di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 12 dicembre 2015 ore 07:30
Catalinbread riporta il flanger alla sua essenza storica: lo Zero Point ha solo uno switch per il bypass e uno per simulare lo sfasamento di due nastri magnetici, esattamente come si faceva una volta in studio. Solo che ora si può fare anche sul palco, e noi abbiamo voluto provarci sul campo.
Non sono mai stato un grande fan dei flanger. Quello "swoosh" pesante e ipnotico di certi dischi anni '80 mi è sempre sembrato esagerato, pacchiano, ma quando ho appreso dell'arrivo di un pedale che permettesse di ricreare in maniera estemporanea l'effetto flanger di una volta, quello vero eseguibile solo in studio, ammetto che un sopracciglio mi si è alzato.
Come accade per altre modulazioni entrate in pianta stabile nelle pedaliere dei chitarristi, il flanger è un effetto nato nelle sale d'incisione ai tempi dei nastri magnetici. Se si fanno scorrere due bobine parallele e se ne fa rallentare una sfasandola rispetto all'altra, il risultato è un'alterazione del suono graduale e crescente causata dall'accavallamento nel tempo di frequenze e fasi. Nei pedali, questa operazione è simulata attraverso un LFO, come se si eseguisse ciclicamente un determinato movimento sulle bobine. Quello che si ripropone Catalinbread con il suo Zero Point è di portare sul palco il flanger così come lo si faceva una volta, quando il suddetto "swoosh" non era prevedibile, cambiava ogni volta che si agiva sui nastri e non era frutto di un artifizio fatto di potenziometri e selettori. Sullo Zero Point niente è impostato. Non ci sono manopole, bensì due switch attraverso i quali tutto avviene.
Come a guardare un pedale capovolto, il pulsante d'attivazione true bypass del Catalinbread è quello posto in alto. Quello in basso è invece un momentary switch, cioè un pulsante che ha effetto finché lo si tiene premuto. Poggiarci il piede è esattamente come se si mettessero le mani sul nastro causando il flange. La durata dell'escursione e il momento preciso in cui l'effetto avviene sono cose decise unicamente dal musicista. Non mi sono mai andati a genio i pannelli complicati, e usare lo Zero Point è dannatamente immediato. Quando si schiaccia il pulsante inferiore, si ricrea l'effetto che si avrebbe sfalsando gradualmente una bobina. Quando lo si rilascia, è come se la bobina tornasse lentamente a posto.
Il pedale è più piccolo di quanto possa sembrare dai cataloghi. Se ciò è un vantaggio per trovargli un posto in pedaliera, la compattezza può andare a scapito della facilità d'uso: lo Zero Point è uno stompbox che per sua natura va schiacciato in continuazione, e nella foga del momento ci si potrebbe trovare a mancare il colpo o a disattivarlo per errore. Inoltre, avere lo switch d'attivazione in alto non è la cosa più intuitiva del mondo. A conti fatti, sarebbe stato più comodo se il pedale fosse sviluppato in orizzontale, con due switch uno accanto all'altro e i jack posizionati di conseguenza. Si può ovviare ruotandolo di novanta gradi in pedaliera e adottando spinotti a pipa per cablarlo, tuttavia un po' d'amaro in bocca resta.
Si tratta comunque di dettagli, scelte costruttive condivisibili o meno. Sul suono e sul comportamento realistico dell'insieme, invece, nulla da eccepire, a cominciare da quando si schiaccia l'interruttore d'attivazione. Quando le vecchie bobine correvano parallele, un minimo di sfasamento era inevitabile. È quello che accade quando si aziona il pedale con lo switch in alto. La simulazione di due nastri spostati nel tempo di una frazione di secondo dà vita a un comb filter. Il tutto risulta in un suono appena colorato, leggermente più nasale rispetto a quello che si ottiene a pedale bypassato. Quando si effettua il flanging con lo switch inferiore tutto prende vita, ma mai in modo eccessivo.
Catalinbread non si è limitata a ricreare il comportamento del nastro, ma ha cercato di replicare l'effetto di tutta l'apparecchiatura coinvolta: una volta attivato, il pedale introduce una leggera saturazione. Ho voluto lasciarla così com'è per non alterare le impostazioni di fabbrica del pedale gentilmente offerto da Centro Chitarre per il test, ma un trimmer interno permette di regolare il gain fino a renderla impercettibile o più presente allo scopo di emulare il calore di un preamplificatore valvolare. A mio avviso l'obiettivo non è esattamente raggiunto e il tutto somiglia più a un disturbo che a un "calore valvolare", ma suppongo siano gusti.
Lo Zero Point non è uno di quei flanger "da aeroplano" con mezza dozzina di controlli, ma non vuol dire che sonorità più aggressive siano precluse. Per ottenerle è possibile provare la modalità cosiddetta "sottrattiva", che modifica la maniera in cui le bobine virtuali interagiscono senza cambiare il modo in cui il pedale va usato. Per accedere a questa impostazione bisogna collegare l'alimentatore del pedale mentre lo switch momentaneo è premuto. Il LED diventerà rosso anziché verde e l'escursione del flanger lavorerà per cancellazione, dando un effetto più marcato, che però non ho voluto registrare in video: per capire un prodotto come lo Zero Point bisogna provarlo con le proprie mani e, dopo questa breve anticipazione, voglio lasciare a voi tutti gli approfondimenti del caso.