di Ale_gtr [user #24327] - pubblicato il 16 maggio 2017 ore 17:30
Che cos’è un accordo? Come può essere definita l’armonia? Sicuramente tutti saprebbero dare una risposta più o meno tecnica a queste semplici domande. Se però proviamo per un attimo a mettere da parte le conoscenze musicali per concentrarci sul significato generale di questi due termini, salta all’occhio facilmente come entrambi indichino lo “stare bene insieme” di due o più elementi.
Trattandosi di musica gli elementi in questione sono ovviamente i suoni; quando tra due o più suoni c’è “accordo” significa che hanno un effetto gradevole all’orecchio, cioè un effetto “armonioso” (concetti che naturalmente sono mutati a seconda del momento storico e degli stili).
Anche se oggi intendiamo le triadi come un “blocco” di tre suoni, è il movimento delle singole voci che, creando ciascuna una propria linea melodica, fa “scorrere” una successione armonica. Prima che entrasse in uso il sistema tonale, le note Do-Mi-Sol non erano viste come un’unica entità che prendeva il nome di Do maggiore, ma tre voci che intonate insieme producevano un effetto gradevole all’orecchio. Era l’epoca del contrappunto.
Oggi vorrei provare a pensare agli accordi secondo questa prospettiva e partire da una linea melodica (in questo caso al basso) per ragionare non in termini di block chords (secondo la terminologia anglofona) ma di sovrapposizione di linee melodiche (relativamente) indipendenti.
Per questi esempi ho preso spunto da un testo sullo studio del contrappunto intitolato Gradus Ad Parnassum (risalente al lontano 1725). Ho preso qui in considerazione solamente il caso più semplice, cioè quello in cui le voci procedono omoritmicamente (cioè con lo stesso ritmo). Così facendo non mi sono allontanato poi molto da quello che facciamo regolarmente nello strumming leggendo la sigla di un accordo, solo che stavolta viene messo al microscopio quello che succede all’interno degli accordi. Partendo dal presupposto di creare “buone” linee melodiche (il che significa procedere perloppiù per moto congiunto o con salti non troppo ampi), quando il risultato viene riportato così com’è sulla chitarra, ci si trova di fronte ad alcune diteggiature piuttosto inconsuete per il chitarrista rock. Roba da chitarra classica.
Gli esempi seguenti sono costruiti a partire dalla stessa linea di basso che con l’aggiunta di una seconda voce porta a questo risultato:
Es.1
Ho evitato di utilizzare le TAB per non cadere in tentazioni che, mi sembra, sarebbero andate in qualche modo contro l’idea iniziale di “vedere come si muovono le voci”.
Con l’aggiunta di una terza voce:
Es.2
La seconda voce non è qui la stessa dell’esempio 1, ma adesso possiamo riconoscere ad ogni verticalità una triade completa che, ricorrendo alle sigle, ci porta ad ottenere una successione di questo tipo:
| Dm | F | C/E | Dm | E°/G | F | Am | Gm | Dm/F | C#°/E | Dm ||
Infine con le quattro voci:
Es.3
Con quattro voci gli accordi rimangono comunque triadi, con il raddoppio di uno dei suoni, ma la successione di accordi appare leggermente variata rispetto a prima:
| Dm | Dm/F | C#°/E | Dm | Gm | F | Am | G | Dm/F | C#°/E | D ||
Mentre nell’esempio 2 l’accordo conclusivo era privo della terza, qui a conclusione viene utilizzato un D maggiore, ricorrendo alla cosiddetta terza piccarda con cui si rende maggiore l’accordo di tonica a conclusione di un giro armonico in modo minore.
A questo punto mi sono allontanato dal testo preso inizialmente a riferimento per fare un esperimento, inserendo i bicordi dell’esempio 1 come voci superiori (alle volte con un’ulteriore nota nel mezzo) all’interno di una successione armonica più complessa, cioè non limitata alle sole triadi ma che utilizza accordi alterati o estesi che rendono il senso tonale più nebuloso in favore di una modalità dal sapore decisamente fusion:
Es.4
In questo caso gli accordi sono 12 (nei precedenti esempi erano 11), l’ultimo dei quali è un’aggiunta introdotta semplicemente per chiudere il circolo e ritornare al Dm iniziale e sono tornati ad essere “blocchi”, con una condotta delle parti decisamente meno rispettosa del galateo contrappuntistico, in favore di un approccio più “strumentale” (ho infatti suonato gli accordi direttamente sulla chitarra, avendo in mente gli intervalli iniziali).
Naturalmente una cosa non esclude l’altra e non voglio certo proporre una graduatoria su quale sistema sia il migliore (in realtà ogni genere e ogni stile sceglie quello più funzionale al suo linguaggio), ma credo che anche per chi decida di rimanere incondizionatamente fedele al giro di Do in posizione aperta possa essere interessante ragionare fuori dagli schemi di tanto in tanto.
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