Bisogna farsene una ragione: la qualità crea dipendenza, anche in ambito musicale. Questa “massima” costituisce l’estrema sintesi della storiella di vita che vado a raccontare. Era qualche tempo che incominciavo ad avvertire un inizio di insoddisfazione circa il “tone” dell’amplificatore piccolino: un valente, leggero e ultra-compatto Fender Champion 600. Il grazioso aggeggino entrò nelle mie disponibilità quando, lo scorso autunno, ebbi la necessità di avere qualcosa di comodo per amplificare una archtop in occasione di una sessione settimanale di studio in collettivo. Rivoltomi al mercato dell’usato nell’intento, riuscito, di contenere la spesa, trovai il citato ampli: semplice (controllo di volume e stop), bello da vedere, ultra-compatto e leggero (7 kg) e addirittura “upgradato” con valvola JJ e kit condensatori. Timbro da Fender a valvole, con tutte le ovvie limitazioni imposte dalla limitata potenza (5 watt) e soprattutto dal ridotto diametro dell’altoparlante (6”). Soddisfatto, lo scarrozzo per alcuni mesi, però ... alla lunga, l’esigenza di avere più pressione acustica e dinamica mantenendo un suono pulito si è fatta sempre più pressante, ma nel contempo non volevo rinunciare alla comodità di trasporto. Così mi sono messo alla ricerca di un possibile sostituto che raggruppasse in sé le seguenti caratteristiche: compatto, leggero, robusto, abbastanza potente e dinamico sui puliti (solo quelli mi interessano, utilizzandolo esclusivamente con archtop), con un buon riverbero, economico. Insomma: botte piena e moglie ubriaca! L’obiettivo di contenere tanto la spesa quanto il numero di aggeggi che ho in casa poteva essere perseguito innanzi tutto guardando al mercato dell’usato, con la formula “permuta con conguaglio”, ben sapendo che avrei dovuto tener conto, stante il valore limitato del bene, di eventuali costi di viaggio, ormai non più trascurabili, che una consegna manuale avrebbe comportato. Ho predisposto allora una tabella riassuntiva dei dati più rilevanti (peso, ingombro, potenza, diametro altoparlante, valvole/transistor, prezzi) dove, tra nuovo e usato, comparivano: Henriksen, Rivera, Polytone, JazzKat, Ampeg, Gallien-Krueger e Roland. E da lì via alle proposte ai “privato vende”, ed alla lettura di recensioni e pareri: la solita trafila gassosa che molti conoscono. Gira, gira la soluzione ottimale non saltava fuori: o troppo caro, o troppo pesante, o “non considero permute”, o “è andato via stamattina”, o ... o... Insomma: nessun usato praticabile. Che fare allora? Ovvio: mi son preso un pomeriggio di libertà ed ho fatto una visita “mirata” ad uno “spacciatore” di Torino, portandomi per mano il mio piccolo Fender. Quello che, leggendo un po’ di recensioni, poteva apparire un buon compromesso, il Roland Cube 40 XL, è “crollato” alla prova del suono (tra l’altro: fatta con una 175 moderna ... alla Gibson non sanno più verniciare?). Il gentile commesso mi ha proposto in alternativa un Huges & Kettner con tanto di luci blu fluo, dal prezzo bassissimo (ma come fanno?), ma anche con quello le cose non andavano poi tanto meglio. Giusto a togliermi ogni dubbio ci ha pensato un Polytone Mini-Brute che stava lì ad oziare ... Allora, già che l’orologio lo permetteva, ho abbandonato la capitale sabauda e, preso verso sud, sono passato a far visita al fido Merula. Sapevo bene che c’era ad attendermi uno dei concorrenti più blasonati della mia tabella, che peraltro avevo intenzione di scartare a causa del prezzo non proprio moderato (avevo trovato un unico usato con scritto: “no permute”...): Henriksen JazzAmp 110-ER. In pratica una bestiolina da 110W a stato solido, con cassa reflex, speaker da 10” e tweeter (escludibile), per un ingombro limitato e soli 10kg di peso. Ne esiste anche una versione senza tweeter, ed una con speaker da 12” decisamente più ingombrante e pesante, che quindi, a maggior ragione, non ho preso in considerazione, sebbene di pari prezzo. Mi infilo nel box insonorizzato con una Heritage “tipo 175” gentilmente messami a disposizione, infilo il jack, metto tutti i controlli in flat, accendo e ... mamma mia! Per il piccolo Fender non c’è più stata storia, anche se poi ha avuto modo di rifarsi nel confronto con un suo gemello standard che, guarda un po’, stava a sonnecchiare proprio nel box prove. Quindi, l’avrete ormai intuito, la decisione è stata quella di sacrificare il portafoglio: almeno posso confidare nella speranza che con il tempo il suono di questo amplificatore non mi “venga stretto”. E ne ho subito avuto la prova. Infatti, ad aspettarmi da Merula ho trovato pure una mia vecchia conoscenza, per il quale più volte ho avuto modo di pentirmi della vendita: il piccolo Polytone Mega-Brute (versione con speaker 10”, e quindi extra-compatta, del più rinomato Mini Brute). Il mio pusher ha colto al volo l’occasione di mettermelo a fianco dell’Enriksen: ancor più piccolo e leggero, con un suono un po’ più definito ed analitico (che per qualcuno potrebbe, in accezione sminuente, suonare troppo “asciutto”; sarà il reflex a far la differenza?), tanto che se non fosse stato per il costo, superiore di ben 400 euro (!) me lo sarei ricomprato volentieri. Una coda c’è poi stata a casa quando ho pensato bene di metter su un bel pedale “Y” e fare il confronto con il mio “best”, cioé l’accoppiata Polytone Mega-Brain e cassa Raezer’s Edge Stealth 12” ER (15kg di sola cassa...). Che spavento! A confronto, il nuovo arrivato tirava fuori un suono che sembrava uscire da una scatola ... poi, inquieto, ho iniziato ad agire sui 5 potenziometri di equalizzazione, cercando di imitare il grande: dapprima corda per corda, poi per accordi. Alla fine l’Enriksen si è avvicinato piuttosto bene, quantomeno in misura tale che la maggior praticità ripagasse quel po’ di suono in meno. Fiuuuu!...
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