In relazione ad alcuni diari comparsi in merito, mi piacerebbe dire il mio parere sul tema:
I briganti.
Non è vero che fossero quei personaggi mitici usciti da una favola come molti raccontano, non è vero, sono tutte fandonie, in realtà questi personaggi sono stati idealizzati ad arte e, se volessimo fare un paragone potremmo abbinare la loro storia al mito del cow-boy texano: un mito per tutti, ma nella realtà un bovaro ignorante e dallo stile di vita molto stentato che però grazie alla trasposizione cinematografica ispiratasi ad alcuni di questi che diventati fuorilegge, rapinatori e assassini si crearono una fama che ben si addiceva alla costruzione del mito cinematografico.
I briganti in realtà erano figli del popolo che macchiatisi di qualche crimine (normalmente omicidio) si diedero alla macchia, i più abili nel nascondersi resistettero a lungo prima d’essere arrestati dalla polizia e giustiziati. Quelli più intelligenti riuscirono anche a creare delle vere e proprie bande con cui facevano razzie nei villaggi e rapine ai viaggiatori dell’epoca, niente di mitico quindi, solo dei semplici piccoli criminali oh… briganti appunto.
L’ingresso nel mito è dovuto esclusivamente all’avvento dell’Unità d’Italia perché, mentre prima i briganti erano perseguitati dai signorotti del luogo, con l’avvento dell’Unità d’Italia e la presenza delle truppe piemontesi al centro sud, i nobili signorotti vedevano messa in grave pericolo la loro egemonia, il potere che avevano di gestire la giustizia sulle popolazioni locali e quindi, chi meglio dei briganti poteva combattere la presenza dello stato, del nuovo stato in quei luoghi? Ecco che allora per i briganti si aprì una stagione d’oro, grazie alla sponsorizzazione dei nobili signorotti potevano vivere una vita ricca e abbastanza protetta, protetti dal popolo che li vedeva come i veri combattenti contro il nuovo ordine costituito e protetti dai ricchi padroni che non esitavano a foraggiarli di denaro e di tutto ciò che loro occorreva per vivere alla macchia. Poi nella zona della Maremma la protezione da parte del clero era molto forte...
Gli unici nemici veri dei briganti erano la nuova polizia di stato.
Uno dei più famosi e sanguinari briganti della Maremma toscolaziale fu Domenico Tiburzi detto Domenichino o Menichino (Cellere 1836 Capalbio 1896) basti dire che Domenichino visse per ben 24 anni alla macchia, non è mica uno scherzo! Ci vuole un fisico bestiale! La storia del Tiburzi è comune a quella di tutti i briganti, infanzia e adolescenza da piccolo criminale, furtarelli e spacconate, poi il primo omicidio e quindi la macchia. Ma il Tiburzi era uomo intelligente e seppe crearsi una rete di amicizie e protezioni che gli consentirono di sopravvivere creandosi un‘aura mitologica, tutto ciò finchè il capitano Michele Giacheri non lo seccò…
Però il popolo era ammirato dal coraggio e dalle imprese di questo brigante quindi, quando si dovette seppellirlo la gente pretese che fosse inumato nel camposanto di Capalbio, anche se la legge dell’epoca impediva che un delinquente fosse sepolto in terra consacrata, si arrivò quindi ad un compromesso, per la salma fu scavata una fossa proprio sotto il cancello d’ingresso del camposanto e così le gambe dentro il cimitero e il torace e la testa fuori, mezzo dentro e mezzo fuori… soluzione all’italiana… Tante cose si potrebbero dire sui briganti, ma certo non che fossero quel che si crede o che si vuol credere, erano dei comuni delinquenti elevati al rango di miti senza averne alcun merito. Insomma dei… briganti.
PS: L'immagine di copertina è l'unica fotografia di Menichino esistente (facilmente reperibile su internet) pochi sanno però che quell'immagine ritrae il brigante da morto, messo in posa per la foto subito dopo essere stato ucciso...