Niente come il JCM 800 ha messo d'accordo chitarristi di ogni epoca e stile. Averne uno d'epoca, una rara edizione 1987 pre-master, è un sogno di molti. Pierluigi ci è riuscito, ma ha dovuto sudarselo. Così ha avuto inizio la sua avventura per il restauro di una Marshall JCM 800 1987.
Chi non conosce la JCM 800? Probabilmente uno dei Marshall più famosi della storia, nato dopo la rescissione del contratto di distribuzione che Jim Marshall aveva stipulato con Rose-Morris, che di fatto impediva di vendere con profitto i Marshall al di fuori dell’Inghilterra a causa degli alti ricarichi che l’azienda distributrice faceva gravare sui pezzi esportati. Il primo modello prodotto e distribuito da Marshall prese il nome del suo creatore, James Charles Marshall, abbreviato in JCM, mentre il sibillino "800" fu ispirato dal numero di targa della sua auto, e non dal decennio di produzione come in tanti credono. Semplice, robusto e affidabile, fu usato praticamente da tutti, dai maggiori esponenti del blues di quegli anni (SRV ne aveva uno in sala d’incisione, Buddy Guy ne ha fatto uno dei suoi ampli preferiti) fino ai pezzi grossi del metal (Kerry King, Zakk Wylde), riuscendo a ritagliarsi un grande seguito anche nel rock e nel punk. Nessun altro amplificatore, con molta probabilità, è riuscito a mettere insieme mondi tanto differenti.
La mia caccia a un esemplare integro o restaurabile dei primi anni di produzione comincia proprio qui, dal mio grande amore per questo modello e, a dirla tutta, è durata parecchio in quanto uno stack completo dei primi anni di produzione ha un valore decisamente elevato, soprattutto se non modificato (condizione per me imprescindibile). Passano un paio d’anni, nel frattempo ho acquistato un altro Marshall e non sento quasi più il bisogno di una JCM, quando m'imbatto in un annuncio che desta la mia attenzione: vi campeggia una JCM in evidente stato d’abbandono, la descrizione è molto scarna e - soprattutto - l’amplificatore ha caratteristiche che personalmente non avevo mai visto su una 800: l’ampli infatti ha una configurazione da vecchia plexi, con quattro ingressi, due volumi e niente master. Che diavolo di JCM sarà mai? Vengo a scoprire che, tra le JCM800 monocanali, accanto alla serie Master Volume (2203 e 2204), fu prodotta anche una serie Standard (1959 e 1987) senza master e con quattro ingressi, rarissima e magica. Avevo trovato il Sacro Graal delle JCM.
Neanche a dirlo, alzo il telefono e concordo un appuntamento con il venditore, cortese e disponibile. Arrivati lì, uno scenario del tutto inedito per me si para dinnanzi ai miei occhi: la vecchia signora del rock è infatti semisommersa da un mare di tastiere e organi più o meno cannibalizzati, all’interno di un grosso garage sotterraneo, umido e con più zanzare del Borneo. La tiro fuori da quell’inferno, adagiata sulla sua cassa 1982 Lead da 400 watt, ed eccola lì, sporca e cattiva (sporchissima in verità): una JCM 800 1987, ovvero 50 watt di pura potenza Marshall imbrigliata in circa settanta chili ripartiti quasi equamente tra testata e cassa. La ispeziono senza farmi prendere dall’eccitazione: è un esemplare originale, non vedo segni di modifiche, niente buchi sui pannelli, sembra perfetta, ma la rimozione della griglia posteriore rivela che l’ampli ha avuto una storia più tormentata di quanto io avessi inizialmente immaginato: gli zoccoli delle valvole di pre sono stati parzialmente tranciati (sic!) e il primo cap di filtro sembra, anzi è, un vecchio condensatore da radio italiano, di valore e voltaggio del tutto a caso.
A rischio di far esplodere un simile macello elettrico accendo la belva (il venditore mi dice che funziona) ed effettivamente parte: a suonare suona, ma il suono è acidissimo e fa più rumore di una motosega. Spengo tutto. Mi fermo a pensare. Il venditore propone testata e cassa a un prezzo di poco più alto del valore della sola cassa, l’amplificatore è originale, la cassa ha i suoi coni originali e va benissimo, l’umidità non ha danneggiato i cabinet in legno. La mia diagnosi per il rumore è che gli elettrolitici di filtro sono definitivamente andati, cambiandoli tutti e tre dovrei essere a posto, del resto uno è già stato (malamente) cambiato. Mi faccio coraggio, accetto il fatto che se il problema elettrico si fosse dimostrato più grave avrei dovuto spendere una fortuna in lavori di restauro e, dopo una breve trattativa, il polveroso gigante è mio.
Nota della redazione: l'avventura per il recupero completo dell'amplificatore è lunga e travagliata. Pierluigi ce la racconterà tutta, un po' per volta... |