gary Rossington, ma basta differenziare la dinamica della pennata mentre lo suoni che ti diventa twangoso da commuovere anche Roy Buchanan. In accoppiata, se li spari in una plexi a palla ci potresti fin fare del metal. E sapete qual è il bello? Che il suono è più ciccio dei single coil, meno di un humbucker, ma non come pacca, bensì come timbro, e tutto quello che fa, lo fa a modo suo, senza copiare nessuno.
Il bello del mini humbucker è proprio nel suo timbro: corposo, definito, versatile, potente ma non invadente, adattissimo a una sala di incisione con dei puliti rotondi che ti disorientano, perché non è come nient'altro che hai provato prima, e un crunch pastoso e presente. Insomma niente a che vedere con il solito suono di humbucker a cui bene o male siamo abituati.
È una chitarra meravigliosa con un sex appeal da paura, cicatrici di un vissuto di quasi mezzo secolo in locali fumosi. Il gold top è scuro e screziato e nella zona dove si appoggia l'avambraccio. L'oro, consumandosi, ha lasciato che il verderame dell'ossidazione formasse una specie di disegno che ricorda il delta di un fiume. Sotto esce l'acero vissuto del top. Anche il mogano è bello conciato, proprio come piace a me. Che la ragazza si sia data da fare è fuori discussione.
Quando l'attacco al mio tweed custom ha un sutain e un attacco di classe superiore. Ruggisce, miagola, fa le fusa ma, se la stuzzichi come si deve, graffia! Quasi quasi mi piace più della mia Black Beauty del '71... ops, mi è scappato... questa è un'altra storia.