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La rivoluzione del fuzz
La rivoluzione del fuzz
di [user #6868] - pubblicato il

Quando un bassista country, per errore, registrò la prima traccia distorta a causa di un guasto alla strumentazione, il volto della musica cambiò. Ma quella non era la prima volta che la distorsione veniva usata in un disco.
Siamo in USA, a Nashville Tennessee nell’estate del 1960, il cantante americano Marty Robbins è in sala di incisione con il sessionman Grady Martin per la registrazione del brano “Don’t Worry”. Si tratta di una ballata country come tante altre. Probabilmente ben poche persone in Europa ai nostri giorni si sarebbero ricordati di quel brano se al banco mixer non fosse accaduto un singolare incidente tecnico.
A causa della rottura di un trasformatore, l’assolo del basso a sei corde di Grady Martin viene riprodotto con una timbrica slabbrata, alterata da un’accentuata distorsione aspra e spigolosa.
Grady Martin non si perde d’animo e rimane affascinato da quel suono unico, fino al punto di suggerire al producer Glen Snoddy l’audace decisione di lasciarlo nel mix definitivo.

La distorsione in realtà è una deformazione delle informazioni presenti in un segnale quando viene applicato a un amplificatore o a un altro circuito audio. In altri termini il suono in uscita risulta corrotto rispetto a quello originale. Si intende quindi che un suono distorto è il fumo negli occhi di fonici e audiofili, all’infaticabile ricerca di fedeltà e qualità tecnica della registrazione.

All'epoca, un guasto assolutamente accidentale deviò il corso del lavoro e, grazie al geniale intuito di Grady Martin e Glen Snoddy, l’imprevisto si trasformò in una riuscita scelta stilistica.

La rivoluzione del fuzz

Per la verità non era la prima volta che un segnale distorto veniva deliberatamente introdotto in una produzione discografica, esistevano precedenti simili da circa un decennio.
In particolare, già nel 1949, il chitarrista di colore Goree Carter aveva registrato il brano “Rock Awhile” caratterizzato da una ritmica di chitarra elettrica distorta che precorreva sorprendentemente di qualche anno lo stile chitarristico di Chuck Berry.
Sempre in modo accidentale, nel 1951, il chitarrista di Ike Turner, Willie Kizart aveva ottenuto un suono di chitarra distorta durante la registrazione del brano “Rocket 88” utilizzando un amplificatore che aveva subito un leggero danneggiamento in una caduta.
Tra i pionieri della distorsione va ricordato anche il one-man-band Joe Hill Louis con il sound irriverente della sua iper-distorta “Boogie in the Park”, registrata nel 1950 ma che non sfigurerebbe nel catalogo di molte indie label contemporanee. “Boogie in the Park” fu l’unico disco pubblicato da Sam Phillips prima di fondare la mitica Sun Records di Memphis e il vinile a 78 giri originale è oggi un oggetto di culto che rientra nella top ten dei dischi più pagati dai collezionisti. Passa di mano per cifre nell’ordine di molte migliaia di dollari.

Altri chitarristi blues dell’epoca erano alle prese con sonorità distorte: è il caso di Guitar Slim, Willie Johnson, chitarrista di Howlin’ Wolf e Pat Hare, chitarrista di James Cotton.
Guitar Slim nel 1953 registrò “The Things That I Used To Do”, divenuta uno standard elencato nella Rock’n’Roll Hall of Fame tra i 500 brani più influenti della storia.
Pat Hare registrò nel 1954 per la Sun “Cotton Crop Blues” di James Cotton e la sua “I’m Gonna Murder My Baby”, carica di potenti accordi iper-distorti. Per inciso, Pat Hare in “I’m Gonna Murder My Baby” (“Assassinerò la mia ragazza”) non scherzava affatto e qualche anno più tardi assassinò realmente la sua donna con una pistola. Hare morì in carcere stroncato da un tumore polmonare, trascorse parte della sua prigionia suonando in una band che aveva chiamato “Sound Incarcerated”.
Nel 1955 toccava a Chuck Berry impressionare il mondo con l’impatto sonoro della sua Maybellene.
Nel 1956 Paul Burlison, chitarrista del leggendario Johnny Burnette Rock’n’Roll Trio, suonò in concerto senza accorgersi che una valvola del suo Fender De Luxe si fosse allentata dallo zoccolo durante il trasporto: un critico pubblicò una entusiastica recensione di quel concerto in cui decantava il suono distorto della sua chitarra. A seguito di questo episodio, secondo la “storiografia ufficiale”, Burlison decise di adottare intenzionalmente lo stesso espediente per la registrazione in studio del brano “The Train Kept ‘a’ Rollin’”. In realtà a registrare quel brano in studio con Johnny Burnette era stato proprio lo stesso sessionman Grady Martin che già ben prima del 1960 aveva ottenuto con la sua chitarra Bigsby uno dei riff più distorti del rock’n’roll delle origini.
Anche il grande innovatore Link Wray compì un percorso analogo che lo portò a registrare nel 1958 la seminale “Rumble”. Wray addirittura, per accentuare la distorsione del suo ampli, praticò dei fori con la punta di una matita nei coni degli altoparlanti. L’inedita aggressività dei suoi “power chord” in distorsione ha una forza evocativa tale che “Rumble” (“Rissa”) divenne uno dei pochissimi brani strumentali della storia ad essere censurato da un’emittente radiofonica statunitense.

Dunque, tornando al 1960, cosa c’era di così singolare in “Don’t Worry”, rispetto a quanto già fatto da questi illustri predecessori e dallo stesso Grady Martin?
Fino ad allora la distorsione era stata ottenuta con amplificatori valvolari: nella maggior parte dei casi veniva alzato il volume fino a spingere le prestazioni dell’ampli oltre i limiti previsti dal costruttore. La potenza dichiarata degli amplificatori di allora era calcolata dalle case costruttrici solo nell’ambito delle sonorità pulite, al di sotto della soglia oltre la quale si iniziava a udire un suono distorto. Vox per esempio reclamizzava l’AC-30 specificando che la potenza effettiva era di “30 Watt undistorted”: la soglia di distorsione era dunque in questo caso fissata a 30 Watt di potenza erogati e le sonorità ottenute oltre tale limite venivano considerate inutilizzabili o quantomeno anomale e sconsigliabili.
Con la registrazione del solo di basso di “Don’t Worry”, il sound engineer Glen Snoddy ottenne invece per la prima volta una distorsione generata da un circuito a transistor, suono che venne battezzato “fuzz”.

Gli amplificatori valvolari generano un tipo di distorsione calda, ricca di frequenze e tutto sommato moderata, mentre Snoddy ottenne un tipo di distorsione decisamente spinta, più aspra, con il taglio deliberato di frequenze medie. La distorsione fuzz ha la caratteristica di amplificare il segnale ben oltre il livello di “clipping” determinando una deformazione dell’onda del segnale dalla forma sinusoidale originaria a una forma quasi quadra. Traducendo in termini pratici, quel solo di basso di Grady Martin suonava in modo sorprendentemente diverso rispetto a quanto si era sentito fino ad allora.

“Don’t Worry” riscosse un notevole successo e nel febbraio del 1961 raggiunse le vette delle classifiche. Molti musicisti incuriositi iniziarono a interessarsi sulla possibilità di ottenere quel nuovo suono nelle loro registrazioni. Tra questi c’era il sessionman californiano Red Rhodes, tecnico esperto e appassionato di elettronica. Rhodes mise a punto un ingegnoso circuito a transistor in grado di emulare il suono “fuzzy” udito nel solo di “Don’t Worry”: nacque così, nel 1960, il primo “fuzzbox”.
Il fuzz non venne mai commercializzato. Rhodes ne costruì solo qualche unità per amici e colleghi musicisti. Uno di questi era il chitarrista Billy Strange, che lo utilizzò nel 1961 durante la session di registrazione di “I Just Don't Understand” di Ann Margaret. Il brano è una canzonetta piuttosto scialba e stucchevole, ma passerà agli annali come la prima registrazione della storia di un pedale fuzz.
Un’altra unità di questi fuzzbox artigianali di Red Rhodes venne richiesta dai Ventures, che la utilizzarono l’anno seguente per la registrazione in studio del brano “2000 Pound Bee”. Il connubio tra le sonorità del fuzz e il surf-rock’n’roll dei Ventures è decisamente più interessante rispetto a quanto precedentemente sperimentato e “2000 Pound Bee” viene ricordato oggi come il primo brano rock’n’roll su cui sia mai stato utilizzato un fuzz a pedale.

La rivoluzione del fuzz

Glen Snoddy, il sound producer di Marty Robbins, non restò a guardare e studò anche lui una soluzione per replicare il suono che aveva ottenuto in “Don’t Worry”. Snoddy mise a punto un circuito con tre transistor al germanio e corse a Chicago per proporre la sua creazione a Gibson.
Nacque così, nel 1962, il primo pedale fuzz in commercio: il Gibson/Maestro Fuzz-Tone, identificato con sigla FZ-1 e definito il progenitore degli effetti a pedale per chitarra.
È interessante notare che originariamente il fuzz fosse concepito come effetto per basso: le prime unità prodotte vennero difatti direttamente integrate all’interno della circuitazione di alcuni modelli di basso come il Gibson EB-0F, il Gibson EB-SF 1250 e l’Epiphone Newport EB-SF. Il pedale “stand alone” venne introdotto sul mercato solo successivamente, al prezzo di quaranta dollari.
Probabilmente la notizia non era pervenuta a Dave Davies, chitarrista dei Kinks, quando nel 1964 ottenne il grintoso suono di "You Really Got Me" tagliuzzando con un rasoio lo speaker di un piccolo amplificatore valvolare ulteriormente amplificato inviandone il segnale a un Vox AC-30.
Nel 1962 Gibson, prevedendo un grande successo commerciale per il nuovo Maestro Fuzz-Tone, aveva prodotto più di 5000 unità. Questo ottimismo sembrava confermato dalla rete di vendita, da cui erano pervenuti ordinativi per 5458 unità.
Purtroppo nella realtà queste aspettative furono del tutto disattese. L’anno successivo lasciarono la fabbrica soltanto tre unità e nel 1964 neanche una, a dimostrazione che gli FZ-1 già consegnati nel primo anno di produzione erano rimasti a ingolfare i magazzini dei rivenditori, pressoché invenduti.
Questa situazione di stallo cambiò radicalmente nel Maggio del 1965, allorquando il Fuzz-Tone diede voce all’inno in cui trovano sfogo le frustrazioni di un’intera generazione.
Quando Keith Richards, intonava il rabbioso riff di "(I Can’t Get No) Satisfaction" servendosi di un Maestro Fuzz-Tone, in molti non riescono neanche a immaginare come quel suono possa essere stato ottenuto e alcuni addirittura scambiano la chitarra di Richards per la timbrica “growl” di un sassofono.
"(I Can’t Get No) Satisfaction" è un successo planetario che porta i Rolling Stones alla vetta delle classifiche americane e inglesi. Ne consegue che entro la fine del 1965 i distributori Gibson esauriscono tutte le scorte di FZ-1 nei loro magazzini e vendono altre 3454 unità appena uscite dallo stabilimento.

Nel Regno Unito, molti chitarristi, tecnici e appassionati di elettronica si misero al lavoro per studiare alternative autarchiche al fuzz-tone. Per esempio Tony T.S. McPhee, chitarrista dei mitici Groundhogs, all’epoca ingegnere elettronico presso la compagnia di telefoni britannica, mi ha raccontato di aver modificato il suo AC-30 adattando la metà di una valvola preamplificatrice ECC-83 in modo da saturare la valvola successiva e introducendo un relay per attivare a piacimento l’ingegnoso congegno.
Il tecnico Gary Hurst si accorse che nel mercato inglese era nata la richiesta di un pedale fuzz più facilmente reperibile ed economico del Fuzz-Tone di importazione americana e creò il Tone Bender Mk-I prendendo a modello il circuito del Maestro FZ-1 di Glen Snoddy, ma apportando alcune modifiche al fine di incrementarne potenza e sustain. Hurst introdusse anche un cablaggio schermato e il primo switch “true bypass” mai usato in una stompbox. Il pedale venne presto messo in commercio con il nuovo marchio “Sola Sound Ltd”.
Una delle prime unità di Mk-I prodotte finì nell’arsenale di Jeff Beck, che la usò nel 1965 durante alcune session di registrazione del secondo album degli Yardbirds. Brani come “Heart Full Of Soul” o la loro deragliante cover dello standard blues “I’m a Man”, hanno lasciato un marchio indelebile su un’intera generazione di musicisti.
Nei mesi immediatamente successivi si cimentarono con un Tone-Bender anche Pete Townshend degli Who e Paul McCartney, che lo utilizzò l’8 Novembre del 1965 per registrare la traccia di basso di "Think for Yourself”, presente sull’album dei Beatles Rubber Soul.

La rivoluzione del fuzz

In California, Mosrite produsse il Fuzz-rite, creato dal progettista Eddie Sanner per rendere più affidabile anche a basse temperature il ciruito del Maestro Fuzz-Tone. Il Fuzz-rite è uno dei pedali fuzz più rappresentativi del sound di quegli anni.

Tra i giovani americani esplose la voglia di formare una band, chiudersi in un garage e suonare rock’n’roll oltraggioso e sregolato, ispirato a Yardbirds e Rolling Stones ma più selvaggio e aggressivo nell’approccio e negli intenti. Nasceva il Garage-Punk anni ’60 con un’invasione di band che avrebbe fatto del fuzz il carattere distintivo del proprio sound, suonando la colonna sonora di un’epoca irripetibile. Era la scena di band documentata dalla raccolta antologica “Nuggets”, divenuta pietra miliare della storia del rock.
I Count Five dell’album Psychotic Reaction, i Seeds dell’album A Web of Sound, i Litter di Distortions, gli Shadows of Knight, gli Electric Prunes di I Had Too Much to Dream e quelli visionari del successivo album Mass in F minor, i texani Moving Sidewalks di Billy Gibbons, i Nazz di Todd Rundgren, gli Amboy Dukes di Ted Nugent, sono solo alcuni degli esempi più autorevoli ed eclatanti.

Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.

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