Era nato come un consueto sabato e lui e sua moglie, come previsto, si erano recati al matrimonio di suo cugino Gianluca e della sua compagna Emanuela, arrivando anche un po’ in ritardo alla lunga cerimonia. Si festeggiavano le nozze d’oro, in altre parole i venticinque anni di matrimonio di una coppia, che nel frattempo aveva anche donato al mondo ben quattro ragazzi, tutti maschi. Alla fine della cerimonia si sarebbero diretti al ristorante che aveva organizzato una cena a buffet, con tanto di dj, luci e fumo.
Erano stati bene, lui avrebbe conosciuto anche un chitarrista di Verona, Alessandro, parente della sposa, con cui avrebbe scambiato quattro chiacchiere su buffer e true-bypass durante la cena. Era quasi mezzanotte, quando decisero di salutare gli sposi ricevendo come ringraziamento una piantina di fiori di vetro.
Si avviarono quindi alla vecchia utilitaria che possedevano e avviato il motore, s’incamminarono nella stretta stradina di campagna, arrivarono alla statale per prendere poi la superstrada che in mezz’ora li avrebbe portati velocemente a casa.
Il destino però a volte è beffardo e poco dopo l’ingresso in superstrada, arrivarono da dietro grida e uno stridio di freni e dopo pochissimi secondi sentirono una bastonata fortissima alle loro spalle, senza però vederne la provenienza. L’auto sbandò verso il guard-rail di destra, che né piegò il passaruota, rimbalzò sulla carreggiata e urtò ancora più violentemente sul new-jersey in cemento che divide i due sensi di marcia e a quel punto l’auto s’impennò e dopo essersi alzata da terra di un paio di metri avvitandosi, atterrò rovinosamente sull’asfalto piegando il montante di sinistra e terminando la corsa dopo molti metri.
I due occupanti si ritrovarono bloccati all’interno dell’auto, in mezzo a tanti fiori di vetro verde sbriciolatosi nell’impatto e ancora legati dalle cinture di sicurezza, lui con un braccio schiacciato sotto la spalla e sdraiato sul tetto dell’auto in mezzo ai cristalli frantumati e al gasolio fuoriuscito, lei ancorata dalle cinture al sedile anteriore aveva la visuale capovolta.
Una folla di soccorritori, aveva circondato il rottame dell’auto e si erano sincerati della salute dei suoi occupanti, che non avevano perso coscienza, essendo lucidi di rispondere anche alle domande dei vigili del fuoco e dei medici. Fuori, intanto, la notte era fredda e stellata e nulla sembrava turbare i dottori che stavano tagliando i vestiti per effettuare il primo monitoraggio, mentre la folla si era doverosamente allontanata.
Fatti adagiare sulle barelle spinali furono portati via dalle ambulanze e, in seguito, riscontrati solamente una frattura del manubrio dello sterno per lui e un profondo ematoma nell’ascella a lei, causata dalla pressione della cintura di sicurezza. Furono giudicati fortunati e miracolati, date le condizioni in cui era ridotta la loro auto.
Dopo una notte al pronto soccorso, somministrati degli antidolorifici, fatte le dovute radiografie, furono rilasciati e riaccompagnati a casa. Sul giornale del giorno dopo ebbero un trafiletto di tre colonne nella cronaca locale e un susseguirsi di telefonate nelle successive ore.
Avrei preferito inaugurare in altro modo il nuovo diario ma poiché la vicenda mi ha riguardato, direttamente, vi prego di rispettare la vita altrui, quando si viaggia in auto, qualcuno della sua sembra non riguardarlo e pensa che chi guida più tranquillo non lo fa per la propria sicurezza e quella degli altri, ma solo perché possiede un’auto più lenta. Un saluto a tutti, con qualche costola rotta, ma ancora qui. |