di Oliver [user #910] - pubblicato il 08 novembre 2013 ore 08:00
"Quest for the Tone" è il modo con il quale gli anglofoni descrivono la ricerca, perenne e spesso senza fine, del Suono con la S maiuscola: quello che sognamo, che abbiamo in testa e che qualcosa ci impedisce di ottenere. Maledizione!
"Quest for the Tone". Non significa, come probabilmente sosterrebbe il buon Diumafe, "Questo per il tono". È il modo con il quale gli anglofoni descrivono la ricerca, perenne e spesso senza fine, del Suono con la S maiuscola: quello che sognamo, che abbiamo in testa e che qualcosa ci impedisce di ottenere. Maledizione! Abbiamo ben chiaro -o perlomeno così crediamo- quello che vogliamo, e una considerevole parte della nostra vita chitarristica (gli altri musicisti sono molto meno distratti da questa mania) viene spesa nell’intento di avvicinarci al traguardo. Le difficoltà e gli ostacoli sono innumerevoli e di varia natura. Il primo è, o almeno sembra essere, la disponibilità economica. Una strumentazione decente ci sembra il minimo per partire, peccato che il concetto di “decenza” sia destinato a mutare nel tempo. E sempre, inesorabilmente, verso l’alto. Tutte le informazioni che ci bombardano ci erudiscono sulle mille caratteristiche e sfumature dei vari aggeggi che concorrono a produrre il suono e ci spingono ad inventare ogni modo e scusa per appropriarci di ciò che dovrebbe portarci alla conquista del nostro Graal. Poi arriva la consapevolezza che esiste un altro ostacolo, anche più ostico. Qualcuno -sia dannato- ci insinua velenosamente nella mente che… “il suono è nelle mani”. Dopo avere irriso con sufficienza il concetto, ci si accorge che tutto sommato è vero, e che un sapiente utilizzo della propria strumentazione, unito alla consapevolezza di quali siano i reali elementi che caratterizzano una determinata sonorità (le particolari scelte armoniche piuttosto che una marca di fuzz, per esempio), ci fanno riprendere il difficile cammino da un’altra direzione.
Eppure… c’è dell’altro. Qualcosa che, nonostante tutti i nostri tentativi, in qualche modo mantiene la nostra rotta in una direzione precisa. Come una sorta di pilota automatico, non appena deviamo verso nuovi lidi (per esempio cambiando chitarra, amplificatore, effetti) si attiva e ci riporta sulle solite coordinate. Ce ne accorgiamo chiaramente quando qualcuno utilizza la nostra strumentazione e, sorpresa: ha un altro suono! E quando noi proviamo la strumentazione di qualcun altro (di cui invidiamo il Tone) e alla fine ritroviamo quello che ben conosciamo: noi stessi. Perché alla fine il suono siamo noi (e nessuno si senta escluso, aggiungerebbe De Gregori). Regoliamo amplificatori ed effetti ricercando le combinazioni che sentiamo più naturali, approcciamo lo strumento in modo da ottenerne la risposta che ci piace. Smussiamo gli spigoli che troviamo sgradevoli, esaltiamo le caratteristiche che ci fanno andare… in risonanza. In sostanza, adattiamo ciò che abbiamo a noi stessi. Se siamo fortunati e abbiamo un minimo di talento, anche se questo potrebbe essere un problema se vogliamo imitare tout-court qualche riferimento, può essere fonte di discrete soddisfazioni. Quando qualcuno riconosce il tuo tocco, beh… per tutto il resto c’è Mastercard.