La SP6 è uno strumento particolare, lo riconosciamo. Così come tutti quelli prodotti dalla , prestigioso laboratorio di Scottsdale, non si accontenta di rifarsi a un modello, prendendone le caratteristiche principali e portandole all’ennesima, prende quelle di DUE modelli perché, si sa, l’unione fa la forza.
Nel caso della SP6 a unirsi in un ibrido quanto mai interessante sono le forme tondeggianti di una Les Paul Special, da cui oltre alla sagoma del body e il profilo cicciotto del manico, eredita anche la scala da 24,75’’ e la paletta (opportunamente modificata) con meccaniche 3+3.
I legni e l’hardware, però, sono quelli di una Telly. Il body in alder, ontano, e il manico avvitato in acero sono esattamente quelli che ci aspetteremmo dalla vecchietta di casa Fender. Uniti al palissandro della tastiera a 22 tasti, al ponte e al plate dell’elettronica, regalano un mix che sulle prime può spiazzare, ma che ci piace.
Inutile dire che ogni dettagli è realizzato con materiali di qualità assoluta. L’elettronica non è da meno ed è affidata a Lindy Fralin. I due single coil scelti per la SP6 sono il T (al ponte) e il P90 al manico. I nomi sono già abbastanza eloquenti e non serve specificare altro.
La SP6 è uno strumento ben più che di fascia alta. Fa parte della serie Alt De Facto, la serie più fortunata della Fano, che esprime al meglio la loro visione del mondo della chitarra elettrica, quella in cui i più grandi liutai del passato si uniscono per mettere assieme le loro idee creando quelli che per noi sono degli ibridi, ma che sarebbero potuti diventare strumenti di serie. Il tutto, ovviamente, è realizzato per essere professionale e performante. A dispetto dell’estetica vintage e (spesso) relic, le geometrie sono moderne e comode. Il radius compound (10’’ sui primi tasti e 16’’ sugli ultimi), unito ai tasti Jascar 6105 rende la SP6 perfetta sotto le dita. Le corde morbide, merito della scala corta, fanno il paio con un manico abbastanza cicciotto, anche troppo magari, ma comunque comodo.
Ora togliamo lo standby dalla Marshall Plexi e diamo fuoco alle polveri. La prima cosa da stabilire con questo strumento è (come per la storia delle zebre bianche e nere o nere e bianche) se è una Telly vestita da Gibson o viceversa. Bastano due pennate vigorose per capire che l’anima della Fano appartiene a Les Paul. I pick up, con un output generoso, spingono subito le valvole verso un crunch deciso e carico di bassi, soprattutto quando si attiva il P90 al manico. Il T al ponte è ben bilanciato, non sfigura a confronto, ma si carica di quella voce metallica, più carica di acuti, che solo una Fender sa regalare.
Certo, non sa mettere in campo il vero twang che ci si aspetterebbe da una Telecaster, però riesce a spaziare tra sonorità sconosciute a entrambe le chitarre a cui si ispira.
La Fano è uno strumento con un prezzo non certo economico, supera abbondantemente i 3500 euro. È però una chitarra che regala davvero un sound inaspettato, grosso e potente. Sarà difficile trovarla appesa nel negozio di fiducia, ma se vi capita a tiro provatela ne conserverete un gran bel ricordo. Michele se l’è messa in rastrelliera e la vedrete spuntare spesso nelle nostre prove.
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