Ho sempre avuto un’istintiva simpatia per i piccoli di casa, forse per il fatto che anche io sono una sorella minore. Non è sempre facile eguagliare le imprese dei fratelli maggiori e, se non bastasse, si viene puntualmente sottoposti a un impietoso scan a caccia di difetti e facilmente tacciati di essere viziati. Provate a immaginare come dev’esser stato avere per sorelle maggiori la Stratocaster e la Telecaster... Questa è la sorte toccata alla Fender Jaguar, che quest’anno festeggia i suoi primi cinquant'anni. Ultima tra le quattro sei-corde originariamente ideate da Leo Fender per la produzione standard, venne creata nel 1962, mentre le precedenti erano tutte figlie dei Fifties (la “consanguinea” più prossima è la Jazzmaster, uscita nel ‘58).
Da che ho memoria di me, ho visto sfilare fior di Stratocaster e di Telecaster su riviste e copertine di dischi, ma con mio sommo dispiacere – poiché ne sono sempre andata pazza – molte meno Jaguar (Jag per gli amici). Eppure anche la piccina di famiglia vanta una bella carriera e frequentazioni eccezionali: dai Beach Boys e Hendrix (a cui fu regalata da Brian Jones) negli anni ’60 fino ad arrivare a Nirvana, Red Hot Chili Peppers, Placebo e Coldplay in tempi più recenti, superando periodi bui e a rischio d’estinzione, per trovare una ricollocazione attraverso svariate generazioni di chitarristi.
Quando venne ideata, doveva essere il top della gamma Fender (il che giustificava l’elevato prezzo di 375.50 dollari). Soltanto l’anno prima era uscita la leggendaria Jaguar E-Type (che compare nella prima foto promozionale della chitarra), definita da Enzo Ferrari l’automobile più bella di tutti i tempi e la Jag, secondo i progetti di Leo, avrebbe dovuto essere la chitarra elettrica più straordinaria.
Chiaramente ispirata alla Jazzmaster nel design, con 22 tasti una scala più corta rispetto alle sorelle, la nuova arrivata voleva esercitare un appeal anche sugli aficionados Gibson. Dopo un periodo di relativa popolarità durato più di dieci anni (senza alcuna interferenza sul dominio di Stratocaster e Telecaster), la sua produzione venne interrotta nel 1975 (il mio anno di nascita, neanche a farlo a posta). Paradossalmente questa “fine” regalò nuova vita alla Jaguar: la chitarra un tempo costosa (forse troppo) e ormai quasi dimenticata divenne facilmente reperibile a cifre risibili e all’epoca del punk rappresentò un’alternativa abbordabile alle Stratocaster. Più tardi la produzione riprese in Giappone, ma il grande ritorno in auge della Jaguar ebbe luogo nei primi anni ’90, col proliferare di band influenzate dal punk degli anni ’70. Ero una teenager in quegli anni e ho ancora vivido nella mente il ricordo del mio gaudio nel veder riaffiorare qua e là lo strumento che tanto mi aveva affascinata nell’infanzia: ora la usavano una pletora di nuovi artisti “contemporanei” di successo come Graham Coxon dei Blur, John Frusciante dei RHCP, PJ Harvey, James Dean Bradfield dei Manic Street Preachers, Lee Ranaldo e Thurston Moore dei Sonic Youth e molti altri. La figura che più di tutte contribuì a innescare quel ritorno, però, fu Kurt Cobain, indimenticabile leader dei Nirvana che ne possedeva una del ’65 e al quale venne dedicata la Jag-stang, un ibrido dei suoi due modelli preferiti (Jaguar e Mustang). La popolarità della Jaguar crebbe a tal punto che venne rimessa in produzione anche negli USA nel 1999 e ora gode di un successo che non ha niente a che vedere con quello dei primi anni di vita.
All’inizio di quest’anno è stata presentata la 50th Anniversary, che per me mantiene la promessa: è la più bella Jaguar di sempre. Insomma, un percorso non facile, sicuramente meno lineare di quello delle celebri sorelle maggiori, ma che ha portato questo strumento a essere un protagonista in epoche e ambiti diversissimi, dalle hit super solari del surf rock degli anni ’60 ai cupi ruggiti del punk anni ’70 e del grunge anni ‘90. E sono sicura che molto debba ancora arrivare. Non male per una cinquantenne! |