Un recente post, contestato, di un nuovo utente, mi ha sollecitato a scrivere una riflessione sul mondo che circonda gli appassionati o i professionisti della chitarra. Tutti noi cerchiamo di cavarcela da soli quando si tratta di piccole cose che servono alla manutenzione o al miglioramento dei nostri amati strumenti. Ma quando temiamo di non essere capaci di ottenere il risultato voluto, o temiamo di arrecare danni, ci rivolgiamo ad un professionista. Costui è una figura riconosciuta, stimata, consigliata da amici o conoscenti, che, di solito, ha fatto un percorso formativo a bottega e ha guadagnato sul campo i gradi di cui si fregia. Spesso non ha titoli da esibire in una cornice, ma il suo ruolo e le sue capacità sono testimoniate dal lavoro. Tra gli artigiani funziona così. Sei bravo, lavori bene, sei onesto, e i tuoi clienti ti raccomandano agli amici. La tua fama si accresce finchè... finche non cominci a chiedere un compenso anche se un cliente si affaccia sulla soglia dl tuo negozio. I professionisti, a differenza degli hobbisti, pagano un affitto di locazione, comprano macchinari, fanno magazzino di ricambi, pagano le tasse, magari un dipendente ecc. e quindi praticano dei prezzi apparentemente ingiustificati, ma che servono a coprire i costi di gestione di una attività legale. Ma che dire della sensazione di molti di noi quando escono dalla bottega di un liutaio o di un tecnico elettronico? Di recente mi sono capitati due episodi spiacevoli. Ho assemblato una chitarrina da portarmi in macchina, verniciata a gommalacca, ma le ottave risultavano alterate. L'ho portata da un liutaio, uno che solitamente sui forum fa una bandiera della professionalità della sua categoria. Mi ha settato le ottave, ma quando ho ripreso la chitarra, li davanti a lui, gli ho fatto notare che i suoni morivano al 12mo tasto, i bending si spegnevano come una candela al vento. Ha alzato le sellette con noncuranza senza ricontrollare nient'altro. Sono uscito con l'amaro in bocca. Successivamente ho portato un vecchio amplificatore Fender a transistor, il Champion 110, da un famoso, celeberrimo tecnico di amplificatori romano, quello a cui si rivolgono i professionisti. Lamentavo un riverbero che rilasciava echi metallici. Lui non si è scomposto. Ha tenuto l'amplificatore per due settimane, ha sostituito l'ingresso del jack, che funzionava benissimo, mi ha chiesto 50 euro, me lo ha ridato con lo stesso rumore di ferraglia di prima. L'amplificatore, se mai io trovassi qualcuno a cui venderlo, vale si e no 70 euro, e quello che ritenevo un difetto probabilmente è innato nel prodotto di scarse pretese. Lui lo sapeva, ma ha fatto finta di interessarsi al problema per non perdere un cliente facile. Questa non è professionalità. È come se io, che di mestiere faccio il chirurgo, operassi una persona che pensa di avere qualcosa che non va, solo perchè mi paga, e non perchè riconosco una patologia. Essere professionisti significa per prima cosa essere Uomini, essere onesti ed essere, ovviamente, competenti. Le capacità tecniche da sole non bastano a definire un professionista. Io non sono in grado di fare tutto da solo, e se mi occorre, cerco un tecnico bravo e competente, ma non vorrei mai più trovare sulla mia strada qualcuno che si prenda gioco di me contando sulla mia buona educazione e sulla sua fama. Questo nostro mondo della chitarra vive di miti, spesso usurpati, e difficili da contestare e, seppure una singola cattiva esperienza possa diluirsi nelle innumerevoli attestazioni di altri clienti, ritengo sia giusto che chiunque, come me, si sia sentito preso in giro debba testimoniarlo. Per nostra fortuna esistono liutai e tecnici onesti, attenti e competenti, ma trovarli potrebbe cominciare a diventare un percorso accidentato. |